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Otto anni di processo per una cartuccia vietata

Otto anni di processo per una cartuccia vietata

BONNANARO. La cartuccia si chiama “parabellum” ma non è una munizione da guerra e tuttavia la sua detenzione è proibita, perché quella pallottola è destinata ad armi non commercializzabili in Italia....

22 febbraio 2018
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BONNANARO. La cartuccia si chiama “parabellum” ma non è una munizione da guerra e tuttavia la sua detenzione è proibita, perché quella pallottola è destinata ad armi non commercializzabili in Italia. Non è una semplice questione di balistica, quella risolta nei giorni scorsi dalla settima sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza 6371/2018. Dalla qualificazione di un proiettile in un modo o in un altro, infatti, dipendono le sanzioni per chi viene trovato in possesso della pallottola. Nel caso specifico: reclusione se si viene trovati i con una munizione per arma da guerra; arresto o ammenda se si viene sorpresi con una cartuccia per arma comune da sparo.

Era questa la ragione che nel 2011 aveva spinto il pg della corte d’appello di Sassari a impugnare la sentenza di condanna di un imputato. Secondo il magistrato – Salvatore D., 55 anni, di Bonnanaro – meritava una punizione ma non certo i cinque mesi di carcere inflittigli dal gup. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, con una sentenza che è un piccolo trattato di balistica.

Al centro del processo c’era la qualificazione della munizione, un calibro 9 “parabellum” appunto, sequestrata dai carabinieri all’imputato. I giudici sono stati chiamati a stabilire se la 9 parabellum è una munizione da guerra, come l’aveva considerata il Gup di Sassari che aveva calcolato la pena, oppure è una munizione per arma comune da sparo, come sosteneva la Procura generale. La settima sezione della Suprema Corte ha dato ragione ai colleghi della corte d’appello: la definizione di “parabellum” come «munizione per arma da guerra» contrasta con una sentenza storica, la 3159/89, che contiene la esatta definizione distintive delle munizioni da guerra. Tra queste, ricordano nella loro sentenza numero 6371/2018 i giudici della settima sezione, non ci sono le cartucce cal.9 “parabellum” che, a dispetto del nome, «devono essere considerate munizioni di arma comune da sparo, la cui detenzione integra la contravvenzione prevista dall’articolo 697 del codice penale». «è stato infatti precisato – scrivono i giudici – che il criterio della peculiare potenzialità offensiva che connota le armi e le munizioni da guerra non è risolutivo, atteso che al pistola semiautomatica calibro 9X21, modello di arma corta con caratteristiche balistichge quasi identiche a quella della pistola 9X19, è normativamente qualificata come arma comune da sparo e neppure la destinazione esclusiva all’armamento delle forze armate può assumere, nel caso della pistola semiautomatica 9 parabellum, un ruolo decisivo ai fini della sua classificazione giuridica come arma da guerra». Insomma, hanno concluso i giudici della Cassazione, l’imputato meritava la condanna a una contravvenzione e non al carcere. E però, dopo tutto questo tempo, il reato è prescritto.

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