La Nuova Sardegna

Sassari

Nessun piano di vendetta, militari assolti

di Nadia Cossu
Nessun piano di vendetta, militari assolti

Per la Procura un luogotenente finì nel mirino dei colleghi che vennero poi accusati di “istigazione a commettere un reato” 

23 maggio 2018
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SASSARI. Assolti dal giudice perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Ieri mattina la sentenza del giudice Michele Contini ha chiuso uno dei capitoli della vicenda che portò in tribunale sette carabinieri. A tutti era contestato il reato previsto dall’articolo 115 del codice penale, ossia “l’accordo per commettere un reato”. Per dirla in termini comprensibili anche a chi è digiuno di giurisprudenza si tratterebbe di un “quasi reato” perché non si arriva a commetterlo, non lo si consuma, e proprio per questo motivo non è punibile.

L’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu era scattata in seguito a un episodio che si era verificato a ottobre del 2014 fuori da un bar di Pozzomaggiore, davanti a tantissime persone. Un uomo (Michele Chessa, 45 anni) sarebbe stato prima fermato da una pattuglia, poi strattonato, ammanettato e colpito con un pugno da un carabiniere. Il tutto davanti a testimoni che erano addirittura intervenuti in gruppo per difendere Chessa.

Tra le persone che avevano assistito alla scena c’era anche il maresciallo Giuseppe Saiu, compaesano della vittima, che quella sera non era al lavoro. E fu proprio lui a scrivere in una dettagliata relazione di servizio come erano andate le cose, smentendo clamorosamente il rapporto redatto dai due militari – il maresciallo Luca Porceddu e l’appuntato Fabio Antioco Casula, della compagnia di Bonorva – che raccontavano di aver arrestato Chessa per resistenza a pubblico ufficiale. «Volevamo portarlo in caserma per identificarlo ma lui rifiutava di seguirci – era stata in sintesi la tesi dei militari – L’appuntato ha colpito senza volerlo il soggetto, che si divincolava, causandogli inavvertitamente un taglio con l’anello che portava all’anulare». Diversa era stata invece la ricostruzione dei fatti del maresciallo Saiu secondo cui quella sera non ci fu alcuna colluttazione e i suoi due colleghi tentarono casomai di fare un arresto arbitrario.

Porceddu e Casula finirono sotto inchiesta per “accordo per commettere un reato”, sequestro di persona (ai danni di Chessa) e falsità ideologica. A Casula il pm aveva contestato anche le lesioni aggravate.

Solo di “istigazione e accordo” dovevano invece rispondere altri cinque colleghi: Luca Gabelloni, Luca De Renzi, Leonardo Salaris, Fabrizio Leone e Antonio Galia, tutti all’epoca in servizio nella compagnia di Bonorva e nella stazione di Mores. Parlando infatti al telefono del “traditore” (Saiu ndc) i militari – secondo la ricostruzione del pm basata sulle intercettazioni – avrebbero progettato vendetta nei confronti del maresciallo Saiu, dei suoi familiari e di quei cittadini che avevano contribuito a far incriminare Porceddu e Casula.

Nell’udienza dello scorso aprile era stato discusso il rito abbreviato con il quale i sette militari avevano chiesto di essere processati per quanto riguardava l’accusa prevista dall’articolo 115. Il pm Porcheddu aveva riconosciuto che ci fosse stato un “accordo” tra colleghi ma allo stesso tempo la Procura aveva ritenuto che non ci fosse la pericolosità sociale degli imputati per cui non aveva chiesto l’applicazione di misure di sicurezza (come la libertà vigilata). Il pubblico ministero aveva quindi concluso per il “non doversi procedere” proprio perché l’ipotesi non costituisce reato. Aveva invece sollecitato il rinvio a giudizio per Porceddu e Casula ai quali sono contestati i più gravi reati di sequestro di persona, lesioni e falsità ideologica. E ieri il giudice ha accordato la richiesta. Entrambi avevano scelto di seguire il rito ordinario e il processo comincerà a novembre.

«Questa sentenza – ha commentato l’avvocato Edoardo Morette, difensore di Gabelloni insieme al collega Alberto Oggiano – rappresenta la fine di un incubo e la riabilitazione di una persona dalla carriera specchiata». Nel collegio difensivo anche Agostinangelo Marras (per Porceddu, Casula, Leone e Salaris), Gianluca D’Alò (per De Renzi) e Marco Enrico (per Galia).

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