La Nuova Sardegna

Sassari

Medico indagato per un suicidio in cella

di Luca Fiori
Medico indagato per un suicidio in cella

Per la Procura Massimo D’Agostino avrebbe sospeso un antidepressivo a un detenuto che poi si tolse la vita a Bancali

09 febbraio 2018
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SASSARI. Una visita medica che non tenne conto delle condizioni del paziente, un detenuto che arrivava dal carcere di Tempio con un carico di problemi psicofisici che avrebbero dovuto far accendere un campanello d’allarme. La sospensione improvvisa della terapia di benzodiazepina (un farmaco prescritto per stati gravi di ansia, insonnia e agitazione) e l’assenza di un’indagine sullo stato psichico dell’uomo di 43 anni che appena due giorni dopo l’ingresso nel carcere di Bancali decise di togliersi la vita.

Ci fu una correlazione secondo la Procura della Repubblica di Sassari tra la morte di Giovanni Cherchi, originario di Orune ma residente a Olbia, avvenuta il 25 maggio dello scorso anno all’interno di una cella dell’istituto di pena sassarese e il comportamento del medico del carcere Massimo D’Agostino, che il 23 maggio compilò la scheda sanitaria d’ingresso in carcere.

Per il sostituto procuratore Paolo Piras e per il perito della Procura, lo psichiatra Pietro Pietrini, il medico non svolse bene il suo lavoro, compiendo una serie di omissioni - tra cui la sospensione di un antidepressivo - che appena due giorni più tardi portarono il detenuto a togliersi la vita, impiccandosi dentro la cella. Massimo D’Agostino, 48 anni, medico da vent’anni e sindaco di Bonorva dal 2016, il 19 aprile prossimo dovrà comparire davanti al giudice monocratico del tribunale di Sassari per difendersi dall’accusa di omicidio colposo. Il giudice delle indagini preliminari Michele Contini ha accolto la richiesta di giudizio immediato formulata dalla Procura sassarese e la costituzione di parte civile da parte dei genitori e dei fratelli di Giovanni Cherchi, assistiti dagli avvocati Danilo Mattana e Francesco Lai del foro di Nuoro. Cherchi era finito in manette il 17 maggio dello scorso anno insieme al fratello Nicola. I carabinieri li avevano subito individuati dopo una violenta lite dentro lo Snack bar di via Fausto Noce a Olbia conclusa con l’accoltellamento del proprietario del locale, Federico Porcu. Il gip del tribunale di Tempio aveva convalidato il fermo e disposto la scarcerazione di Nicola Cherchi. Per Giovanni, su cui evidentemente pesava il carico maggiore di responsabilità, il magistrato aveva deciso la custodia cautelare in carcere. Dopo una settimana nell’istituto di pena di Tempio l’uomo era stato trasferito all’insaputa dei suoi familiari e dei suoi legali nel carcere di Bancali. Al medico del carcere gallurese aveva riferito di far uso di alcol e stupefacenti e di essere un fumatore. I sintomi di «astinenza alcolica, ansia, tachicardia e tremore» riscontrati all’ingresso a Termpio avevano portato alla prescrizione della benzodiazepina. Terapia che all’ingresso a Bancali il medico Massimo D’Agostino decise di sospendere. Una decisione che secondo la Procura portò Cherchi a prendere la decisione di farla finita. I suoi familiari, convinti che se l’uomo avesse continuato la terapia molto probabilmente non si sarebbe tolto la vita, dopo la sua morte si sono rivolti alla magistratura e hanno fatto partire l’inchiesta. Ora il processo dovrà stabilire se ci furono effettivamente responsabilità da parte di D’Agostino o se invece la condotta del medico fu corretta, come è pronto a dimostrare il suo difensore, l’avvocato Gian Marco Mura.

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