La Nuova Sardegna

Sassari

Caso Erittu, il pentito torna in aula

Caso Erittu, il pentito torna in aula

Detenuto morto in cella. Il reo confesso Bigella sarà sentito il 23 dai ai giudici

03 febbraio 2018
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SASSARI. La corte d’assise d’appello il 23 febbraio sentirà proprio lui, Giuseppe Bigella, il pentito di Porto Torres (attualmente in carcere per omicidio) che con le sue dichiarazioni fece riaprire il caso sulla morte di Marco Erittu – detenuto di San Sebastiano trovato senza vita nella sua cella il 18 novembre del 2008 – inizialmente archiviata come suicidio. «Erittu è stato ucciso» aveva rivelato Bigella agli inquirenti. Dichiarazioni che avevano mandato a processo con l’accusa di omicidio tre persone e altre due per favoreggiamento. Tutti e cinque gli imputati erano stati assolti.

Il pentito Bigella. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici avevano descritto Bigella come un uomo dalla «personalità complessa, non lineare e contorta». Mentre in riferimento alla sua attendibilità avevano parlato di «significativi contrasti nelle sue dichiarazioni». Ora, nel processo di secondo grado, – ricco di colpi di scena – il sostituto procuratore generale Gian Carlo Moi ha chiesto e ottenuto dalla corte d’assise d’appello che Bigella venga risentito. L’esame è previsto per il 23 febbraio in videoconferenza.

La storia. Marco Erittu nel 2008 era rinchiuso in una cella liscia, perché in qualche occasione aveva manifestato la volontà di uccidersi. Ecco perché la sua morte fu da subito archiviata come suicidio. Ma all’improvviso, a distanza di anni, era spuntata un’altra verità. Quella di Giuseppe Bigella, un portotorrese che aveva deciso di collaborare con gli inquirenti confessando di esser stato lui a uccidere Erittu perché così gli aveva ordinato Pino Vandi (anche quest’ultimo all’epoca rinchiuso a San Sebastiano). L’obiettivo, stando al racconto del reo confesso (condannato per questo delitto dal gup di Cagliari a 14 anni di carcere), era quello di mettere a tacere per sempre una persona – Erittu appunto – che era a conoscenza di informazioni importanti relative a una connivenza tra criminalità sassarese e barbaricina.

Le indagini. Erittu, questa era stata la ricostruzione iniziale, si sarebbe strangolato con una striscia di coperta. Ipotesi ritenuta praticamente certa fino alle dichiarazioni del pentito che si era autoaccusato del delitto e aveva chiamato in correità tre persone: Pino Vandi, Nicolino Pinna (entrambi detenuti all’epoca) e l’agente di polizia penitenziaria Mario Sanna. A giugno del 2014 i tre sono stati assolti. Così come sono stati assolti dall’accusa di favoreggiamento due colleghi di Sanna: Giuseppe Sotgiu e Gianfranco Faedda.

L’appello. Contro questa sentenza avevano presentato appello Sergio De Nicola e Gian Carlo Moi, rispettivamente sostituti procuratori della Procura generale nella sezione distaccata di Sassari e alla corte d’appello di Cagliari. Chiedevano alla corte d’assise d’appello di Sassari di accogliere la loro impugnazione e di «disporre la parziale rinnovazione del dibattimento mediante l’espletamento di un’altra perizia medico legale sulla causa della morte e un accertamento tecnico sulla striscia di coperta in sequestro per la ricerca di tracce biologiche e l’estrazione del Dna per l’attribuzione alla vittima».

Le ultime novità. Ma la perizia eseguita dal professor Sergio Lafisca – che nelle sue conclusioni propendeva più per un omicidio – non ha chiarito molti dei dubbi che ruotano intorno a questo giallo. Nell’udienza di ieri la difesa ha chiesto un confronto tra il perito Avato (nominato nel processo di primo grado) e Lafisca e anche l’audizione del medico legale Lorenzoni (l’unico che vide il cadavere di Erittu). Richieste rigettate. Mentre è stata accolta quella relativa alla verifica dell’esistenza di una telecamera vicino alla cella di Erittu. Elemento emerso solo di recente. Per questo motivo – sempre il 23 febbraio – sarà sentita l’allora direttrice di San Sebastiano (che adesso dirige Bancali) Patrizia Incollu. (na.co.)

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