La Nuova Sardegna

Sassari

Renato Soru: «Nel Pd stop alle correnti e a Roma dialogo con M5s»

di Luca Rojch
Renato Soru: «Nel Pd stop alle correnti e a Roma dialogo con M5s»

L’europarlamentare: "Ora una scossa. Approviamo subito la legge urbanistica"

28 aprile 2018
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SASSARI. Troppe correnti. Più che la scossa il Pd rischia il corto circuito. La rivoluzione tra i Dem sardi non c’è stata. Il burrone elettorale del 4 marzo ha inghiottito il partito, ma la reazione ancora non c’è stata. Non ha dubbi Renato Soru. Il leader democratico invoca il cambio di passo. Ma parla anche del rapporto con i 5 Stelle, e della responsabilità del bene della nazione che deve portare a un dialogo con i grillini a livello nazionale. Ribadisce la volontà di approvare subito una Legge urbanistica regionale, ma senza gli articoli contestati. E spiega quale deve essere la strada del Pd per riconquistare i suoi elettori.

Soru, che succede nel Pd sardo?

«È successo che non c’è stata discussione quando ci si doveva preparare alle elezioni. Non siamo stati capaci di comprendere il progressivo allontanamento dei nostri tradizionali elettori. Abbiamo assistito a un 4 marzo drammatico in Italia e in Sardegna. Sono passati quasi due mesi, e finalmente il 4 maggio si riunirà l’assemblea del partito per discuterne e analizzare il percorso che ci ha portato fin qui. Per parlare del distacco degli elettori, e per decidere come reagire».

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Pensa che basti il cambio alla guida del partito?

«No. Non basta. È auspicabile, e Cucca lo aveva già annunciato. E dico questo al di là del giudizio dei singoli. È evidente che è in corso un cambiamento del rapporto tra noi e i sardi che in passato hanno riposto in noi speranze e aspettative per il futuro. Si deve riannodare questo filo e la segreteria si deve fare da parte per facilitare il dialogo».

Il presidente dell’Anci Emiliano Deiana dice che il Pd è fermo al 2007 alla rottura tra lei e Cabras.

«Io non sono fermo al 2007, a 11 anni di distanza ho maturato un pensiero politico diverso, e anche una comprensione della Sardegna e del mondo differenti. Penso che neanche Cabras sia fermo al 2007, oggi ha una responsabilità diversa. Mi preoccupa di più chi ha bisogno di continui riferimenti a spaccature senza sentire la necessità di navigare in mare aperto e in acque profonde, al di fuori degli spazi angusti degli schieramenti».

Ma il Pd è ancora diviso in correnti. È arrivato il momento di superarle?

«Non solo penso che sia possibile, ma è necessario. La mia segreteria venne criticata proprio perché cercavo di far discutere negli organismi l’intera comunità Pd senza precostituire opinioni di maggioranza e minoranza. Al di là delle nostre difficoltà interne che spero siano superate presto, la candidatura di Dolores Lai è un tentativo di voler far superare le divisioni nel partito. Andare oltre. Mi preoccupa anche la difficoltà della politica in Italia. Forse negli anni del terrorismo si viveva un periodo di simile incertezza».

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E in Sardegna?

«Anche la nostra regione è in difficoltà. Tutto sembra andare in frantumi. Il centrodestra è diviso, il centrosinistra anche, il Pd è frammentato. E anche i partiti indipendentisti hanno una divisione quasi atomica. La nostra società reagisce alle difficoltà con la divisione. Va in frantumi, prevalgono l’individualismo e gli egoismi».

Il Pd sassarese sembra rappresentare plasticamente la balcanizzazione del partito.

«Una consiliatura nata bene e vissuta male. Sanna ha vinto di poco le primarie, ma c’erano i presupposti per un buon governo di 5 anni. I personalismi, le conflittualità ataviche e il confronto tra gruppi di potere hanno preso il sopravvento sulla possibilità di fare del bene per la città».

Lei ha definito folk le idee di Maninchedda. Ne è sempre convinto?

«È folk perché è un identità di facciata e poco approfondita e sedimentata. È un rifugiarsi nel passato senza affrontare il tempo di oggi».

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Insomma lei non vuole fare alleanze con loro?

