La Nuova Sardegna

Sassari

Silvio Berlusconi: «Sei anni senza tasse per chi assume in Sardegna»

di Luca Rojch
Silvio Berlusconi: «Sei anni senza tasse per chi assume in Sardegna»

Intervista con il leader di Forza Italia. È certo della vittoria: «Con noi l'isola rinascerà. È la meta ideale per le vacanze in ogni stagione dell'anno. L'Italia ha ancora grande bisogno di me e allora eccomi qui ancora in campo per il Paese che amo»

06 febbraio 2018
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SASSARI. Il centrodestra sembra non trovare la direzione senza il suo cavaliere. Berlusconi ha ripreso le redini della sua Forza Italia ed è entrato da protagonista nella campagna elettorale.

Presidente ha interrotto la sua campagna elettorale. Come sta?
«Sto bene, grazie. Non ho interrotto la campagna elettorale, mi sono concesso un paio di giorni di relax dopo la fase molto faticosa e dolorosa di compilazione delle liste. Lavoro come sempre 12 ore al giorno, sabato e domenica compresa. Le prossime settimane saranno impegnative, e poi, dopo le elezioni, si aprirà la fase più impegnativa di tutte: quando avremo vinto e dovremo far ripartire il Paese».

Un uomo moderato come Gianni Letta si è detto indignato per le decisioni prese al tavolo del centrodestra sulle liste che avrebbero penalizzato Forza Italia. Ma è così?
«Non si deve ridurre la politica a una serie di retroscena e di pettegolezzi che non interessano nessuno. Posso dirle che il dottor Letta è una delle persone che collaborano più strettamente con me. Lo ha fatto anche in questa difficile fase e tutte le decisioni che sono state prese al tavolo di Arcore, sono state sempre in piena sintonia con Gianni Letta e con Niccolò Ghedini. Le candidature nei collegi uninominali sono state scelte tenendo presenti solo due criteri: la giusta rappresentanza di tutte le componenti del centrodestra secondo il loro peso specifico e l’individuazione dei candidati migliori».

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Solo con lei il centrodestra sembra avere possibilità di vincere. È il segno della mancanza di una classe dirigente matura nel centrodestra?
«Non è così. Sa perché è stato tanto faticoso compilare le nostre liste? Perché avevamo una sovrabbondanza di figure di grande valore, sul piano della cultura, della professionalità, dell’esperienza di lavoro e di vita, della coerenza e dell’onestà. È stato molto difficile scegliere. Alcune esclusioni sono state dolorose. Il numero dei posti nelle liste è limitato, abbiamo dovuto dire di no a candidati che avrebbero ben figurato in Parlamento. Ma sono soddisfatto delle nostre candidature: c’è un profondo rinnovamento, solo il 16% dei candidati sono uscenti. Tutti – uscenti e non – costituiscono una classe dirigente di alto livello, fatta di imprenditori, professionisti, magistrati, uomini di cultura, persone che si sono distinte nel loro lavoro. Sono tutti accomunati dal fatto di aver saputo dimostrare nella vita, e non solo in politica, quello che sono in grado di fare concretamente. È questo che ci rende diversi dai politici di professione».

Ci sono diversi punti di contrasto con gli alleati, per esempio sulla legge Fornero o sul jobs act. Come pensa di affrontarli?
«Non siamo un partito unico, a volte usiamo linguaggi diversi, abbiamo un tono e uno stile differente, ma sul merito delle questioni non vedo posizioni differenti. Sulla legge Fornero abbiamo stabilito di superarla, rimediando alle gravi ingiustizie che contiene, senza mettere in pericolo la stabilità dei conti del sistema pensionistico. Se poi questo avverrà abolendola tutta e riscrivendola da capo, o modificando solo le parti inique, è solo un tema di tecnica legislativa che risolveranno gli uffici. Lo stesso vale per il Jobs act: non ha dato i risultati sperati e quindi andremo oltre. Questo naturalmente non significa tornare indietro all’art. 18, ma riprendere alcuni principi della legge Biagi e adottare subito dei provvedimenti seri ed efficaci per rendere conveniente da parte delle aziende l’assunzione a tempo indeterminato di giovani disoccupati».

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Nella stabile Germania ci sono voluti sei mesi per gettare le basi di una grosse koalition. Crede che in Italia potrebbe accadere la stessa cosa? E lei sarebbe pronto a un Governo di coalizione con il Pd?
«È un’eventualità che escludo. Non si verificherà e comunque non sarebbe possibile. La situazione tedesca è molto diversa, lì ci sono le condizioni numeriche e politiche per una proficua collaborazione fra i maggiori partiti. In Italia i numeri dicono che vincerà il centro-destra con un comodo margine e che assicureremo all’Italia cinque anni di governo stabile. E poi come potremmo governare con chi ha ridotto l’Italia in questo modo? Rispetto al nostro ultimo governo abbiamo 1.619mila poveri in più, 875mila disoccupati in più, 552.270 emigranti in più, 366 miliardi di debito pubblico in più. Questo è il bilancio di quattro governi di sinistra voluti dal Pd senza il consenso degli italiani. Noi siamo l’alternativa a tutto questo, come potremmo collaborare?».

