La Nuova Sardegna

Sassari

Legge 20, in Comune esplode la rabbia

di Giovanni Bua
Legge 20, in Comune esplode la rabbia

Faccia a faccia tra giunta e familiari sulle mancate erogazioni. Il sindaco: risorse insufficienti ma non vi lasceremo soli

28 febbraio 2018
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SASSARI. Elena ha 47 anni, da due mesi ha sospeso i farmaci che tendono a bada il suo disturbo bipolare dell’umore. Racconta, si accalora, poi scoppia a piangere disperata. Antonio all’ultimo incontro non era venuto, non si lavava da 20 giorni. Vive in uno sgabuzzino senza acqua calda, senza cure sta regredendo, e pensa di tornare a fare il barbone. A Ilenia scadrà la disoccupazione a giugno e sua figlia di 7 anni, operata il mese scorso di spina bifida, non segue più la psicoterapia per l’autismo. Il marito non lavora, ci sono altri tre figli, e non ci sono soldi. Barbara invece paga di tasca le medicine contro l’epilessia del suo piccolo di 11 anni, autistico e non vedente, ma non potrà andare avanti a lungo. Sono il popolo della legge 20, che ieri mattina ha portato rabbia, lacrime e striscioni a Palazzo Ducale, dentro cui il consiglio comunale aveva appena iniziato a discutere il bilancio di previsione 2018.

Oggetto del contendere le due ultime mensilità del 2017 della legge regionale di settore, riservata alle persone affette da malattie psichiche come autismo, disturbo bipolare, schizofrenia. Un sussidio che il Comune riceve dalla Regione, e gira a circa 800 famiglie, che da mesi non vedono un euro. Il problema è che le risorse non bastano, l’ultima trance da 600mila euro dei 3,6 milioni richiesti per il 2017 non è arrivata, e non arriverà. E l’iter per liquidare i sussidi 2018 ha bisogno di mesi per arrivare a compimento.

Abbastanza per convincere sindaco e giunta a sospendere la seduta del consiglio, e ricevere una delegazione della cinquantina di persone schierate sotto il Palazzo. «Abbiamo avuto un incontro franco e costruttivo – spiega Sanna dopo la riunione durata quasi due ore – e, dopo la legittima e comprensibile protesta, per fortuna siamo riusciti a parlare anche di proposte, che porteremo anche all’attenzione della Regione. Il problema è principalmente finanziario. Gli stanziamenti sono sempre stati sufficienti, ma purtroppo il numero delle richieste aumenta costantemente. E, nonostante la Regione sia tra quelle che destina cifre più alte sulle leggi di settore e sull’assistenza in genere, non c’è più la capienza necessaria per soddisfare tutte le domande». «È evidente – continua Sanna – che i bisogni che queste persone rappresentano sono reali, urgenti e importanti. Come è chiaro che la Regione, e i Comuni, si stanno muovendo su una riqualificazione della spese, che integri maggiormente l’assistenza con l’inclusione. Penso al progetto Includis per l’inserimento lavorativo di persone con disabilità, sui cui il Comune ha impegnato oltre 600mila euro, o al progetto Melampo, che permette l’accoglienza di bambini con problemi nei Nidi comunali già dal primo anno di età. A questi si aggiungono tutte le forme di sostegno al reddito, anche esse fondamentali in famiglie che ai problemi di disabilità di un componente sommano spesso gravi difficoltà economiche generali. È una partita complessa, delicata e dolorosa. Ma il Comune sta mettendo tutto il suo impegno per combatterla, e per essere vicino in tutti i modi possibili a chi ha bisogno».

Le famiglie ascoltano, alcuni fanno proposte, si rasserenano. Altri si alzano e sbattono la porta. Tra loro Amalia Rocco, che guida il Gruppo Sardegna Unita per la Legge 20, e che qualche giorno fa ha avuto già un duro confronto con l’assessora Monica Spanedda in Commissione. «Non ci vogliono dire come stanno le cose – tuona –, mischiano sociale e sanità, fondi comunali, europei, regionali. E non hanno il coraggio di ammettere che i soldi non ci sono, e non ci saranno ancora a lungo. Non capiscono, o fanno finta di non capire, cosa voglia dire interrompere la psicoterapia, o la logopedia, a un bambino autistico. Cosa succede nella testa di uno schizofrenico se smette di prendere i farmaci. Giocano con la nostra vita promettendo soldi che sanno già che non arriveranno». Poi le lacrime le salgono agli occhi. «Per i farmaci ci stiamo quotando, aiuteremo quelli che hanno più problemi. Ma non possiamo andare avanti a lungo. Spero che lo capiscano. Spero che facciano qualcosa».

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