La Nuova Sardegna

Sassari

Renzi: «Fino ai diciotto anni 240 euro per figlio»

di Luca Rojch
Matteo Renzi
Matteo Renzi

La ricetta del segretario del Pd: attenzione ai giovani e al lavoro stabile. Per l’isola resta al centro l’impegno sui trasporti e sulla crescita del turismo

23 febbraio 2018
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SASSARI. Partito di governo e di lotta. Per la sopravvivenza. La strana campagna elettorale del Pd è tutta nel paradosso di trovarsi a governare, Stato e Regione, ma di dovere inseguire centrodestra e 5 Stelle. Almeno era così fino a qualche settimana fa nei sondaggi. L’ex premier Matteo Renzi guida la carica del centrosinistra. Il Partito democratico ha messo sul campo la sua potente macchina elettorale e lavora per ribaltare i sondaggi. Il Pd ha puntato su una campagna più orientata a raccontare quello che si è fatto nei 5 anni di governo, che a fare promesse mirabolanti. I Dem sono entrati al governo nella notte nera della crisi e si trovano ora a cavalcare una ripresa economica che potrebbe dare gambe ed energia alla proposta del centrosinistra.

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Dopo anni crescono occupazione, pil e fatturati delle imprese. Segnali che l’Italia è uscita dal tunnel. Almeno ci prova. E anche in Sardegna arrivano i segnali della ripresa economica.

Renzi, che non è ancora venuto nell’isola per la campagna elettorale, mostra ottimismo e sulla Sardegna affronta i temi chiave come i trasporti, l’occupazione, il turismo e l’industrializzazione. Punti fondamentali da cui parte la proposta del Pd.

Una campagna elettorale tra promesse ed estremismi, a cui voi cercate di contrapporre le cose fatte. Non ha paura che la gente possa non comprendere questa vostra scelta?

«Sono convinto che gli italiani sapranno scegliere sulla base dei fatti non lasciandosi suggestionare da promesse mirabolanti. In questi anni di governo del Partito Democratico siamo riusciti a portare l’Italia fuori dalla più grave crisi dai tempi del dopoguerra. C’è ancora tanto da fare ma non possiamo vanificare gli sforzi fatti fino a oggi. Le proposte della destra e del M5S sono da paese dei balocchi: Berlusconi punta su una Flat Tax che oltre a non essere minimamente sostenibile dal bilancio dello Stato è profondamente ingiusta e favorirebbe solamente i più ricchi. I grillini promettono un reddito di cittadinanza dal costo esorbitante e che soprattutto, così come impostato, non sarebbe altro che una misura assistenziale senza alcuna prospettiva per le persone. Bisogna creare lavoro. Per questo partendo da 100 cose fatte noi proponiamo agli italiani 100 impegni concreti. Come sostegno alle famiglie con 240 euro per ogni figlio fino ai 18 anni, pari dignità a tutti i lavoratori con il salario minimo legale, l’estensione degli 80 euro anche alle partite Iva e ai lavoratori autonomi, riduzione fiscale del 12 per cento a chi assume a tempo indeterminato perché il lavoro stabile vale di più e quindi deve costare di meno, e un aiuto concreto a tutti gli under 30 per pagare l’affitto quando escono di casa».

Sembra difficile che da questo voto esca un partito capace di governare da solo. Siete pronti a qualsiasi tipo di accordo? E pensate a una grosse koalition o secondo lei si deve ritornare subito al voto?

«Il nostro obiettivo è di essere il primo gruppo in Parlamento. Una sfida giocata tutta con il Movimento 5 Stelle, che da anni accusa tutta la classe politica al grido “onestà” e ora hanno scoperto che anche tra di loro ci sono dei truffatori e meschini opportunisti. Poi sarà il Presidente della Repubblica a indicare chi avrà il compito di formare il nuovo governo. Le grandi coalizioni negli altri paesi europei funzionano quando si uniscono forze moderate. Berlusconi è alleato con Meloni e Salvini, con chi è contrario all’euro, propone i dazi sulle esportazioni e ha come riferimento la Le Pen. Il Partito Democratico non può stare al governo con gli estremisti».

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Berlusconi ha promesso sei anni senza tasse per chi assume in Sardegna. Secondo lei è possibile? E quale è la ricetta del Pd per incrementare i posti di lavoro in una delle regioni con il più alto tasso di disoccupazione?

«Berlusconi in questi giorni propone un sacco di cose che promette da anni e non ha mai realizzato oppure cose che il nostro Governo ha già fatto, come i nuovi contratti per le forze dell’ordine. La ricetta del Pd è lavoro, lavoro, lavoro. E dopo aver incrementato il numero degli occupati di un milione, ora il nostro impegno è indirizzato a dare incentivi a chi assume a tempo indeterminato».

Si parla di una possibile leadership di Gentiloni alla guida del governo. Cosa ne pensa?

«Gentiloni è una delle punte della grande squadra che il Partito Democratico ha messo in campo. Vedremo. A me interessa che il prossimo Presidente del consiglio sia del Pd e sono molto preoccupato che a Palazzo Chigi arrivino Salvini o Di Maio».

Il referendum del 4 dicembre 2016 è stato uno spartiacque. Rifarebbe tutto quello che ha fatto?

