La Nuova Sardegna

Sassari

A Uri la prima carciofaia intelligente

di Salvatore Santoni

Un “contadino” elettronico gestisce l’azienda Sarciofo. Nel progetto Maslowaten anche esperti del dipartimento di Agraria

17 febbraio 2018
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URI. Ai primi di ottobre nelle campagne di Uri hanno raccolto carciofi teneri che, quando va bene, nel resto dell’isola si possono gustare non prima di dicembre. Per vedere come sia stato possibile, ieri nelle campagne alla periferia del paese sono arrivati due pullman stracarichi di docenti, imprenditori, agricoltori, agronomi e semplici curiosi. Il segreto dei cinque ettari sta tutto in Maslowaten, un cervellone elettronico assemblato con un progetto internazionale finanziato dalla Ue al quale ha lavorato anche il dipartimento di Agraria dell’università di Sassari.

Un contadino hi-tech. La carciofaia fa capolino dalla cima collina, tutt’attorno a due lunghe file di pannelli fotovoltaici che inseguono il sole. Siamo nell’azienda Sarciofo, di Roberto Simula, dove si coltiva il carciofo con l’irrigazione per aspersione, una specie di nebulizzazione continua che tiene fresche le piante. Si tratta dell’unico sistema pilota di Maslowaten installato sul territorio nazionale. Nella carciofaia intelligente sono arrivati decine di addetti ai lavori, tutti interessati a capire come funziona il sistema Maslowaten. C’erano anche i cervelloni di Abinsula, la start up sassarese che ormai è una realtà conclamata nel panorama mondiale della programmazione informatica, e che da qualche tempo guarda con interesse anche alla ricerca sull’agricoltura di precisione.

Come funziona. La carciofaia ha un’estensione di circa 5 ettari ed è divisa in tre settori di irrigazione che richiedono, nei mesi estivi, circa 400 metri cubi di acqua al giorno. Il contadino ha a disposizione due pozzi d’acqua e un bacino d’accumulo in superficie. Gli esperti del dipartimento di Agraria di Sassari hanno progettato per lui un sistema di irrigazione complesso che viene azionato da un impianto fotovoltaico da 40kWp piazzato su un inseguitore solare per massimizzare l’esposizione. Da una parte l’acqua viene pompata dai pozzi all’interno di un vascone di accumulo; dall’altra c’è una pompa che pesca dalla vasca e mette in pressione l’impianto di irrigazione. In sintesi, la terra viene governata da una serie di sensori che comunicano con un sistema automatico di irrigazione e fanno risparmiare tempo e denaro agli agricoltori.

Il team di ricerca. Il progetto è guidato dall’università Politecnica di Madrid, ed è composto da 13 membri che abbracciano diversi campi – consorzi di irrigazione, ricerca, imprese, università – e provengono da cinque paesi europei: Spagna, Italia, Olanda, Austria e Portogallo. Il dipartimento di Agraria dell’università di Sassari è parte integrante del progetto. Il gruppo di ricerca è guidato dal docente Luigi Ledda e composto da Lelia Murgia, Salvatore Madrau, Antonio Pazzona, Filippo Gambella, Paola Deligios, Stefania Solinas e Giuseppe Todde. Gli esperti, ognuno nel suo campo di competenze, seguono la globalità degli aspetti dei cinque progetti pilota sparsi per il mondo.

Grazie all’impianto intelligente la diminuzione del consumo idrico è del 30 per cento. In sostanza le piante ricevono soltanto quello che serve. Questo grazie ai sensori sparsi nel terreno che rilevano l’umidità del suolo, le precipitazioni, la temperatura, la radiazione solare e la velocità del vento. Una serie di misurazioni che vengono inviate al cervellone elettronico che decide dove e quando aprire o chiudere le saracinesche. I dati dimostrano che il costo dell’energia elettrica – consumata soprattutto per azionare le pompe che aspirano acqua dai pozzi – si è ridotto di percentuali tra il 50 e il 75 per cento. E oltre all’agricoltore ci guadagna anche l’ambiente: la produzione di Co2 viene quasi azzerata.



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