Supermercati, Rinaldo Carta si riprende il suo “impero”
di Luigi Soriga
Parla il patron di Cobec che ha rilevato quote e 14 punti vendita: «È un azzardo, ma si può vincere»
09 giugno 2018
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SASSARI. Le serrande dei negozi Sigma sono sollevate, e i market continuano a lavorare. Ordinaria amministrazione, scaffali alquanto sguarniti, ma più che aria di dismissione si respira clima di attesa. Il futuro dei 14 punti vendita e dei loro 124 dipendenti dal 4 giugno è nelle mani di Rinaldo Carta e dei sindacati. Infatti il patron di Cobec ha deciso di riacquisire le quote cedute a Supermercati Europa Sardegna (Ses), dopo che questi ultimi avevano deciso di chiudere le attività a Sassari e licenziare tutto il personale.
«Avevo il diritto di prelazione – spiega Rinaldo Carta – sapere che tutto ciò che avevo costruito negli anni fosse destinato a sparire definitivamente, e che 124 persone perdessero il lavoro, per me era un colpo al cuore. Quindi proverò a riprendere in mano le attività».
Il mercato concede spazi?
«Il momento è delicatissimo. Gli indicatori sociali suggerirebbero la massima cautela: Sassari è una delle piazze più difficili per il commercio, e le recentissime chiusure nella grossa distribuzione ne sono una prova. C’è disoccupazione, reddito basso e un’offerta smisurata di supermercati. Quindi il mio è sicuramente un azzardo. Però mi confortano i risultati a Cortesantamaria e negli altri 5 punti vendita Sigma che ho già rilevato da un anno. I fatturati sono in netta crescita».
Perché allora gli affari per Europa Sardegna sono colati a picco?
«Scelte commerciali sbagliate, promozioni non efficaci. Se non attui una politica di vendita calibrata sul territorio, puoi anche applicare i contratti di prossimità e tagliare i costi di lavoro, ma non riuscirai comunque a evitare i passivi. Se tutto andrà per il verso giusto, se avrò l’ok dei sindacati e potrò ripartire, la prima cosa sarà rilanciare le attività con un migliore assortimento, promozioni più mirate, prodotti locali, e scelta di altri fornitori».
Nei giorni scorsi ha incontrato i sindacati. Cosa ha prospettato?
«Ho delineato lo scenario difficile e li ho messi di fronte alle possibilità che si prospettavano. Personalmente ho diverse opzioni. La prima è la più comoda: continuo a incassare l’affitto per cinque anni dalla Ses, come da contratto, e si chiude tutto. Io gestisco i miei sei supermercati e magari mi godo la pensione. La seconda idea è questa: tutti i dipendenti vengono licenziati, dopo sei mesi riaprono solo i negozi produttivi, e si fanno nuove assunzioni molto più convenienti. C’è anche una terza possibilità: chiudiamo solo i cinque o sei punti vendita meno produttivi e licenziamo i dipendenti che ci lavoravano. Oppure, e questa è la quarta opzione, applichiamo il regime di solidarietà. Tenete presente che la Ses di fatto ha applicato i contratti di prossimità, imponendo già la peggiore condizione salariale possibile. Infine c’è la proposta che ho messo sul tavolo e che adesso i sindacati e le assemblee dovranno valutare: ho chiesto ai dipendenti una serie di sacrifici sul profilo dei livelli di inquadramento e sulla tempistica di pagamento. Il tesoretto risparmiato verrebbe subito investito dall’azienda per sistemare i danni ai locali, e la liquidità versata con un mese di ritardo servirebbe per lanciare delle proposte commerciali forti ».
Cosa risponde a chi legge, in questo passaggio di consegne, un’operazione architettata ad hoc per avere i dipendenti con le spalle al muro?
