La Nuova Sardegna

Sassari

Non era stata segregata in casa il giudice assolve marito e cognati

di Nadia Cossu

Buddusò, 19enne albanese inviò un sms a una suora: «Mi tengono in una stanza chiusa a chiave» Per la difesa la giovane inventò tutto per poter tornare nel suo Paese e sposare un altro uomo

22 febbraio 2018
3 MINUTI DI LETTURA





BUDDUSÒ. Sequestro di persona, maltrattamenti, tentata violenza sessuale, lesioni e minacce. Erano pesanti le accuse a carico di tre albanesi (Perparim Malaj di 34 anni, il fratello Jetmir di 42 e la moglie di quest’ultimo, Nevila di 29 anni) residenti a Buddusò. I due fratelli erano stati arrestati nel 2010 dai carabinieri, poi era finita nei guai anche la moglie di Jetmir. I militari erano intervenuti nella loro abitazione per «liberare» la giovane moglie di uno dei due (Silvana Murraj, anche lei dell’Albania) che – secondo le accuse – veniva tenuta segregata in casa a Buddusò.

Dopo otto anni si è concluso con tre assoluzioni il processo a carico degli imputati (due fratelli erano difesi dall’avvocato Marco Palmieri e la donna da Ilaria Manca).

L’antefatto. Ad aprile del 2010 ai carabinieri della stazione di Nulvi arriva una strana richiesta di aiuto da parte di una suora della Caritas: la religiosa racconta ai militari di avere ricevuto una mail da una consorella che si trova in Albania che è molto preoccupata per le sorti di una ragazza. Parte la delicata attività investigativa, i militari leggono il messaggio scritto in un italiano incerto e intuiscono che la suora vuole segnalare un fatto grave che sta accadendo in Sardegna. Si ipotizza che una ragazza venga tenuta segregata in casa e sottoposta a violenze e minacce da parte del marito.

Il sogno di Silvana. Silvana, all’epoca 19enne, era arrivata a marzo del 2010 per sposare (con un classico matrimonio combinato) Parparim Malaj, operaio che viveva a Buddusò, con il quale stava da 4 anni. Con quell’sms la ragazza denunciava di essere rinchiusa in una casa di Buddusò e che – una volta scoperto l’sms inviato in Albania – le veniva impedito di comunicare anche telefonicamente con l’esterno.

Le indagini. A quel punto scattano una serie di servizi per individuare l’abitazione e verificare la segnalazione. Il 23 aprile del 2010, alle 13.30, i carabinieri fanno irruzione a casa di Parparim Malaj e trovano la ragazza. Alla vista delle divise la diciannovenne urla di gioia e abbraccia gli uomini dell’Arma. Silvana racconta in caserma del matrimonio «combinato in Albania», del suo arrivo in Italia con il miraggio di una vita migliore, della drammatica realtà con violenze fisiche e psicologiche, della sua decisione di voler andare via censurata con la forza. Prima viene arrestato il marito e poi il cognato. E viene indagata anche la cognata.

Il processo. Il processo è andato avanti per alcuni anni. Il pubblico ministero Mario Leo aveva chiesto una condanna a 5 anni e sei mesi per Parparim, e a due anni per Jetmir e Nevila. Ma due giorni fa il collegio presieduto da Sergio De Luca (a latere Tronci e Sechi) ha assolto i due fratelli dalle accuse più pesanti «perché il fatto non sussiste», ha derubricato i maltrattamenti in percosse e solo per questo reato li ha condannati a due mesi di reclusione. Nevila è stata assolta «per non aver commesso il fatto». Durante il dibattimento gli avvocati Palmieri e Manca hanno insistito sulla inattendibilità della ragazza. «Una giovane donna costretta dalla famiglia albanese a lasciare la sua terra per sposare un uomo che non amava» hanno detto in aula i legali. Approdata in un paese, Buddusò, che non le piaceva. Eppure, come hanno dimostrato i difensori con prove testimoniali, la giovane era libera, usciva, giocava a pallone con i connazionali, non era segregata in casa. Secondo la difesa, in sintesi, Silvana Murraj avrebbe inventato la storia del sequestro perché sarebbe stato l’unico modo per andare via dalla Sardegna e tornare nel suo paese, dove in effetti ora vive e dove ha sposato un uomo molto ricco.

In Primo Piano
Trasporti

Numeri in crescita nel 2023 per gli aeroporti di Olbia e Cagliari, in calo Alghero

Le nostre iniziative