La Nuova Sardegna

Sassari

Sanità in Sardegna, liste d’attesa da tagliare: al via la terapia d’urto

di Luigi Soriga
Sanità in Sardegna, liste d’attesa da tagliare: al via la terapia d’urto

Prescrizioni precise, precedenza alle urgenze, sanzioni a chi non si presenta. Per una mammografia bisogna attendere 255 giorni, per una ecografia all'addome 235, per una tac 127

11 maggio 2018
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SASSARI. C’è un modo rapido per tastare il polso alla sanità e verificarne lo stato di salute: chiamare il Cup, prenotare gli esami, e guardare il calendario. Senza considerare le urgenze, che vengono garantite in pochi giorni, prima che si liberi una mammografia (dati aprile Sassari) devono trascorrere 255 giorni. Per una ecografia addome 235. Visita oculistica 197. Per una tac invece bisogna pazientare 127 giorni, per una visita neurologica 121 e per una visita urologica 119. Insomma le liste di attesa sono un’eccellente radiografia della sanità. E la Sardegna non se la passa bene.

La delibera. Ecco perché la Regione il 17 aprile ha deciso di adottare una delibera che ha tutta l’aria di una terapia d’urto. Il titolo suona così: “Linee di indirizzo per la gestione delle Liste di attesa”. E assieme c’è un allegato che contiene tutte le azioni da intraprendere da adesso e per tutto il 2018. L’obiettivo è quello di riavvicinare le prestazioni agli standard di efficienza dettati dal Ministero: la sanità dovrebbe garantire il 90% delle visite richieste attraverso il Cup in 30 giorni. Invece gli esami strumentali (come tac, ecografie e risonanze) dovrebbero essere assicurati nell'arco di 2 mesi. Questo, naturalmente, nella sanità del paese delle meraviglie. Perché la realtà è fatta di numeri, di persone, di spese astronomiche, di inefficienze e di cattive gestioni. Mettere in campo più medici e più macchinari, in questa idrovora dell’assistenza pubblica sarda che solo nel 2017 ha registrato 12 milioni di prenotazioni per esami, visite, e analisi, sarebbe una scelta kamikaze: se aumenti l’offerta, automaticamente crescerebbe la domanda e le attese resterebbero uguali. Allora si interviene chirurgicamente sulle anomalie.

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Appuntamenti bucati. Ogni anno 700mila pazienti non si presentano agli appuntamenti. C’è chi prenota una colonscopia, conferma sino a tre giorni prima, ma la mattina non si presenta. E quando gli addetti del Cup l’indomani chiamano per sapere le ragioni dell’assenza, le risposte sono disarmanti: avevo paura, non me la sono sentita, non stavo bene, ho avuto un imprevisto. Ma 700mila assenze, moltiplicate per il costo medio di un esame, ovvero 100 euro, si trasformano in 70milioni di euro buttati al vento. In Lombardia, se non ti presenti alla visita prenotata, vieni depennato dal sistema sanitario. In altre regioni, come deterrente agli inaffidabili, c’è il pagamento obbligatorio del ticket anche per la prestazione prenotata e non erogata. Qui in Sardegna si sta studiando ancora quale provvedimento applicare.

Medici di base. Un’altra criticità che emerge è l’inappropriatezza degli esami prescritti. Esempio: le risonanze magnetiche sono accertamenti stra-abusati, e lo stesso vale per le colonscopie, il 60 per cento delle quali possono essere evitate. Succede che i medici, soprattutto quelli di base, prescrivono ai pazienti esami specialistici complessi e costosi che dovrebbero arrivare solo dopo altre visite. Cioè una risonanza dovrebbe essere preceduta da una visita ortopedica o da una ecografia. Quindi le nuove linee imporranno dei protocolli più rigidi per garantire l’appropriatezza degli esami prescritti. E i medici di base dovranno anche regolare gli accessi assegnando la priorità ai casi clinici più urgenti. Se un paziente ha un sospetto tumore, non può attendere per una tac quanto un altro paziente che la richiede per un controllo di routine. Se uno ha una cataratta e rischia di perdere l'occhio, non può aspettare quanto un altro che ha una brutta congiuntivite. Insomma non può valere la legge del chi chiama prima e le prenotazioni non possono finire in un unico calderone. Ai medici di base spetterà la scrematura: dovranno indicare nel ricettario, e poi direttamente nel sistema informatico con le prescrizioni elettroniche, le classi di priorità: urgente, breve, differito e programmato, e andranno evase rispettivamente in 3, 10, 30 giorni e via a scalare. Così gli operatori del Cup avranno un'indicazione precisa attraverso la quale catalogare e trattare la richiesta del paziente.

Medici specialisti. Tutte le ore contrattuali dei medici specialisti verranno inserite nella disponibilità del Cup. E saranno spalmate su due agende: la prima per le visite di primo accesso dei pazienti, la seconda agenda è per i successivi controlli. Prima, ad esempio, su 30 ore complessive 20 andavano a Cup, mentre dieci erano libere. L’approccio del manager Ats Fulvio Moirano sarà questo: se ti pago per 30 ore, ne fai 30. E se nella seconda agenda hai buchi, sposti le ore libere nella prima agenda, che invece è sempre satura.

I tempi. Infine c’è qualcosa che non torna nella velocità: perché lo stesso esame, effettuato con macchinari identici, in un ospedale viene eseguito in 15 minuti, mentre in un’altra Asl necessita di oltre mezz’ora? La Regione cercherà di predisporre una sorta di tempistica per ogni prestazione. E lo farà sentendo medici e sindacati per approntare una regolamentazione condivisa. E la collaborazione di tutti i protagonisti della sanità, dal medico di base sino all’ultimo anello della catena, è la condizione perché questa difficile rivoluzione possa andare in porto.

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