La Nuova Sardegna

Sassari

Il sindaco di Sassari: ora sono stanco chi mi insulta se ne vada

Giovanni Bua
Il sindaco di Sassari: ora sono stanco chi mi insulta se ne vada

Il primo cittadino affonda i colpi contro l’area Spissu-Lai e i “suoi” consiglieri: «Vogliono comandare ma hanno sempre perso. Si facciano da parte»

22 aprile 2018
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SASSARI. Stanco per la infinita e inutile guerra che, dall’inizio del suo mandato, «una parte ben precisa del partito democratico sta portando avanti contro me». Arrabbiato, per la gazzarra in aula dello scorso martedì17 aprile, con i 4 consiglieri responsabili degli attacchi più pesanti che per lui dovrebbero rassegnare le dimissioni, e che comunque considera fuori dalla maggioranza. Pronto a ripartire, ma alle sue condizioni, ossia un passo indietro dell’area Spissu-Lai sul nome dell’assessore alla Cultura, inutilmente atteso da un anno. Scelta che deve tornare nelle sue mani, e in “quota” al resto della maggioranza. Voglioso di riprendere la “narrazione” che quattro anni fa lo portò a vincere le primarie, quello di uomo alternativo «ai gruppi di potere che stanno affondando il Pd», che «i cittadini hanno bocciato ogni volta che ne hanno avuto l’occasione, ma che non vogliono prenderne atto del fatto che devono semplicemente mettersi da parte».

È un fiume in piena il sindaco Nicola Sanna, un mix incontenibile di rabbia «per il futuro di un partito su cui inizio davvero a dubitare» ed eccitazione «per opportunità politiche che di nuovo, e finalmente, si aprono. Per voltare davvero pagina».

Iniziamo dalla seduta di martedì?

«Una gazzarra. I quattro consiglieri del Pd Fundoni, Sanna, Masala e Perrone che mi hanno insultato si sono resi responsabili di vilipendio alla carica del sindaco. È incompatibile con il loro ruolo e penso che ne debbano prendere atto dimettendosi».

Sicuro di non aver iniziato lei?

«Non scherziamo. Io ho risposto compiutamente a una mozione che già di per sé era un attacco politico inaudito nei modi e nei contenuti. Ho usato qualche artificio dialettico e un po’ di sarcasmo, ma sono stato sui fatti. E senza mai trascendere. Ci sono le registrazioni delle sedute per fortuna».

Le è stata offerta una mediazione che ha rifiutato?

«La proposta avanzata era illegittima. Mi si chiedeva di cacciare Taula e prendere la guida del consorzio in attesa di chiarimenti. Atto proibito dalla legge Severino. Nessun sindaco di un Comune sopra i 15mila abitanti può avere responsabilità gestionali in consorzi o partecipate, né avere nessuna ingerenza sulle questioni gestionali».

Ritiene che la nomina a chiamata diretta dell’ex consigliere regionale Salvatore Demontis a direttore generale sia stata opportuna?

«Iniziamo a dire che è legittima. E frutto di un’interlocuzione che ha coinvolto tutti i membri del Cda e ha avuto il via libera da 4 membri su 5. Il punto era scegliere una risorsa interna tra i due vice presenti. E comunque anche l’altro candidato, Gianfranco Dessì, aveva un passato in politica come assessore di Forza Italia a Porto Torres».

Sono legittime anche le preoccupazioni sul futuro del consorzio?

«Legittime e doverose. Anche se a mio parere esagerate. A questo proposito mi chiedo come mai, di fronte a queste alte preoccupazioni si è preferito affondare la commissione speciale che aveva il compito di sviscerarle».

È stato detto che era una soluzione annacquata.

«Annacquato è emettere una sentenza senza fare il processo. E senza avere i poteri per farlo. Il cda del Cip ha adottato atti di cui si prende la totale responsabilità. E che potrebbe esporre loro stessi a rischi legali e patrimoniali. Ma sono atti gestionali su cui io, e men che mai il consiglio, possiamo in alcun modo entrare. Al limite ci penseranno il tribunale del lavoro, la corte dei conti».

