La Nuova Sardegna

Sassari

Poche donne in parlamento anche questa volta

Eugenia Tognotti
Poche donne in parlamento anche questa volta

Le regole del Rosatellum bis facevano sperare in un riequilibrio della rappresentanza maschile e femminile. Ma fatta la legge è stato trovato l’inganno - L'OPINIONE

09 marzo 2018
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Che festa sia per le donne, dopotutto, sia pure una tantum, in questo 8 marzo post terremoto elettorale. Altro che mimose, verrebbe però da dire, a proposito del ‘regalo’ che il famigerato Rosatellum bis – o meglio i maggiorenti dei partiti che hanno gestito liste e candidature – ha fatto pervenire alle donne, che in questa giornata riceveranno, come sempre, i rituali auguri e gli omaggi floreali di mariti, fidanzati, compagni di vita e di lavoro, amici. Concluso (quasi) lo scrutinio e pur in assenza dei dati definitivi, è prevedibile – segnalano statistici e analisti – che difficilmente la percentuale delle donne che entreranno in Parlamento raggiungerà i livelli di altri Paesi europei avanzati: il 36 della Germania, il 38 del Belgio, il 43 della Spagna. Questo, a dispetto delle promesse della nuova normativa che prevedeva una soglia massima del 60 per cento di candidature per entrambi i generi all’uninominale e alternanza uomo/donna al plurinominale, dove nessuno dei due generi poteva essere capolista superandola.

Queste regole – che per la Camera valgono su base nazionale e per il Senato su base regionale – facevano sperare in un riequilibrio, impedito fin qui dalle logiche e dalle modalità della rappresentanza politica che avevano disseminato di ostacoli l'accesso delle donne nelle istituzioni. Fatta la legge, trovato l’inganno. La trappola è nascosta nelle strategie elettorali. La possibilità di pluricandidature (massimo un collegio uninominale e 5 collegi plurinominali), ha vanificato, anche se solo in parte, gli effetti sperati. La maestria e accortezza dalle segretarie dei partiti ha fatto sì che a pesare, al di là delle regole sulla carta, fosse il posizionamento degli uomini nei collegi a vittoria sicura e le pluricandidature al proporzionale di donne di peso e di forte visibilità. Con la vittoria in più collegi, queste dovevano naturalmente sceglierne uno e rinunciare agli altri: poiché il secondo nome in lista – visto il principio dell’alternanza di genere e la mancanza delle preferenze – è un candidato uomo, è questo a subentrare. Il minimo che si possa dire, senza usare l’impegnativa parola ‘truffa’, che pure ha fatto capolino in alcuni commenti critici, è che trattasi di specchietto per le allodole; di un “omaggio insincero alle donne” , per usare le parole di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera.

C’è da sperare che, nonostante tutto, un passo avanti sia stato compiuto sulla strada di un riequilibrio della rappresentanza, che dovrebbe essere basata sulle competenze e non, come troppo spesso avviene, sulla scelta discrezionale delle segreterie dei partiti. Cosa che di certo non aiuta a moltiplicare le voci femminili nel dibattito politico e su temi “difficili” che richiedono competenza, studio e applicazione. Lo si è visto anche in questa brutta campagna elettorale in cui – a parte qualche personalità politica di peso e d’esperienza – le donne hanno giocato un ruolo marginale, se non di comparse, nel confronto pubblico sui programmi e sulle soluzioni proposte sulle grandi questioni in campo nell’Italia di oggi.

Auguriamoci che qualcosa cambi nel nuovo Parlamento e che più donne, in ruoli chiave nelle sedi decisionali, impongano modalità e rituali diversi, spostino equilibri, cambino agende. E Dio sa se quella aperta non è strapiena di problemi drammatici, dalla disoccupazione alla mancanza di servizi per la famiglia, al lavoro, alla precarietà. Un oscuro tarlo che coinvolge un numero crescente di ragazze e giovani donne: un’ipoteca sul futuro di tutti. Progettare una famiglia e dei figli è diventato un lusso.

I diritti alla casa, al lavoro, alla parità salariale, saranno in piazza oggi, nel giorno in cui la grande marea rosa di ‘non una di meno’ invaderà le strade per protestare “contro ogni discriminazione di genere e ogni forma di violenza”, incrociando lo sciopero nazionale generale che coinvolgerà tutti i settori del lavoro, dalla scuola alla sanità ai trasporti. Non solo mimose. Aspettando un 8 marzo che non sia, per le donne, la festa di un solo giorno.

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