La Nuova Sardegna

Sassari

Policlinico sassarese al Gruppo Rusconi

di Paoletta Farina
Policlinico sassarese al Gruppo Rusconi

La clinica in crisi ceduta in affitto a imprenditori lombardi. Piero Bua: «Ottenute garanzie su occupazione e rilancio»  

10 giugno 2018
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SASSARI. Quasi cento anni di vita e un futuro da scrivere sempre nel solco dell’assistenza sanitaria. La gestione del Policlinico Sassarese passa di mano e viene ceduta con la formula dell’affitto di azienda a imprenditori lombardi leader nel settore della sanità privata.

Era da un anno che si rincorrevano voci su una possibile vendita della clinica privata di viale Italia, 160 dipendenti, una sessantina di collaboratori medici e punto fermo dell’assistenza sanitaria in città. Ora i rumors si possono fermare: tra il Policlinico sassarese spa e il gruppo guidato dalla famiglia Rusconi di Bergamo sarebbe già stato firmato un preliminare ed è questione di giorni la sigla definitiva del contratto. Una svolta epocale per la prima casa di cura privata sorta in Sardegna – era il lontano 1925 – con 92 azionisti eredi dei fondatori e che si è ritrovata a gestire negli ultimi tempi una difficile crisi legata soprattutto ai tagli regionali nella sanità convenzionata. Stipendi pagati in ritardo, debiti “atavici” con professionisti e fornitori, come li ha definiti lo stesso staff dirigenziale nell’incontro avuto nei giorni scorsi con il personale al quale è stato annunciato il buon esito delle trattative in corso e assicurati la continuità aziendale e il mantenimento dei livelli occupazionali. Il gruppo bergamasco porterà denaro fresco consentendo di porre fine alla situazione debitoria prima che precipitasse e a rilanciare la struttura ospedaliera.

Piero Bua, presidente del consiglio di amministrazione della società, conferma il passaggio di testimone (senza fare il nome dei nuovi “ inquilini”, avvistati però nei palazzi della politica) e un po’ ci scherza: «Sono qui dal 1964, ora avrò pure il diritto di riposarmi anche se resto a disposizione». A ottant’anni, età della pensione per i più, ha comunque spianato la strada affinché il Policlinico potesse continuare a esistere. Quando i conti non tornano, bisogna avere il coraggio di trovare soluzioni. «In questi ultimi anni i budget regionali sempre più risicati, e a volte politicamente iniqui, non hanno agevolato lo sviluppo e gli adeguamenti tecnologici e strutturali necessari – spiega il presidente del cda –. A questo si sono aggiunte le difficoltà diventate ormai insostenibili con un sistema del credito a dir poco indifferente al punto da revocare gli affidamenti senza valutare le conseguenze che ciò avrebbe comportato, come è avvenuto con il pagamento dell’ultima retribuzione ai dipendenti».

Il Policlinico si è quindi ritrovato a non poter più reggere con le proprie risorse, nonostante un fatturato annuale di 12 milioni di euro, la gestione della clinica. «L’evoluzione del sistema sanitario, con tutte le riforme che si sono succedute, – sottolinea Bua – ma anche quelle sociali ed economiche ci hanno messo di fronte a un’altra realtà. Abbiamo fatto sforzi immani, ma alla fine abbiamo preso atto che dovevamo prendere decisioni. Decisioni che hanno visto la partecipazione e la vicinanza dell’assessorato regionale alla Sanità e del sindaco Nicola Sanna».

Così si è cominciato a sondare il mercato dei principali competitor della sanità privata che operano nel territorio nazionale – prosegue Piero Bua – . Non ci sono mancate le offerte, ma noi chiedevamo garanzie che sono mancate. E quindi le abbiamo scartate. Era imprescindibile, per noi, avere certezze sull’occupazione dei dipendenti e su un progetto di riqualificazione e rilancio con un piano industriale che consolidasse l’attuale offerta di servizi sanitari e ne prevedesse di nuovi». Garanzie arrivate evidentemente dal Gruppo Rusconi che in Lombardia gestisce grossi centri di riabilitazione e poliambulatori e fornisce assistenza domiciliare per conto della Regione lombarda. In dote ai “locatari” il Policlinico porta reparti e servizi di livello, una convenzione già approvata con l’Ats per 15 posti di cardioriabilitazione e l’hospice per i malati terminali. E una storia, appunto, quasi centenaria.

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