La Nuova Sardegna

Sassari

Truffa milionaria in Goceano, nuova beffa

Truffa milionaria in Goceano, nuova beffa

No della Cassazione alla richiesta di risarcimento presentata dalle eredi di uno dei risparmiatori

13 febbraio 2018
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[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:regione:1.16474181:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/02/13/news/la-giustizia-ingiusta-e-i-beffati-1.16474181]]SASSARI. Oltre al danno la beffa, verrebbe da dire. E mai citazione fu più azzeccata, in questo caso. La storia risale a 17 anni fa ed è quella della truffa da dodici milioni di euro che travolse centinaia di risparmiatori del Goceano. Non sono bastati un processo di primo grado, uno d’appello e uno in Cassazione, con un pronunciamento sulla vicenda anche della Corte Costituzionale, per dare una risposta ai cittadini truffati da Salvatore Campus, il promoter di Pattada che lavorava per la compagnia assicurativa Axa, a cui 201 compaesani e abitanti di altri centri vicini affidarono i risparmi di una vita rimanendo con un mucchio di mosche in mano. Era stato lui stesso nel 2001 ad ammettere con una lettera aperta alla Procura di aver dilapidato con un vorticoso giro di operazioni avventate i risparmi di duecento persone. Per l’agente, la moglie e i suoi collaboratori era scattata l’accusa di bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere. Accuse che la prescrizione ha fatto volare via. Proprio come i soldi dei risparmiatori.

Ora arriva un’altra batosta giudiziaria per le eredi di uno dei truffati. La Cassazione ha respinto il ricorso presentato da due donne contro la sentenza della corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, che – contrariamente a quanto deciso a favore di altri investitori rimasti con le tasche vuote – le aveva “escluse” da un parziale risarcimento. E, come se non bastasse, le ha condannate a pagare, ciascuna, settemila euro di spese legali.

La corte d’appello nel 2012 aveva sostenuto che non ci fosse prova «dell’effettiva sussistenza delle operazioni di investimento» fatte dal loro congiunto (nel frattempo deceduto) sottolineando «le discrepanze di ordine formale, quantitativo e temporale nei pagamenti» effettuati dall’uomo «rispetto ai contratti sottoscritti». E proprio la mancata valenza di prova legale ai contratti di investimento era stato uno dei motivi alla base del ricorso delle eredi. Motivo che la Cassazione giudica inammissibile e infondato. In secondo luogo, dice sempre la Suprema Corte, «le ricorrenti, a fronte di un dettagliato accertamento giudiziale di mancata prova delle operazioni di investimento indicate nei moduli sottoscritti dall’investitore, non deducono quando e come siano stati depositate le ulteriori prove o indizi che attestano gli esborsi». Manca la prova documentale e, di conseguenza, sedondo la Cassazione nessun risarcimento sarebbe loro dovuto.

Campus, dopo aver confessato il raggiro, non aveva più messo piede a Pattada. Pare che abbia trovato rifugio in una città segreta della penisola. Di lui si sono perse definitivamente le tracce.
 

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