I sindacati?

«Registro le loro preoccupazioni. Ma anche qui, non scherziamo. Io non posso intervenire nemmeno sulla contrattazione dei dipendenti comunali, e per lei posso entrare nel merito di una dialettica tutta aziendale sul trasferimento di personale dall’Asi al Consorzio?».

Insomma, al Cip tutto bene?

«Non dico questo. Ma in questo consiglio comunale sono stati illustrati, discussi e votati sei o sette documenti di vario genere sugli indirizzi politici e gestionali del consorzio, oggetto anche di una delibera della rete metropolitana firmata da sette sindaci. Ci sono progetti in campo da portare a casa e risorse da difendere. Mi chiedo cosa vogliano i firmatari della mozione? Che si ritirino i progetti bloccati dalla burocrazia romana o dalle timidezze dell’Eni?»

Cosa vorrebbero secondo lei i firmatari della mozione?

«La mozione è un cavallo di Troia. L’ennesimo. Fatto per dimostrare chi comanda. Tu licenzi Pulina, io caccio Taula. È una mozione presentata dalla capogruppo senza nemmeno condividerla con gran parte del gruppo. E men che mai con il resto della maggioranza, la giunta e il sindaco. Portata avanti nonostante il resto della maggioranza, e sei consiglieri Pd su 13, l’avessero emendata. E bocciata, alleandosi con l’opposizione e col voto decisivo del presidente del consiglio comunale, che dovrebbe essere arbitro. Ma di che stiamo parlando?»

Del Pd?

«Di un partito che per me era un sogno e che è diventato un incubo. Con un gruppo che in città e nel territorio comanda, rappresentato da Silvio Lai e Giacomo Spissu, che nonostante abbia perso dal 2013 in poi ogni volta che si è misurato col volere dei cittadini, non si vuole fare da parte. Hanno perso le parlamentarie, Sorso, Alghero, Porto Torres, le primarie a Sassari. Le elezioni di marzo. Ma non basta mai».

Non si riconosce più nel Pd?

«Inizio ad avere serie preoccupazioni per il suo futuro. E comunque rivendico fieramente di non far parte di queste logiche. E di rappresentare migliaia di sassaresi che mi hanno scelto proprio per voltare pagina».

In realtà ha litigato anche con i suoi alleati delle primarie.

«Ci sono state divergenze. Forse figlie della paura del calo di consenso che sempre deriva dal governare. Ma siamo sempre rimasti nel merito delle cose, come dimostra la posizione dell’area Manca in consiglio sulla mozione. Sono sicuro che con loro, con tutto il resto della maggioranza e soprattutto con i cittadini, si può fare un patto per andare avanti fino alla fine del mandato. Portando avanti il tanto di buono che questa amministrazione sta facendo».

Sta dicendo che con un pezzo così importante del partito come quello rappresentato da Spissu e Lai non si può più andare avanti?

«Sto dicendo che sono stanco. Che se vogliono attaccarmi stiano pure all’opposizione, se vogliono farmi fuori mi sfidino in primarie aperte ai cittadini. Basta passi indietro, avanti, di lato. Altro che attaccabrighe, il mio errore è di essere stato troppo buono».

Si rende conto che la gente ha altro a cui pensare piuttosto che ai mal di pancia del Pd?

«Certo. Non sono io a non rendermene conto. E proprio alla gente che voglio parlare»

Dichiarando una nuova guerra?

«Facendo una proposta»

Quale?

«Il partito mi dia la disponibilità della nomina dell’assessore alla Cultura, che da un anno proprio la corrente di Spissu e Lai si ostina a non voler nominare. Io sceglierò un esponente non riconducibile al Pd che sia gradito al resto della maggioranza. A quella coalizione allargata da cui dobbiamo ripartire. Il partito dimostri di dare fiducia al suo sindaco. È riprenda ad ascoltare i cittadini. Perché se non usciamo da quelle anguste stanze dentro cui nulla mai cambia per il Pd non c’è futuro»
 

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