La Nuova Sardegna

Sassari

Lai: «Sanna perseguitato solo dai suoi fallimenti»

di Giovanni Bua
Lai: «Sanna perseguitato solo dai suoi fallimenti»

Durissima replica all’attacco del primo cittadino che gli chiedeva di farsi da parte «Scelte scellerate e fischi “di avvertimento”: i sassaresi non ce la fanno più»

24 aprile 2018
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SASSARI. Nicola Sanna? Impari a fare il sindaco. A rispettare e farsi rispettare dalla sua città. Smettendo con la sua “narrazione” vittimistica di questi anni, durante i quali il partito lo ha aspettato, supportato e sopportato. Fatta solo per nascondere la totale assenza di risultati politici è amministrativi. Perché il silenzio dei sassaresi è solo rassegnazione, che si trasforma in fischi di avvertimento alla faradda e voti contro di noi alle elezioni se non cambiamo direzione.

È una risposta durissima quella dell’ex senatore e segretario regionale del Pd, Silvio Lai. Finito nei giorni scorsi nel mirino del primo cittadino, che lo ha individuato tra i “mandanti” della bagarre sul consorzio, causa di una drammatica spaccatura in consiglio comunale. E ha chiesto a lui e Giacomo Spissu di «togliersi di mezzo» per il bene del partito e della città.

Il sindaco sostiene che la mozione sul consorzio fosse un’imboscata e che lei sia uno dei “mandanti”.

«Mi dispiace che anziché parlare dell’amministrazione della città, del suo ruolo e del suo futuro si debba discutere di una mozione in consiglio comunale e della ennesima crisi ad un anno dalle amministrative. L’idea che ci siano dei mandanti e quindi degli esecutori è offensiva per consiglieri eletti in consiglio comunale, autonomi e competenti. Sul resto occorre partire un po’ più da lontano».

Da dove?

«La ricostruzione fatta dal sindaco fa apparire una mozione come un’imboscata perché fa parte di una rappresentazione vittimistica di questi anni. Secondo il suo racconto, sarebbe un perseguitato che non è stato in grado di svolgere la sua attività per una serie di trappole che una parte del partito gli avrebbe teso a partire dalle primarie vinte da solo, con l’epopea del figlio di un emigrato».

Invece?

«La realtà è un’altra. Le primarie che cita sono state decise all’interno della Giunta precedente da alcuni componenti, questo ha determinato la conclusione in anticipo del mandato, e gli stessi si sono poi candidati alle primarie continuando a fare gli assessori. È stato proprio Nicola a trasformare quelle primarie in una resa dei conti, mettendo insieme tutti gli altri contro chi era arrivato prima, in un accordo che dopo solo un anno è saltato perché non si basava su contenuti ma sulla gestione. Primarie che si sono concluse con 40 voti di scarto, cui è seguita una leale partecipazione alle elezioni amministrative che hanno visto i sostenitori di Angela Mameli eleggere 10 consiglieri su 13 del Pd, e che il sindaco ha immediatamente voluto marginalizzare con la prima giunta, escludendo una parte maggioritaria del partito. La successiva crisi generata dalle sue intemperanze è stata superata con l’aiuto di tutto Pd. Come la terza, causata dalle dimissioni del vicesindaco con un j’accuse violentissimo nei suoi confronti. Detto questo, che è il percorso crisi per crisi sempre generato nella stanza del sindaco, mi pare che siamo di fronte a un tentativo già visto di coprire una totale assenza di risultati politici e amministrativi con la rappresentazione di nemici interni».

La situazione del Cip è davvero così drammatica?

«La notizia è certamente il conflitto tra Pd e sindaco ma non si può trascurare il merito di un’agenzia pubblica strategica che dovrebbe svolgere l’assistenza tecnica allo sviluppo del territorio in maniera trasparente e manageriale. I consiglieri del Pd hanno rappresentato le preoccupazioni dei lavoratori del consorzio e dei rappresentanti dei lavoratori che hanno davvero timore della perdita del lavoro dopo 3 anni di calo costante della gestione caratteristica e di affermazioni messe a verbale di due consiglieri di amministrazione. Una volta approfondito il tema si sono resi conto che il cda è composto da soggetti che hanno conflitti di interesse, che si fanno assunzioni senza concorsi giustificando burocraticamente la scelta e che si orientano finanziamenti pubblici, poi rischiando di perderli per finanziare attività che a Oristano, in Ogliastra o a Cagliari sono interamente private. Tutti dubbi già segnalati, con l’impegno di superarli, nel documento di chiusura dell’ultima crisi e che il sindaco in questi mesi ha eluso continuamente».