Personalmente spera ancora di guidare un Governo?
«Quando nella vita si ha avuto per quasi 10 anni il privilegio di rappresentare nel mondo un Paese meraviglioso come l’Italia, non ci sono altre ambizioni da soddisfare. Sono l’unica persona al mondo ad aver presieduto per 3 volte il G8, cioè il vertice dei maggiori Paesi del mondo. Cos’altro potrei desiderare, sul piano personale? Però, vede, io ho scolpite nel cuore le parole che mia madre mi disse una notte, ad Arcore, quando stavo per prendere la decisione di scendere in politica. “Tu sai che io sono contraria, penso che te ne faranno di tutti i colori e non posso desiderare che questo accada. Però se tu senti forte dentro di te il dovere di farlo, non saresti il figlio che tuo padre e io abbiamo creduto di educare, se non ti trovassi anche il coraggio di farlo”. Mi tornano in mente queste parole ogni volta che vorrei lasciare, ma sento che il Paese ha bisogno di me. E allora eccomi qui, ancora in campo per il Paese che amo e per tutti gli italiani».

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Le fanno paura i 5 Stelle?
«Rappresentano un disegno di potere che sfrutta in modo cinico la rabbia, lo scontento, la delusione, il disgusto degli italiani verso questa politica e questi politici. Io ho grande rispetto per le motivazioni di chi vota i 5 Stelle. La loro indignazione e la loro voglia di cambiare una politica vecchia, inefficiente, corrotta, sono i miei stessi sentimenti, sono le stesse ragioni per le quali ho fondato Forza Italia nel 1994. A questi elettori però vorrei fare un appello: con il loro voto ai 5 Stelle rischiano di cambiare in peggio, non in meglio. Con i 5 Stelle vincerebbe l’invidia, l’odio sociale, l’improvvisazione, il peggiore giustizialismo. L’economia, le imprese, il ceto medio verrebbero travolti da un’ondata di imposte sulla casa, sul patrimonio, sulle successioni e le donazioni, che farebbe fuggire dall’Italia le imprese, i capitali, gli investimenti. Il nostro Paese cadrebbe in una nuova grave crisi economica, in mano a dilettanti senza nessuna concreta esperienza né in politica né nella vita».

Come vede il voto in Sardegna?
«Sono ottimista, perché Forza Italia si presenta anche in Sardegna con una squadra che è la giusta combinazione tra l’esperienza nella vita pubblica e quella nel mondo delle professioni, dell’impresa, del lavoro. Una squadra che può certamente garantire alla Regione 5 anni di buon governo».

Nell’isola le Politiche sono viste quasi come propedeutiche alle Regionali del 2019. Come si prepara Forza Italia?
«Dopo 5 anni di mal governo di una sinistra immobilista e incapace, ci prepariamo a restituire alla Sardegna una guida solida, efficiente e competente».

Il Partito nell’isola dopo la sconfitta del 2014 alle Regionali sembra essersi ricompattato.
«Nel 2014, in un momento molto difficile per noi, arrivammo a un soffio da una vittoria storica, che mancò per pochi voti. Credo di poter dire che quel risultato non ci ha affatto piegati, e oggi abbiamo in campo una bella squadra preparata e coesa, nella quale le legittime aspirazioni dei singoli vengono dopo i valori e gli obbiettivi che ci uniscono. Sono convinto che gli elettori sardi sapranno apprezzarlo».

In Sardegna si parla molto di trasporti. Di continuità territoriale aerea e del caro traghetti. Cosa vuole fare il centrodestra per rendere i trasporti meno complicati e cari?
«È necessario perseguire due obbiettivi. Garantire ai sardi il diritto di muoversi, e attirare visitatori in Sardegna, così da offrire un mercato più importante alle imprese sarde, soprattutto - ma non soltanto - nel settore del turismo. Bisogna ripristinare la continuità territoriale con gli aeroporti minori, che la sinistra con una decisione incomprensibile ha fatto cancellare, e rilanciare quella con Roma e Milano, con tariffe che invoglino i non residenti a venire in Sardegna tutto l’anno, non solo nei mesi estivi, come aveva già fatto il centrodestra al Governo. Per quanto riguarda i traghetti, credo che una maggior concorrenza aumenterebbe l’offerta e farebbe diminuire i prezzi. In questo senso proporremo di rivedere la convenzione fra lo Stato e la Tirrenia. Per il cittadino di un’isola, spostarsi per nave è spesso una necessità, non un divertimento o un lusso».

Altro tema caldo è il turismo. Si parla di una stagione troppo corta. Lei ha una ricetta per incrementare le presenze anche nei mesi di spalla?
«La Sardegna, per il suo clima, per i suoi panorami, per il suo verde, per tutto quello che può offrire ai visitatori sarebbe la meta ideale per le vacanze in ogni stagione dell’anno. Io stesso amo molto venirci nei mesi invernali. Bisogna vendere meglio queste attrattive della Sardegna che sono poco conosciute. Se un turista si rendesse conto che a un’ora di volo da Milano o da Roma ci sono, oltre a confortevoli strutture di accoglienza, paesaggi, arte, cultura, gastronomia, bellezze naturali - mi vengono in mente per esempio le montagne della Gallura o i Giganti di Mont’e Prama a Cabras – sono sicuro che prenderebbe in considerazione una visita in Sardegna anche al di là dell’estate. Certo, cruciale rimane il nodo dei trasporti, che devono essere frequenti, confortevoli e a un costo abbordabile».

