La Nuova Sardegna

Sassari

una storia inedita 

E Osilo scopre di avere quattro “figli” partigiani

OSILO. Mai si era parlato, in cima al Tuffudesu, di partigiani osilesi durante la Guerra di Liberazione. Più che altro per mancanza di ricerche specifiche e di notizie che a essi facessero...

20 aprile 2018
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OSILO. Mai si era parlato, in cima al Tuffudesu, di partigiani osilesi durante la Guerra di Liberazione. Più che altro per mancanza di ricerche specifiche e di notizie che a essi facessero riferimento.

Ora, invece, nell’imminenza del 25 aprile, Festa della Liberazione, si viene a sapere che Osilo ha annoverato ben quattro combattenti per la libertà. È quanto è emerso dalla ricerca che ha in corso Aldo Borghesi, dell’Istasac, Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’età contemporanea nella Sardegna centrale, che a livello locale si è avvalso della collaborazione di Alessandro Dore, consigliere comunale con delega alle Iniziative culturali e commemorazioni.

Quattro osilesi schierati su diversi fronti, ma tutti dalla parte della Resistenza ai nazi-fascisti. Sono Giuseppe Elies (nato nel 1920, nome di battaglia “Ciccio”), guardia di finanza in servizio a Torino, che dal settembre 1944 inizia a collaborare con le formazioni cittadine di Giustizia e Libertà, fino alla liberazione. Gli viene attribuita la qualifica di “Patriota”. Francesco Pintus (nato nel 1916) prestava servizio nell’Albania settentrionale, come soldato dell’Autoreparto dislocato a Scutari. Immediatamente dopo l’armistizio, seguendo l’esempio di numerosi militari italiani che si ritrovavano bloccati fuori dal territorio nazionale, scelse di collaborare con la resistenza albanese, nelle cui file combatté fino alla liberazione del Paese, alla fine di novembre del 1944. Rientrò in Italia solo a guerra terminata, nel giugno 1945. Un caso assai particolare è quello di Giovanni Fadda, inizialmente dato - con un errore grossolano dell’Associazione nazionale congiunti infoibati – per massacrato dai partigiani comunisti slavi, risultò invece catturato dai tedeschi e poi dai russi, deportato in Russia dove morì. Ora, grazie alle ricerche di Aldo Borghesi, quel Giovanni Fadda, classe 1924, guardia di finanza, avrebbe fatto parte dei reparti italiani che in Jugoslavia si schierarono con la resistenza guidata dal maresciallo Tito, dando vita alla divisione partigiana italiana Garibaldi. Confermato, invece, che Fadda risulta essere stato preso prigioniero dai tedeschi in Croazia dopo l’8 settembre 1943, e poi ricatturato dall’Armata rossa sovietica, che lo ha internato nel Campo di prigionia n. 69 dove è deceduto (ubicazione del campo e data di morte non sono note).

Infine, combatté nelle file della Resistenza a Genova - dove risiedeva, e dove morì nel 1968 - Antonio Chessa (nato nel 1900), che con il nome di battaglia “Morel” entrò fin dall’aprile 1944 a far parte del Comando militare regionale della Liguria, che coordinava l’attività delle formazioni di tutta la regione ed anche di una vasta area del cosiddetto “Oltregiogo”, appartenente alla provincia di Alessandria. Ottenne la qualifica di Partigiano combattente e il grado di ufficiale (sottotenente, quindi probabilmente comandante di distaccamento).

«Storie del tutto inedite, che si inquadrano – scrive Aldo Borghesi – in quella più generale dei sardi alla fine della seconda guerra mondiale. “Alcune migliaia di sardi – scrive Borghesi - partecipano non solo alla Resistenza italiana, ma alle Resistenze europee, in tutti i luoghi dove si trovano militari o emigrati italiani: li troviamo presenti negli episodi di reazione dei militari italiani contro il disarmo imposto dai tedeschi, tra gli effettivi o i collaboratori delle formazioni partigiane, negli organismi politici e militari di governo della Resistenza, ed infine tra i numerosi militari che rifiutano di collaborare con i tedeschi che li hanno internati in Germania e ne sfruttano la forza lavoro».

Mario Bonu

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