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Omicidio Nieddu, in abbreviato il pm chiede l’ergastolo per Antonio Baltolu

di Nadia Cossu

SASSARI. Carcere a vita per aver ucciso un compaesano con due colpi di pistola al termine di una lite che, ha sottolineato ieri mattina il pm Cristina Carunchio, era scaturita «da futili motivi»....

01 giugno 2018
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SASSARI. Carcere a vita per aver ucciso un compaesano con due colpi di pistola al termine di una lite che, ha sottolineato ieri mattina il pm Cristina Carunchio, era scaturita «da futili motivi». Aspetto, quest’ultimo, tra quelli evidenziati per motivare la richiesta della condanna all’ergastolo per Antonio Baltolu, l’operaio di 27 anni di Alà dei Sardi accusato dell’omicidio di Pietro Nieddu, di 47 anni.

La lite nel bar del paese, per il sostituto procuratore Cristina Carunchio fu solo un pretesto, uno schiaffo che la vittima diede a Baltolu dopo esser stato provocato da quest’ultimo. Ergastolo senza attenuanti generiche perché, ha ritenuto la Procura, lo stato di incensuratezza dell’imputato (che ha diversi precedenti di polizia) non è sufficiente perché vengano concesse.

Nel processo che si sta celebrando con rito abbreviato la Carunchio ha ricostruito ciò che avvenne il 9 luglio dell’anno scorso ad Alà. Due gli episodi sui quali si sofferma: il primo è la lite successiva a una partita a braccio di ferro con conseguente schiaffo, il secondo è l’omicidio. Dopo quella prima discussione, secondo il pm, Baltolu andò a casa a prendere l’arma e mettere in atto il suo piano. Quattro secondi esatti per entrare nel bar, puntare la pistola contro Nieddu, premere il grilletto e uscire dal locale. Quattro secondi riportati nella sequenza di immagini registrate da una telecamera. «Como toccami» (adesso toccami) avrebbe detto Baltolu alla vittima prima di sparargli addosso e ucciderlo.

La Carunchio è partita da una richiesta di condanna di 24 anni ai quali ha aggiunto quelli previsti per gli altri reati connessi, ossia la ricettazione e il porto di un’arma clandestina, considerato che la pistola aveva la matricola cancellata. Al termine della requisitoria il sostituto procuratore ha voluto in qualche modo restituire onore alla vittima «la cui figura non può essere ricondotta a quella di un uomo violento e di un provocatore» e per questo motivo ha più volte ricordato come Pietro Nieddu fosse conosciuto da tutti in paese come «il gigante buono».

A nulla è servito, nell’ottica dell’accusa, il fatto che l’omicida si fosse consegnato poche ore dopo il delitto ammettendo la propria responsabilità e anzi ha avuto da ridire, il pubblico ministero, sull’atteggiamento processuale tenuto da Baltolu. «Non volevo ucciderlo» le poche parole pronunciate ieri dall’imputato davanti al giudice. La Carunchio fin dall’inizio aveva escluso la premeditazione ma era sempre rimasta in piedi l’aggravante dei futili motivi.

Tutto era successo intorno alle tre del mattino di fronte al bar del paese, in piazza del Popolo. Il locale a quell’ora stava per chiudere e tra i due compaesani era cominciata una animata discussione che era poi degenerata in una tragedia senza che nessuna delle persone presenti nelle vicinanze avesse il tempo di intervenire.

Il 31 luglio la parola passa all’avvocato di parte civile Sebastiano Chironi e ai difensori di Baltolu: gli avvocati Lorenzo Galisai e Sergio Milia.

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