«Credo che prima che delle alleanze il Pd debba dare una sua lettura della Sardegna di oggi e del mondo contemporaneo. Non abbiamo fatto uno sforzo per capire la società, ma ci siamo concentrati solo su chi fa cosa. Dobbiamo invece chiederci come vediamo il futuro della nostra regione in un mondo aperto e in un’economia globalizzata caratterizzata da un eccesso di liberismo non governato. Dobbiamo chiederci se vogliamo vivere solo di turismo, rifugiandoci sull’assunto che viviamo nel posto più bello del mondo. Ma questa è una falsa certezza, non esiste un posto più bello del mondo. Possiamo davvero pensare di vivere senza attività produttive di piccola e media industria? Possiamo fare a meno della ricerca scientifica? In un mondo che ha fame di cibo e terra possiamo vivere senza riuscire a riconvertire la nostra agricoltura e l’allevamento? Lavoriamo più sull’assistenza al reddito in agricoltura o su una sua radicale trasformazione? Se parliamo di ambiente non esiste una buona ragione per assecondare una cementificazione selvaggia delle coste. La chiave è l’uscita dalla povertà educativa. Si deve superare il ritardo di conoscenza. La povertà di oggi non si sconfigge senza una crescita del livello di istruzione. E ancora chiediamoci quale è la posizione sulle servitù militari in Sardegna. Se portano benessere come dice il centrodestra o se sono fonte di miseria e arretratezza dei territori. Teulada è uno dei luoghi più belli della Sardegna, ma non ha lo stesso livello di sviluppo di altri territori. In ogni caso oggi nessuno può pensare di decidere di essere sovrano a casa sua. Isolato dal mondo. Viviamo in una realtà interconnessa. Destra e sinistra esistono da quando in Egitto c’erano gli schiavi e i faraoni. Non è finito il desiderio di uguaglianza e pari opportunità per tutti. Sono due visioni del mondo diverse. E non si può dire che si può stare da una parte o dall’altra, tanto non è importante. Difficile fare il pendolo poi porsi come uomo nuovo».

Ma secondo lei il Pd dovrebbe fare il governo con il M5s?

«Anche a livello nazionale il Pd è diviso, come lo sono la Lega e Forza Italia. L’intera società italiana è divisa e frantumata. In questo contesto trovo sbagliata l’affermazione di quanto fra noi affermano che non si debba parlare con i 5 Stelle. Trovo sbagliata l’idea che i cittadini ci abbiano votato per fare opposizione. Chi ci ha dato la preferenza lo ha fatto perché potessimo governare. Siamo in un sistema parlamentare proporzionale in cui nessuno ha da solo la maggioranza per poter formare un governo. Chi sta in Parlamento ha il dovere di discutere e confrontarsi. E se è possibile trovare le basi comuni per far fare dei passi avanti al Paese. Non dobbiamo fare scelte pensando all’utilità del Pd, ma a quella del Paese. Nel momento in cui parliamo con i 5 Stelle sappiamo dei loro problemi di democrazia interna, del pericolo insito nell’ idea di democrazia diretta senza il valore del l’approfondimento e della sintesi propria della democrazia rappresentativa. Sappiamo dei loro errori riguardo la nostra vocazione europeista. Sappiamo del linguaggio aggressivo, del bullismo politico che abbiamo visto anche in questi ultimi giorni con il presidente Napolitano. Non siamo d’accordo con loro sui vaccini, su una sorta di pauperismo che nega merito e differenze, sull’idea di reddito di cittadinanza che allontana dal lavoro invece che accompagnare le persone nella ricerca. Ma hanno ragione quando parlano di sobrietà della politica, di tutela dell’ambiente e della riduzione delle spese militari. Hanno ragione quando ci ricordano delle lotta agli sprechi, delle periferie, della sofferenza dovuta alla mancanza di lavoro, della necessità di includere tutti e non lasciare indietro a nessuno. Certo sono pieni di incongruenze. Leggevo che Fico ha provato ad andare a piedi per Roma, con 50 uomini di scorta. Alla fine ha accettato di utilizzare l’auto blu, ma ha chiesto che venisse chiamata auto di servizio. In ogni caso sono convinto che sia necessario discutere con loro. Un altro giro di roulette elettorale, con questa stessa legge, non mi pare urina soluzione utile al Paese».

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Oggi inizia la discussione sulla legge Urbanistica. Come la valuta ora?

«Pigliaru ha detto che l’allegato 4 che rischiava di aumentare le volumetrie sul mare del 25 per cento e l’articolo 43 che era una specie di deroga al Ppr, non sono più sul tavolo. Credo che ci sia buona volontà di modificare le parti controverse della legge. Ora è importante che venga facilitata l’approvazione dei Puc. Se in 18 mesi si è riusciti ad approvare il Ppr, 12 bastano per un Puc. Credo che anche l’articolo 31 possa essere migliorato nella scrittura. Ma c’è anche un eccesso di regole nella legge che la rende difficilmente maneggiabile. Deve essere sfoltita per essere resa più comprensibile e utilizzabile. Ma ribadisco la necessità che una ottima legge urbanistica venga approvata. E vedo la buona volontà di Pigliaru».
 

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