La Nuova Sardegna

Sassari

Il palazzo sull’acqua che nessuno vuole

Paoletta Farina
Il palazzo sull’acqua che nessuno vuole

Dal 1999 un edificio in via Montello a Sassari è vuoto: è stato sgomberato perché pericolante. La zona è a rischio idrologico

26 aprile 2018
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SASSARI. Un cartello avverte senza ombra di equivoci del pericolo di crolli. Continua la storia infinita del palazzo di via Montello, sgomberato una prima volta 32 anni fa e poi definitivamente nel 1999, perché i cedimenti continui lo hanno reso inagibile. Mentre si sta affievolendo la speranza dei sedici proprietari di poter rientrare nell’investimento fatto, per cui alcuni stanno pagando ancora il mutuo, senza però poterci abitare. Il problema è che l’edificio, quattro piani fuori terra, è poggiato sulle sabbie mobili. La zona è classificata rischio idrogeologico, una “dragunara “ (una dei tanti fiumi sotterranei che attraversano in lungo e in largo la città) percorre il sottosuolo e quell’acqua ha contribuito, scavando goccia a goccia nel corso di almeno una cinquantina d’anni, a togliere alla costruzione solidità.

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La situazione ora è che è diventato un palazzo fantasma, recintato sui due lati di via Montello e via Flumenargia, guardato con sospetto dai residenti del rione che temono un improvviso cedimento con effetti tutti da stabilire. Saccheggiato nel corso del tempo, con le erbacce che crescono sul marciapiede e tra le transenne, dà non solo un’immagine di degrado, ma anche di pericolo incombente.

I vicini esercizi commerciali ne hanno pagato nel tempo le conseguenze. Il traffico di auto e pedoni si è ridotto, anche perché la strada, da due corsie di marcia che era, è diventata a senso unico e il marciapiede antistante al palazzo è per buona parte impercorribile. Sfidano invece la sorte quanti continuano a parcheggiarci l’auto davanti, nonostante anche sull’asfalto siano ben visibili segni di sprofondamento.

Sfumata anche la possibilità di vendere a un’impresa perché, con un’opportuna ristrutturazione si potesse riaprire un portone sbarrato dalla bellezza di 19 anni e ripopolare gli appartamenti vuoti. Ci ha provato la ditta dei fratelli Magliona, figli di Uccio, costruttore ed ex pilota automobilistico. Nel 2014 aveva ottenuto dal Comune la concessione edilizia, ma ha dovuto gettare la spugna, e far decadere la licenza, davanti agli alti costi che l’operazione avrebbe rappresentato. Dice Roberto Magliona: «Con dispiacere, perché nell’investimento avevamo creduto, ma avremmo avuto più spese che guadagni. Mi spiego. Per mettere in sicurezza il palazzo, proprio perché si tratta di una zona a rischio idrologico, occorreva sistemare nelle fondamenta 75 plinti, per poter realizzare i 38 appartamenti previsti nel progetto – mono, bi e trilocali – con un costo almeno di 300mila euro. Se ci aggiungiamo la cifra per l’acquisto dell’immobile la cosa non era fattibile».

«Noi abbiamo fatto fare a nostre spese un’indagine tecnica dalla quale è emerso che si trova acqua a 22 metri sotto il palazzo – aggiunge Roberto Magliona –. L’edificio, a quanto mi è stato riferito, è sorto negli anni Cinquanta, su una vecchia cava di tufo, poi dismessa e riempita dei detriti dello scavo provenienti dall’area dove venne costruito il vecchio grattacielo di piazza Castello. La base dell’immobile, quindi, poggia su un piano in cui l’acqua del sottosuolo si è insinuata con facilità. Alla fine degli anni Ottanta sull’edificio venne fatto un intervento per stabilizzarlo, ma poi il problema si è ripresentato».
 

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