La Nuova Sardegna

Sassari

Una fiaccolata nell’ora in cui scomparve Stefano

di Nadia Cossu

Nule, alle 21 corteo con il vescovo Melis. Il padre Marco: lo aspettiamo da 3 anni, nessuno lo dimentichi

07 maggio 2018
3 MINUTI DI LETTURA





NULE. Le ultime tracce di Stefano Masala si perdono alle 21 del 7 maggio di tre anni fa. È quella l’ora in cui il suo telefono smette di dare segnali, è quello il momento in cui, con molta probabilità, il giovane di Nule viene ucciso e fatto sparire nel nulla dai suoi assassini.

E oggi, 7 maggio 2018, alla stessa ora – le 21 – i coetanei di Stefano, i fedales del 1986, i familiari e tantissimi compaesani si ritroveranno davanti alla chiesa di Nostra Signora del Rimedio, all’ingresso di Nule, e accenderanno le fiaccole. Sarà molto più di un corteo, perché quello che si vuol fare stasera è soprattutto lanciare un messaggio importante: «Nessuno dimentichi Stefano». Che, tradotto, significa: non permettiamo che su questa terribile tragedia cali il silenzio. Nessuno, cioè, dimentichi che un padre aspetta da tre anni di poter seppellire il proprio figlio. Un figlio ucciso.

Sono stati proprio i giovani di Nule a organizzare la fiaccolata che dalle 21 in poi illuminerà le vie del paese. Una preghiera silenziosa alla quale parteciperà anche il vescovo di Ozieri Corrado Melis e il parroco don Mimmino Cossu. «Speriamo che almeno in questo modo, finalmente, si smuova qualche coscienza, e che qualcuno possa aiutarci a ritrovare il nostro Stefano». Sono le uniche parole che Marco Masala, il padre di Stefano, riesce a dire. Lo fa però con la stessa forza del primo giorno in cui ha iniziato a lanciare appelli, rivolti soprattutto ai due giovani accusati di aver ucciso suo figlio. Marco non ha mai pronunciato i nomi di Paolo Pinna (condannato in primo e in secondo grado a vent’anni di carcere dal tribunale per i minorenni di Sassari) e di Alberto Cubeddu (cugino del primo imputato e al momento anche lui in carcere e sotto processo nel tribunale di Nuoro), ma è chiaro che a loro si riferiva quando diceva: «Liberate le vostre coscienze, dite che fine avete fatto fare a mio figlio».

E anche se in tre anni non ha mai ricevuto una risposta a questa domanda, la speranza di Marco insieme alla sua forza e al suo coraggio, non si è mai affievolita. «Non smetteremo mai di cercarlo e finché la salute ce lo consentirà continueremo a fare il possibile per trovarlo».

L’appuntamento di oggi davanti alla chiesa del Rimedio, a due passi dalla casa dei Masala, sarà l’occasione per tenere vivo il ricordo di un ragazzo che, stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti e condivisa dai giudici che hanno condannato Pinna, è stato ingannato, usato e infine ucciso. Per raggiungere uno scopo terribile: ammazzare Gianluca Monni, lo studente orunese di 17 anni freddato con due fucilate l’8 maggio del 2015 e far ricadere sul povero Stefano ogni responsabilità. Attribuire, cioè, a un giovane mite, sempre disponibile, amato dai suoi amici, adorato dalla famiglia e incapace di fare del male a una mosca, la peggiore delle colpe: quella di aver ucciso.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative