La Nuova Sardegna

Sassari

Il sindaco di Ozieri: è una vera imboscata

di Barbara Mastino
Il sindaco di Ozieri: è una vera imboscata

Il Logudoro rischia di perdere l’ennesimo punto di riferimento di un territorio sempre più in crisi

04 febbraio 2018
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OZIERI. L’ennesimo scippo al territorio, addirittura un’«imboscata», come l’ha definita il sindaco Marco Murgia, è per Ozieri la notizia della decadenza dell’ippodromo Don Deodato Meloni dichiarata nei giorni scorsi dal Mipaaf.

Una città che negli ultimi anni ha visto smembrare il suo glorioso ospedale, chiudere servizi come la Polizia Stradale, e a Chilivani la caserma Carabinieri e l’ufficio postale, ridimensionarne al ribasso altri come l’Inps, vede la notizia come uno schiaffo di quelli che fanno veramente male.

L’ippodromo è la storia di Ozieri, è uno dei motori del suo comparto agricolo ma è anche l’emblema di una città nella quale brulicano le attività di indotto e che ha nella struttura sportiva uno dei principali centri della socialità cittadina. Non solo allevamento, ma anche cultura, storia, nell’ippodromo, fondato nel 1921 e inaugurato alla presenza del re Vittorio Emanuele III e tutt’ora il più importante dell’isola. Sede delle maggiori gare che si corrono in Sardegna – su tutte quelle riconosciute come “storiche” del Derby Sardo, giunto alla 91esima edizione, e del Gran Premio Sardo, arrivato al 60esimo anno – il Don Deodato Meloni è inoltre il centro della selezione delle razze purosangue inglese e arabo e soprattutto dell’anglo arabo sardo, cavallo che nacque proprio a Ozieri, selezionato sin dai tempi del Regio Deposito Stalloni.

Una storia in continua ascesa, che ha visto con il passere degli anni l’aggiunta di altre importantissime gare come il Criterium per puledri di due anni e il Gran Premio Regione Sardegna, nati negli anni Settanta, le corse internazionali, che debuttarono negli anni Ottanta, l’Omnium e il Derby del purosangue arabo, nati dopo il 2000. Storia che ha avuto una brusca interruzione negli ultimi dieci-dodici anni a causa dei pesanti colpi inflitti dal calo dei montepremi e poi dai tagli che anche la Regione ha decretato per porre fine ad anni di sprechi. Se la Regione ha invertito la tendenza, concedendo all’ippica da tre anni a questa parte un milione di euro (poi divenuto un milione e 300mila) per montepremi e strutture, lo Stato non ha fatto lo stesso. A Chilivani però non si scommette abbastanza: è questa la causa della chiusura, eppure in ogni riunione di corse la media di pubblico si aggira sui 1500 paganti con picchi di 3-5000 nelle giornate clou.

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