Cosa pensa dei toni della seduta di martedì?

«Non c’è nulla che possa giustificare i toni usati dal sindaco, intimidatori e provocatori sia per la funzione che svolge sul piano istituzionale, sia per lo stile richiesto ad un sindaco di centrosinistra che guida un gruppo di dirigenti, tra Pd e liste civiche, tutti o quasi alla prima esperienza, competenti e motivati, figli di un grande rinnovamento delle liste».

Per il sindaco lei e Giacomo Spissu dovreste farvi da parte e siete sempre stati bocciati dagli elettori.

«Rispetto alla mia storia dico solo che faccio politica dal giugno ’99 mentre Nicola Sanna dalla fine degli anni ’70. Rispetto al vincere o perdere, non ricordo se Nicola Sanna sia mai stato eletto consigliere, comunale o provinciale, nelle sue numerose candidature, ma alle amministrative in cui è stato eletto sindaco ha preso gli stessi voti della coalizione, senza alcun valore aggiunto. Per quanto mi riguarda ho vinto tutte le elezioni alle quali mi sono candidato salvo le ultime politiche per le quali generosamente ho scelto una candidatura consapevolmente di testimonianza, e da segretario regionale ho guidato il partito dal 2009 al 2014 vincendo tutti gli appuntamenti, amministrativi, regionali, e politici. Ho sostenuto Gianfranco Ganau alle regionali e due giovani alle comunali sul 2014, sempre eletti, e tra i primi».

La frattura all’interno del partito è insanabile?

«Io non credo che ci sia nulla di insanabile se le posizioni sono chiare. Il sindaco deve concludere il mandato non per una condanna, ma tenendo insieme il partito e la coalizione, con la ragione non con la forza. Non esiste né il reato di lesa maestà se si pongono problemi né quello di vilipendio al sindaco. E non si può pensare dopo quattro anni che si rinvia sempre ogni problema. Il tema è concludere il mandato per fare che cosa, perché altrimenti, tutto, qualunque discussione può essere ridotta al piccolo conflitto di potere».

Pensa che il Pd cittadino e la coalizione riuscirà a ricompattarsi prima delle prossime Regionali e Comunali?

«Io penso che non possiamo nascondere la polvere sotto il tappeto, sopratutto dopo la risoluzione dell’ultima crisi che ha messo nero su bianco errori da correggere e obiettivi da lasciare da parte. Siamo a quattro anni di consiliatura e ci sono state tre drammatiche “faradde”. Siamo passati dall’autorevolezza del sindaco precedente che portava un’idea di Sassari nei contesti regionali, ad un sindaco che è in difficoltà anche dentro le mura cittadine, oltre a non essere rispettato fuori. Qualunque progetto di città che contrasti il declino annunciato dalla fragilità demografica, dalla trasformazione economica e sociale, richiede un soggetto autorevole che la guidi. E in questi 4 anni questo è mancato, mentre le altre città sono andate avanti. Non solo Cagliari, ma anche Olbia e la Nuoro. La città non può continuare a perdere tempo dietro ai litigi e non concentrare i suoi sforzi in una visione.

Quale visione?

«La prospettiva della nostra isola è nell’economia innovativa, in quella turistica e nella agricoltura più avanzata, Sassari può essere protagonista. La nostra città ha eccellenze nel campo dell’alta formazione, anche artistica, e nella cultura. La costituzione dell’Aou è una sfida fondamentale per la prospettiva della sanità anche come occasione di sviluppo e crescita. In tutti questi campi si registra solo una normale amministrazione quando va bene, e scelte scellerate negli altri casi. Ma è anche nelle piccole cose che si vede lo scarso amore verso Sassari, dalla gestione delle piste ciclabili, al vergognoso aumento del costo dei parcheggi che finanziano solo una multinazionale, non certo i lavoratori, e non vanno d’accordo con il senso della giustizia. Il silenzio dei sassaresi è solo rassegnazione, che si trasforma in fischi di avvertimento alla faradda e voti contro di noi alle elezioni se non cambiamo direzione. Il Pd può farcela ancora a recuperare ma se non insegue i tentativi d scaricare la propria responsabilità e fa un esame profondo, quando doloroso della situazione».

Ma è proprio vero che nel partito comanda solo lei?

«Discutere non è mai comandare».



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