Studenti bulli con i prof allarme anche nell’isola
Insulti e persino schiaffi ai docenti nel Cagliaritano. Le famiglie sotto accusa
SASSARI. Offese, parolacce, il tu che senza autorizzazione prende il posto del consueto lei, il tono di voce che sale di cinque tacche e poi, a volte, le botte. L’ultimo episodio in un istituto professionale del Cagliaritano, ma non è l’unico caso. Un docente che invita uno studente a spegnere il telefono e come risposta riceve uno schiaffo: è il caso simbolo di una situazione, anche nell’isola, potenzialmente esplosiva. Dove la maggior parte degli episodi restano sconosciuti: gli insegnanti subiscono in silenzio, preferiscono lasciar perdere e non sollevare un polverone, in parte per naturale riservatezza e in parte perché hanno paura di essere lasciati soli.
«Chi decide di stare zitto sbaglia sempre: non è giusto fare finta di niente, nel proprio interesse e nei confronti dell’alunno che deve essere chiamato a riflettere sul proprio errore. Se non capirà di avere sbagliato lo farà ancora». Anna Maria Maullu, dirigente scolastico del Liceo Brotzu di Quartu e presidente dell’Anp - Associazione nazionale presidi – per la Sardegna – conferma che anche nelle scuole isolane dietro i banchi ci sono tanti bulli. Per renderli innocui, la prima regola è metterli all’angolo.
Alunni e famiglie. I ragazzi maleducati ci sono da sempre, a essere cambiate sono invece le famiglie. «Ai miei tempi – racconta Anna Maria Maullu – il giudizio di un professore non si metteva in discussione. Un comportamento sbagliato era sbagliato, punto. Il voto negativo o la nota erano insindacabili. Ora i primi avversari dei docenti sono spesso i genitori. Il problema è che è venuto meno il rispetto, del ruolo dell’insegnante come educatore e della scuola come istituzione». Significa che la minaccia “chiamo i tuoi genitori e ti faccio venire accompagnato” oggi non vale più. Al contrario, i prof si trovano spesso da soli contro studenti arroganti e mamme e papà dalla denuncia facile. «Le vittime sono i ragazzi – aggiunge la responsabile Anp – perché crescono senza regole. I genitori non capiscono la gravità delle conseguenze, questi figli che insultano e aggrediscono i professori, come si rapporteranno per esempio a una autorità in divisa?». La dirigente scolastica spiega che l’età più critica è quella della prima adolescenza: «Le medie, l’età dei contrasti legati alla formazione della personalità. I ragazzini, maschi e femmine non fa differenza, vanno in conflitto con gli adulti, i genitori e i professori. Se nel rapporto con i prof vengono spalleggiati dalle famiglie, è chiaro che si sentiranno autorizzati a offendere e a non mostrare rispetto».
Non solo smartphone. Non c’è solo il telefono cellulare al centro dello scontro generazionale. Dice Ivo Vacca, segretario regionale Flc Cgil: «Ormai qualunque rimprovero può scatenare una reazione insensata da parte dell’alunno. Che soprattutto in determinati contesti, non riconosce alcuna autorità al professore perché i primi a non farlo sono i suoi genitori: una nota, un brutto voto, un richiamo al rispetto delle regole viene interpretato come il tentativo di aiutare il ragazzo a crescere e migliorarsi, ma come un intervento a gamba tesa, dunque da contestare. Molto spesso – aggiunge Vacca – i genitori sono totalmente assenti: rinunciano ad educare i figli, compito molto difficile, delegando la scuola che invece non è deputata a farlo».
Gli episodi. Telefoni accesi sui banchi, fumo in bagno o persino nei corridoi, parolacce al prof che contesta il costante ritardo. Gli studenti bulli quasi sempre lo sono innanzitutto con i compagni più deboli che vengono presi di mira. Poi fanno “il salto di qualità” e se la prendono con i professori. E nei casi estremi fanno branco: il bullo viene supportato dai compagni, a volte incitato. Scatta l’emulazione, soprattutto quando non c’è punizione e il bullo si sente invincibile. «Ecco perché bisogna parlarne – dice Anna Maria Maullu – mai fare finta di niente. Perché la volta successiva potrebbe andare anche peggio».