«Rimango convinto della bontà di quel referendum e del sistema istituzionale che avrebbe portato. Se avessero vinto i sì oggi non mi avrebbe fatto la domanda su cosa succede dopo il 4 marzo. Dopo di che gli italiani si sono espressi e io ho talmente rispetto del loro voto che non a caso mi sono candidato al Senato».

Come giudica la scelta dei presidenti di Camera e Senato scelti dal Pd che si candidano contro il Pd?

«Non ho scelto io la divisione del centrosinistra e non ho certo gioito quando è avvenuta. Però ognuno si deve assumere le sue responsabilità. Una cosa è certa: ogni voto dato al partito di D’Alema è un voto che favorisce il centrodestra e gli estremisti».

Cosa si rimprovera nella gestione del Pd?

«Sicuramente ho fatto errori ma ci ho sempre messo anima e cuore. Mi sono dimesso e due milioni di elettori mi hanno chiesto di guidare nuovamente il partito. Sono orgoglioso di far parte della comunità del Partito Democratico, che ha dimostrato che non è possibile cambiare tutto con la bacchetta magica ma che bisogna agire passo dopo passo, e che se ce la mettiamo tutta l’Italia, che era ferma, riparte. La nostra gente chiede serietà».

Ha compilato le liste in modo da non avere nemici dopo?

«Abbiamo messo in campo la squadra migliore. I ministri che hanno lavorato così bene in questi anni, autorevoli rappresentanti del partito sul territorio e personalità della società civile di cui sono molto orgoglioso, come ad esempio Paolo Siani e Lucia Annibali».

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È vero che preferirebbe un incarico europeo a palazzo Chigi?

«No. È solamente un retroscena fantasioso senza alcun fondamento».

In Sardegna i sondaggi danno il Pd perdente in tutti i collegi uninominali, la spaventa o non ci crede?

«Abbiamo visto che i sondaggisti possono sbagliare. Nel 2013 davano vincente Bersani e invece poi… nel 2014 ci davano alla pari con Grillo poi abbiamo vinto noi. Per il referendum sembrava tutto a posto, poi invece è andata come è andata. In queste settimane vediamo un entusiasmo crescente e una straordinaria partecipazione alle iniziative sul territorio. E questo mi fa credere ogni giorno di più che ce la possiamo giocare fino all’ultimo».

La giunta Pigliaru ha fatto riforme fondamentali per far crescere la Sardegna, ma alcune sono impopolari, non teme di pagare alle Politiche una parte del malcontento?

«Pigliaru sta facendo un grande lavoro per la crescita della sua terra. Come sempre, quando si fanno riforme profonde e si modifica lo status quo, possono nascere resistenze. L’alternativa però sarebbe quella di lasciare tutto com’è e non cambiare le cose per meglio. Sono convinto che la serietà e la responsabilità alla lunga pagano e portano frutti concreti per la vita quotidiana dei cittadini».

Il grande tema nell’isola sono i trasporti. Quelli aerei sono condizionati dai divieti Ue, quelli marittimi dai costi enormi. Come pensa di intervenire?

«Siamo gli unici che hanno investito davvero per il mezzogiorno e continueremo a farlo anche con un rapporto chiaro ed esplicito con l’Europa. Perché è inaccettabile che l’Italia sia divisa in due e proceda a due velocità diverse. Senza un Sud forte noi sappiamo che non esiste un’Italia forte e competitiva anche in Europa. E la Sardegna è un punto cruciale per le sue qualità, per la sua bellezza e per le sue straordinarie potenzialità che noi vogliamo e sapremo valorizzare. Bisogna lavorare su incentivi mirati e condizioni di cornice come già sta facendo questo Governo, a partire dai piani di infrastrutturazione che sono contenuti nel patto con la Sardegna, per esempio con investimenti nei trasporti interni, a partire dal rafforzamento di quello ferroviario. E poi dobbiamo impegnarci a migliorare gli accordi tra governo, regione e l’Europa per garantire quella continuità territoriale, marittima e aerea delle persone e delle merci fondamentale anche per il sostegno allo sviluppo del turismo nell’isola. Per la continuità aerea, in particolare, il Governo ha stanziato 30 milioni di euro in più per tre anni, 90 milioni di euro per garantire una migliore mobilità per i sardi e per i turisti che vogliano venire nell’isola».

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Calenda sostiene che è impossibile pensare alla Sardegna senza industria. È d’accordo? E in che modo si può conciliare con il turismo, che sembra essere la migliore risorsa per la Sardegna.

«Non esiste alcun pezzo del nostro paese che possa vivere su una monocultura economica, tanto meno un’isola delle dimensioni e dell’importanza demografica come la Sardegna. La vostra regione ha una tradizione storica nell’industria e ora sta recependo gli avanzamenti tecnologici e normativi che in questi anni abbiamo portato nella nostra legislazione. La ricchezza sarda è fatta da agricoltura, industria, turismo, startup, bisogna rafforzare questi tre capitoli insieme a quello sull’innovazione tecnologica. E la compatibilità ambientale deve essere una caratteristica essenziale».

@LucaRojch. @RIPRODUZIONE RISERVATA


 

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