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Sassari, niente barelle speciali: invalido di 220 chili non può ricoverarsi

di Paoletta Farina
Sassari, niente barelle speciali: invalido di 220 chili non può ricoverarsi

L’ammalato deve sottoporsi a un intervento in Urologia. Indisponibili le due lettighe per il trasporto di grandi obesi

22 marzo 2018
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SASSARI. Un “peso” che la sanità non riesce a sollevare. Ennesima giornata amara per un invalido grande obeso che, per la seconda volta in appena una settimana, ha dovuto rimandare il ricovero in Urologia. Nessuna delle ambulanze aveva ieri disponibile una barella speciale adatta a sopportare la taglia forte del paziente: 220 chili, forse anche di più, «perché sono anni che non mi mettono su una bilancia», dice Cesare Pes, 54 anni, di cui quattro passati a combattere con una neuropatia motoria diabetica che gli ha pian piano paralizzato le gambe e lo ha fatto lievitare di dimensioni.

Hanno dell’assurdo il disagio e la mortificazione che Pes ha subìto nell’attesa, delusa, di poter raggiungere la clinica di urologia dove doveva essere visitato in vista di un intervento chirurgico. L’appuntamento nel reparto era fissato a mezzogiorno. E invece, dopo quasi due ore di ricerche, niente da fare: la barella attrezzata per trasportare i grandi obesi, come è Cesare Pes, non c’era. Le due lettighe speciali, in possesso del servizio del 118, non erano disponibili: una era già impegnata in un altro trasporto, l’altra fuori uso. L’ambulanza della 2F, servizio di trasporto convenzionato, non era nella possibilità di muovere il malato e gli operatori hanno fatto tutti i tentativi possibili per trovare una soluzione. Cesare Pes ha anche chiamato i vigili del fuoco, «veri angeli che si sacrificano per tutti noi anche a costo della vita». Dalla caserma di piazza Conte di Moriana una squadra è partita verso via IV Novembre, dove abita l’ammalato, per verificare se era possibile aiutarlo.

I vigili del fuoco, si sa, non si fermano davanti a niente. Ma questa volta hanno dovuto arrendersi. L’invalido non poteva essere mosso dal suo letto a braccia. Perché? Ancora non ha ottenuto dall’Asl un sollevatore che potrebbe facilitare questo tipo di operazioni, nonostante sia in attesa di questa attrezzatura da mesi insieme con un nuovo letto adatto alla sue dimensioni e necessità.

Ma nell’ipotesi che i vigili del fuoco fossero riusciti nell’intento, sarebbe comunque stata un’impresa impossibile farlo scendere per i tre piani di scale che separano l’appartamento di Cesare Pes dal portone. Inutile anche l’ascensore, troppo piccolo per contenere quel corpo enorme e sofferente.

«Già la scorsa settimana avrei dovuto essere ricoverato, ma per lo stesso motivo sono rimasto a casa – dice, trattenendo lo sconforto –. Eppure lamia visita era stata certificata come urgente e quindi non rimandabile ulteriormente». Per un uomo che scandisce le ore del giorno e della notte disteso in un letto con l’ossigeno fisso, non ci sono spiegazioni plausibili al suo diritto di assistenza. E dice, provocatoriamente: «La mia domanda a questo punto è che se il servizio sanitario non è in grado di assicurare il trasporto di un malato, che siano allora i medici a venire a casa mia per visitarmi». Gli occhi gli si appannano di lacrime: «Lo Stato ha dimostrato di essere un perdente davanti alla mia malattia».

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