La Nuova Sardegna

Sassari

Sassari, crolli e vetrine incerottate al museo archeologico Sanna

Paoletta Farina
Sassari, crolli e vetrine incerottate al museo archeologico Sanna

Si aggravano le condizioni dell’edificio di via Roma: infiltrazioni, freddo e il personale porta le stufe da casa

03 marzo 2018
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SASSARI. Lo sfacelo si annuncia già dagli accessi: la prima porta scorrevole è sfasciata da anni, la seconda è stata chiusa per lo stesso motivo e il pubblico ora viene introdotto dalla porta antipanico sulla destra, tenuta aperta con un sasso. Per non parlare dello stato del giardino, transennato da oltre un anno per una buona parte, disordinato e incolto. O delle infiltrazioni d’acqua, delle crepe sui soffitti e dei crolli per le piogge. E delle stufette elettriche che il personale si porta da casa perché l’impianto di riscaldamento non è degno di quel nome.

Povero “Museo archeologico Giovanni Antonio Sanna”: l’illuminato imprenditore proprietario delle miniere di Montevecchio che lo fondò e al quale è intitolato, e l’archeologo Ercole Contu, che tanto contribuì alla sua organizzazione, si staranno rivoltando nella tomba. La vetrina di un patrimonio di reperti unici, è ridotta a una struttura fatiscente, con un cantiere di ristrutturazione aperto di cui non si vede la fine.

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Il ministero per i Beni culturali ha di recente finanziato interventi per due milioni di euro nel museo nazionale “Sanna” che fa parte del polo museale. Chissà che non si riesca a ripartire al più presto con i lavori, perché l’urgenza è massima. Si avvicina la stagione in cui il palazzo in stile neoclassico di via Roma verrà visitato con maggiore frequenza dai turisti. E presentarlo nelle condizioni attuali sarebbe una schiaffo a tutte le belle intenzioni di rafforzare il turismo culturale annunciate appena lo scorso mese con l’accordo sottoscritto tra l’assessorato regionale e la direzione del Polo. Condizioni che hanno fatto scattare il campanello d’allarme tra il personale, ventuno dipendenti, che si alterna nelle sale e che ha originato sopralluoghi e segnalazioni alla direttrice del Polo, Giovanna Damiani, da parte dei rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori che sollecitano soluzione nei tempi più brevi possibili. È lungo l’elenco di cose da fare per fermare il degrado e i pericoli che possono sorgere per il pubblico e i lavoratori. Gli estintori, ad esempio, non vengono revisionati dal 2014.

Molte scatole di derivazione dell’impianto elettrico, a livello del pavimento, sono aperte e rotte. E se un bambino ci infilasse una mano? Anche i topi hanno trovato in passato in quelle scatole aperte un comodo canale da dove uscire per scorrazzare tra le vetrine. Che dire poi della mancanza dell’impianto di condizionamento caldo-freddo? Dopo le proteste del personale, costretto a lavorare durante l’inverno con indosso cappotti e piumini e a sudare d’estate sono stati installati alcuni nuovi convettori, ma il loro funzionamento crea spesso un sovraccarico.

Nei bagni per il pubblico, originariamente destinati ai dipendenti, manca l’acqua calda. È invece recente il crollo di una parte del controsoffitto in una zona di servizio per il personale. Solo per un caso in quel momento la stanza era vuota. Sono arrivati anche i vigili del fuoco, a verificare, e hanno constatato un accumulo di acqua piovana sul tetto, causato dalla mancanza di pluviali. Qualche giorno più tardi si è staccata un’altra parte del controsoffitto. La zona è stata interdetta e sul tetto sono stati sistemati teloni. La lista continua con le infiltrazioni nelle pareti delle sale espositive. La sala etnografica dove sono esposti antichi costumi sardi sembra una cantina: muffe alle pareti e punti luce che non funzionano, la visita si fa quasi al buio. Ci vorrebbe, poi, un risanamento anche dei locali dove sono custoditi i reperti. E come se non bastasse, molte vetrine sono incerottate con lo scotch perché non diventino taglienti come lame. «Mi chiedo quanto tempo dovrà ancora passare perché il museo Sanna non debba presentarsi in questo stato ai visitatori – afferma Carlo Giordano, della Cgil Fp –. La città non può restare più indifferente al decadimento di una struttura così importante per il suo sviluppo turistico e i lavoratori devono poter svolgere il loro servizio in ambienti sicuri».
 

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