La Nuova Sardegna

Sassari

parla l’inventore della tramvia 

«Sirio, l’unico modo per salvarla è quello di tornare al passato»

di Giovanni Bua
«Sirio, l’unico modo per salvarla è quello di tornare al passato»

SASSARI. «La metropolitana di superficie? L’unica sua speranza per il futuro è quella di tornare al passato. Al tracciato e soprattutto alla filosofia originaria, che si basava sulla reale...

08 giugno 2018
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SASSARI. «La metropolitana di superficie? L’unica sua speranza per il futuro è quella di tornare al passato. Al tracciato e soprattutto alla filosofia originaria, che si basava sulla reale integrazione tra la linea ferroviaria esistente e un mezzo che ci potesse viaggiare sopra. Un tram-treno che utilizzasse i binari per muoversi da un polo all’altro dell’area vasta, penetrando nel cuore delle città e integrando i quartieri periferici». Parole di Giuseppe Fiori, l’ingegnere che “Sirio” l’ha inventata, e messa dentro un progetto nel 1994 grazie al quale il Comune di Sassari potè accedere l’anno successivo a 37 miliardi di fondi europei per realizzare il primo lotto, mai completato. Ribadendone le linee guida nel corposo Piano urbano della mobilità dell’area vasta, da lui redatto nel 2007 e approvato l’anno successivo dal Comune. Linee affermate dalla stessa Regione nel piano di sviluppo 2007-2013.

«Il punto è semplice quanto, per l’epoca, rivoluzionario – spiega Fiori –. Una città come Sassari ha cinque accessi ferroviari. E solo il 4 per cento della mobilità avviene attraverso treno. Inoltre questi binari creano una barriera tra le periferie cittadine, rendendo impossibile la comunicazione tra loro. Qui arriva il tram-treno. Che io avevo visto in opera nelle principali città europee quando ho scritto il piano della mobilità. Si usano i binari del treno per far circolare un tram. Si libera la città dai vincoli urbanistici e di sicurezza che tali binari impongono, perché una tramvia risponde al codice della strada e non ai regolamenti ferroviari, ed è avvicinabile, attraversabile, permeabile. E si utilizza questa struttura, che valorizza l’esistente, per collegare il centro dei servizi agli altri poli dell’area vasta, e poi al porto e all’aeroporto. Questa è la tramvia territoriale che abbiamo immaginato».

Su come questo “richiamo” al passato si possa inserire nel dibattito di questi giorni sul secondo lotto di Sirio, Fiori non ha dubbi: «Quando è stato fatto l’appalto del primo lotto l’impresa ha progettato tutto il tratto fino a via Pirandello, utilizzando parte della ferrovia Sassari-Sorso, andando verso Sant’Orsola Nord e risalendo sulla Buddi Buddi per ricollegarsi alla linea di Tempio e chiudere l’anello. I soldi poi non sono bastati, ma il progetto, definitivo, è stato fatto dall’impresa e pagato. Abbraccia completamente tre quartieri e collega decine di migliaia di persone. Il primo passo deve essere completare quel progetto».

Ma non basta: «Il vero problema è che il secondo lotto esce da Santa Maria di Pisa, la attraversa marginalmente, parallelamente al binario esistente, per poi fare un costoso e inutile viadotto con cui scavalcare la ferrovia stessa, e rimettersi a terra. Due chilometri di linea da costruire ex novo. Si mette giù cemento e ferro, con un enorme impatto ambientale ed economico, per creare due strutture distinte, che non risolvono i problemi di comunicazione della città. Eppure la soluzione è semplice, veloce e, di fatto, più economica. Basta elettrificare la linea ferroviaria Sassari-Sorso, costo 8 milioni, e far marciare Sirio lì sopra con tutti gli evidenti vantaggi che ne derivano in termini di utenza servita e di accessibilità allargata al centro di Sassari da parte del territorio. Se davvero non si è nemmeno partiti a progettare il lotto due è il momento giusto per chiedersi perché ci si è tanto discostati dalla filosofia che stava dietro alla tramvia, che la città ha deciso già nel 1995 in un’assemblea pubblica. C’è un progetto già pronto e pagato. Una linea da elettrificare. Un futuro da disegnare che non può essere dettato da enti strumentali come Arst e meno che mai da FdS. Il compito di decidere è esclusivamente del Comune. Se un’opera è sbagliata non va fatta. Il tempo per parlarne c’è. Ed è l’ultima occasione che ci rimane».



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