La Nuova Sardegna

Sassari

Militari dal gup, verso il proscioglimento

di Nadia Cossu
Il tribunale di Sassari
Il tribunale di Sassari

Il pm: tra i carabinieri imputati ci fu un accordo per commettere il reato. Per due chiesto il processo

06 aprile 2018
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SASSARI. “L’accordo per commettere un reato” è previsto dall’articolo 115 del codice penale. In termini che esulano dalla giurisprudenza più stretta può essere definito un “quasi reato”. E proprio per questo motivo non è punibile. Si tratta dell’imputazione a carico di sette carabinieri indagati dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu nell’ambito dell’inchiesta che era scattata in seguito a un episodio che si era verificato a ottobre del 2014 fuori da un bar di Pozzomaggiore, davanti a tantissime persone.

Un uomo (Michele Chessa, 45 anni) sarebbe stato prima fermato da una pattuglia, poi strattonato, ammanettato e colpito con un pugno da un carabiniere. Il tutto davanti a testimoni che erano intervenuti in gruppo per difendere Chessa. Nella piccola folla che assisteva alla scena c’era il maresciallo Giuseppe Saiu, compaesano della vittima, che quella sera non era al lavoro. Saiu scrisse in una dettagliata relazione di servizio come erano andate le cose, smentendo clamorosamente il rapporto redatto dai due militari – il maresciallo Luca Porceddu e l’appuntato Fabio Antioco Casula, della compagnia di Bonorva – che raccontavano di aver arrestato una persona (Chessa) per resistenza a pubblico ufficiale.

Diversa era stata invece la ricostruzione dei fatti del maresciallo Saiu che parlava invece di un tentato arresto arbitrario, sostenendo che non ci fosse stata alcuna colluttazione. Porceddu e Casula finirono sotto inchiesta per “accordo per commettere un reato”, tentato sequestro di persona (ai danni di Chessa) e falsità ideologica. A Casula il pm ha contestato anche le lesioni aggravate. Solo di “accordo” dovevano invece rispondere altri 5 colleghi: Luca Gabelloni, Luca De Renzi, Leonardo Salaris, Fabrizio Leone e Antonio Galia, tutti all’epoca in servizio nella compagnia di Bonorva e nella stazione di Mores.

Davanti al gup Michele Contini è stato discusso il rito abbreviato con il quale i 7 militari avevano chiesto di essere processati per quanto riguardava l’accusa contestata dall’articolo 115. Il pm Porcheddu ha riconosciuto che ci sia stato un “accordo” tra colleghi (tranne per l’episodio della telefonata intercettata tra Gabelloni e Porceddu sul quale proprio Gabelloni aveva chiesto di essere sentito in aula dove aveva spiegato che le sue parole erano state completamente travisate) ma allo stesso tempo la Procura ha ritenuto che non ci sia la pericolosità sociale degli imputati per cui non ha chiesto l’applicazione di misure di sicurezza (come la libertà vigilata).

Il pubblico ministero ha concluso per il “non doversi procedere” proprio perché l’ipotesi non costituisce reato. Ha invece sollecitato il rinvio a giudizio per Porceddu e Casula ai quali sono contestati i più gravi reati di tentato sequestro di persona e falsità ideologica. Entrambi avevano scelto di seguire il rito ordinario e ora dovranno aspettare la decisione del gup.

«Nessun accordo c’è mai stato tra i militari» hanno detto i difensori Edoardo Morette, Alberto Oggiano, Agostinangelo Marras, Gianluca D’Alò e Marco Enrico che hanno chiesto per i loro assistiti l’assoluzione «perché il fatto non sussiste». Il gup Michele Contini deciderà il 22 maggio.
 

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