La Nuova Sardegna

Sassari

Carenze al Segni, le Rsu all’Ats: «Serve chiarezza»

di Barbara Mastino
Carenze al Segni, le Rsu all’Ats: «Serve chiarezza»

Ozieri, i rappresentanti dei lavoratori dell’ospedale temono il declassamento  Mancano medici nei vari reparti e ora è un problema anche la manutenzione

07 giugno 2018
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OZIERI. Anche le Rsu dei lavoratori dell’ospedale Segni si uniscono al coro di perplessità sollevatosi nei giorni scorsi in merito ai disservizi esistenti nel Segni. I neo-eletti Toto Terrosu, Giuliana Becugna, Lia Saba, Marco Cappai e Massimo Ghelfi (tutti Cgil), forti anche del vastissimo consenso ottenuto tra i lavoratori dell’ospedale e dei distretti del Logudoro e del Goceano, si rivolgono quindi alla direzione Ats, definendosi «tutt’altro che tranquillizzati dalle parole dei nostri direttori» che, come si ricorderà, avevano escluso ogni ipotesi di ridimensionamento in negativo dei servizi dell’ospedale e del distretto.

«Esprimiamo la nostra preoccupazione - dicono le Rsu - in quanto anni di promesse e progetti di potenziamento e implementazione hanno avuto riscontri diametralmente opposti.

In qualità di Rsu neoeletti - aggiungono - possiamo dire di avere il reale polso della situazione in quanto quotidianamente raccogliamo le segnalazioni degli operatori di tutte le strutture presenti nel presidio e nel territorio.

I reparti dell’ospedale “Antonio Segni” soffrono di una carenza di personale che ostacola anche le prestazioni essenziali: Medicina aspetta un cardiologo da mesi, infermieri e Oss sono insufficienti in quasi tutti i reparti e servizi, unità coma la Radiologia sono costrette e a ridurre il numero delle prestazioni erogate.

L’attenzione che si aveva in passato per la manutenzione delle strutture è ormai un vago ricordo». Problemi simili si riscontrano nel territorio, come «lo stillicidio di medici specialisti» (mai sostituiti urologo, odontoiatra e oculista nel Poliambulatorio di Bono, per esempio): situazione che crea pesanti disagi alle popolazioni del Goceano «che restano in attesa di una utopistica Casa della Salute di cui si parla da anni ma che non vede mai la nascita».

I vertici di Ats escludono categoricamente la parola “declassamento”, ma secondo i rappresentanti sindacali la percezione degli operatori e della cittadinanza è ben diversa.

«Se questi sono gli strumenti a disposizione - è la conclusione - a poco o nulla servono l’impegno e l’ostinazione degli operatori che si prodigano per dare un servizio quanto più possibile rispondente alle necessità dell’utenza, tanto più se il tutto viene inquadrato in quel famoso contesto di “monitoraggio” per la conferma della classificazione di primo livello».

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