«Io gli sputerei in faccia, perché una malignità simile è inaccettabile. Ho dei contenziosi legali con Ses, lo sanno bene i miei avvocati. Sono amareggiato per come è stata gestita l’azienda che ho creato. Mi chiedo: che strategia può essere, che logica c’è nel distruggere l’immagine di un’azienda solo per poter ricattare i lavoratori? È pazzesco solo ipotizzarlo. E anche dimostrare con i fatti che non c’è nulla di premeditato per me sarebbe semplicissimo: mi basta lasciare perdere tutto, e far chiudere i 14 negozi».
«Avevo il diritto di prelazione – spiega Rinaldo Carta – sapere che tutto ciò che avevo costruito negli anni fosse destinato a sparire definitivamente, e che 124 persone perdessero il lavoro, per me era un colpo al cuore. Quindi proverò a riprendere in mano le attività».
Il mercato concede spazi?
«Il momento è delicatissimo. Gli indicatori sociali suggerirebbero la massima cautela: Sassari è una delle piazze più difficili per il commercio, e le recentissime chiusure nella grossa distribuzione ne sono una prova. C’è disoccupazione, reddito basso e un’offerta smisurata di supermercati. Quindi il mio è sicuramente un azzardo. Però mi confortano i risultati a Cortesantamaria e negli altri 5 punti vendita Sigma che ho già rilevato da un anno. I fatturati sono in netta crescita».
Perché allora gli affari per Europa Sardegna sono colati a picco?
«Scelte commerciali sbagliate, promozioni non efficaci. Se non attui una politica di vendita calibrata sul territorio, puoi anche applicare i contratti di prossimità e tagliare i costi di lavoro, ma non riuscirai comunque a evitare i passivi. Se tutto andrà per il verso giusto, se avrò l’ok dei sindacati e potrò ripartire, la prima cosa sarà rilanciare le attività con un migliore assortimento, promozioni più mirate, prodotti locali, e scelta di altri fornitori».
Nei giorni scorsi ha incontrato i sindacati. Cosa ha prospettato?
«Ho delineato lo scenario difficile e li ho messi di fronte alle possibilità che si prospettavano. Personalmente ho diverse opzioni. La prima è la più comoda: continuo a incassare l’affitto per cinque anni dalla Ses, come da contratto, e si chiude tutto. Io gestisco i miei sei supermercati e magari mi godo la pensione. La seconda idea è questa: tutti i dipendenti vengono licenziati, dopo sei mesi riaprono solo i negozi produttivi, e si fanno nuove assunzioni molto più convenienti. C’è anche una terza possibilità: chiudiamo solo i cinque o sei punti vendita meno produttivi e licenziamo i dipendenti che ci lavoravano. Oppure, e questa è la quarta opzione, applichiamo il regime di solidarietà. Tenete presente che la Ses di fatto ha applicato i contratti di prossimità, imponendo già la peggiore condizione salariale possibile. Infine c’è la proposta che ho messo sul tavolo e che adesso i sindacati e le assemblee dovranno valutare: ho chiesto ai dipendenti una serie di sacrifici sul profilo dei livelli di inquadramento e sulla tempistica di pagamento. Il tesoretto risparmiato verrebbe subito investito dall’azienda per sistemare i danni ai locali, e la liquidità versata con un mese di ritardo servirebbe per lanciare delle proposte commerciali forti ».
Cosa risponde a chi legge, in questo passaggio di consegne, un’operazione architettata ad hoc per avere i dipendenti con le spalle al muro?
«Io gli sputerei in faccia, perché una malignità simile è inaccettabile. Ho dei contenziosi legali con Ses, lo sanno bene i miei avvocati. Sono amareggiato per come è stata gestita l’azienda che ho creato. Mi chiedo: che strategia può essere, che logica c’è nel distruggere l’immagine di un’azienda solo per poter ricattare i lavoratori? È pazzesco solo ipotizzarlo. E anche dimostrare con i fatti che non c’è nulla di premeditato per me sarebbe semplicissimo: mi basta lasciare perdere tutto, e far chiudere i 14 negozi».