Il centrosinistra sta per approvare una nuova legge urbanistica. La condivide?
«Noi avevamo approvato un Piano Casa che ha liberato un miliardo di investimenti privati e siamo ancora convinti che il giusto equilibrio tra la tutela del paesaggio e la crescita dell’economia sia assolutamente possibile. Ma non si può dover impiegare una vita solo per ottenere l’autorizzazione a modificare una finestra. A quanto mi dicono, questi concetti ancora non sono stati accolti dalla legge urbanistica proposta dal centro sinistra».

Il Ministro Carlo Calenda da poco ha detto che è impossibile pensare a una Sardegna senza industria. È d’accordo?
«Non si vive senza industria, ma neppure solo con l’industria. La Sardegna deve investire su modelli industriali d’avanguardia, e proprio per questo compatibili con la tutela del suo ambiente, che è straordinario. Penso per esempio al distretto aerospaziale varato negli anni scorsi dalla giunta di centrodestra, perfettamente compatibile con la crescita di punti di forza della Sardegna come il turismo e l’agroalimentare».

Altra grande emergenza in Sardegna è il lavoro. Cosa propone il centrodestra?
«Il dramma della disoccupazione, in particolare di quella giovanile, è la prima emergenza nazionale, e colpisce con particolare gravità proprio le regioni del centro-sud come la Sardegna. Per questo lo affronteremo in modo strutturale, facendo ripartire la crescita grazie all’abbattimento della pressione fiscale che realizzeremo con la flat tax. Ma vareremo anche provvedimenti urgenti, di emergenza: le aziende che assumeranno un giovane disoccupato con un contratto a tempo indeterminato, per sei anni non pagheranno nessuna imposta e nessun contributo. Credo che proprio in una realtà come quella della Sardegna, caratterizzata da un tessuto di piccole imprese, questa convenienza per le aziende possa diventare un forte incentivo alle assunzioni».

La Sardegna perde residenti. Una media di 5mila all’anno. Continua l’emigrazione dei giovani, soprattutto laureati verso il nord Italia e verso l’Europa.
«Se c'è una ricchezza che è stata sperperata in questi anni dai governi di centro sinistra è quella dei giovani, il capitale umano che in altri momenti ha spinto l'isola all'avanguardia nello sviluppo di tecnologie e sistemi legati alla rete. Questa è una tendenza da rovesciare a ogni costo. Questo vale non solo per la Sardegna, ma per l’Italia intera. Nell’isola, in particolare, è necessario un piano straordinario che attiri chi se ne è andato via. Un piano che veda una collaborazione tra imprese, Stato, Regione e università. Questo si ottiene da un lato offrendo incentivi, agevolazioni e contributi, per esempio per la casa e per chi vuol creare una famiglia, dall’altro creando un contesto di crescita nel quale le migliori capacità, i migliori ingegni, le migliori energie possano trovare nell’isola la possibilità di realizzare al meglio le proprie aspirazioni. Oggi la Sardegna, dove so essere vivace il dibattito sull'impresa 4.0, deve orientare i suoi giovani alle professioni legate al digitale. Creando un sistema di formazione legato a questi sbocchi occupazionali si potrà invertire la tendenza all'abbandono scolastico che è diventato anch’esso una piaga sociale».

Oggi in Sardegna si parla molto di insularità e dell’importanza che il Governo centrale e quello europeo la riconoscano. Qual è la sua posizione?
«Gli svantaggi derivanti dall’insularità sono evidenti. È giusto riconoscere alla Sardegna maggiori spazi di autonomia, ma è ancora più necessario accentuare la vera autonomia di ogni sardo, come singolo e come comunità, di autodeterminare il proprio percorso di vita come lavoratore, imprenditore, genitore. Serve un segnale forte, palpabile, come il riconoscimento della “Zona Franca”».

Quest’anno non si è ancora diffusa la bufala della vendita di Villa Certosa. È forse l’anno in cui la venderà?
«Vede, la Certosa per me non è solo un luogo di vacanza, è un luogo dell’anima. Ho tentato di realizzare in quel giardino un’ideale di bellezza, di armonia, di contatto con la natura nelle sue forme più diverse e più entusiasmanti. In questo sono stato aiutato dalla straordinaria bellezza dell’isola, del suo mare, della sua natura, dei suoi paesaggi. Un patrimonio unico al mondo. Vorrei che la Certosa rimanesse a disposizione della gente della Sardegna, in particolare dei giovani: un grande parco nel quale imparare ad amare la natura, i fiori, i cespugli, le piante. Ne ho raccolto con passione varietà rarissime che, per alcune essenze, costituiscono dei vivai unici al mondo. Visitare il parco della Certosa è straordinariamente educativo. Anche per questo la Certosa non è in vendita».

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