La Nuova Sardegna

Sassari

Ozieri, Alghero, Tempio: la mannaia dell’Inps riprende a roteare

Giovanni Bua
Ozieri, Alghero, Tempio: la mannaia dell’Inps riprende a roteare

Torna operativo il piano di razionalizzazione delle sedi bloccato nel 2017

20 giugno 2018
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SASSARI. La mannaia dell’Inps, messa a riposo sotto elezioni, ha ripreso a roteare sopra le sedi distaccate di tutta Italia. Il presidente Tito Boeri ha infatti rimesso in moto il piano di “razionalizzazione della struttura delle agenzie territoriali”, sospeso all’inizio dell’anno, con una determina datata 18 maggio. E 18 delle 26 sedi regionali, che non rispettano i discutibili parametri decisi nel piano nazionale, sono più che a rischio. L’ente, che pure eroga pensioni agli anziani, assegni di invalidità, redditi di inclusione, oltre a circa 400 altri servizi, considera poco produttive le agenzie con un bacino di utenza di meno di 60mila abitanti e meno di 10 dipendenti. Numeri che, calati nel nord dell’Isola, vorrebbe dire porte chiuse nelle sedi di Alghero, Ozieri e Tempio. Il loro destino sarebbe quello di trasformarsi in “punti Inps”, una sorta di sportello d’ascolto a operatività ridotta o meglio, come lo definisce l’Inps nella sua «proposta per un’evoluzione del ruolo dell’agenzia», a «operatività differenziata».

A rilanciare l’allarme, che già aveva agitato i sonni di tutta l’isola alla fine del 2017, Alberto Farina, dal 2014 presidente della commissione provinciale dell’istituto previdenziale in rappresentanza dei lavoratori dipendenti, e la sua vice Fiammetta Sanna, della Confindustria Nord Sardegna, in rappresentanza dei datori di lavoro. La commissione è in scadenza, verrà rinnovata i primi di luglio, e il più importante passaggio di consegne riguarda proprio la difesa delle sedi decentrate: «Che – sottolineano i due – sarebbero chiuse in barba alle distanze, la qualità delle strade, la composizione della popolazione, il disagio sociale di intere comunità, per cui questi pezzi di uno Stato che vuol fuggire via spesso sono gli unici rimasti».

Un piano che la Sardegna aveva già rimandato al mittente, ma che ora sembra avere imboccato una via senza ritorno: «Non possiamo smantellare i presidi nel territorio – sottolineano Farina e Sanna – anche per il tipo di servizio che un ente come l’Inps eroga. Parliamo di pensioni, di reddito d’inclusione, di sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Persone che, più di altre, hanno bisogno di prossimità. Mi preoccupano soprattutto i territori del Goceano e dell’Anglona, che pagano un arretramento generale dello Stato. E che avrebbero oggettive difficoltà a fare riferimento alla sede di Sassari. C’è inoltre da sottolineare che il comitato provinciale di Sassari si è reso parte attiva in questi anni per ridurre i costi delle locazioni. E, grazie alla collaborazione delle amministrazioni locali, questi sono già nulli ad Alghero e Tempio. I risparmi insomma, minimi, avrebbero costi insostenibili. E non solo sociali. Basti pensare alla pressione a cui sarebbe sottoposta la sede di Sassari, che già deve fare i conti con importanti tagli di organico».

Difficile capire quali siano i margini di manovra. Già altre volte, in virtù delle problematiche di un territorio preda dello spopolamento e dei deficit infrastrutturali, si è riusciti a bloccare i declassamenti delle agenzie in punti di ascolto. Ma questa volta Inps e ministero sembrano fare sul serio.

«Siamo arrivati – spiegano Farina e Sanna – a un livello esecutivo che non fa prevedere retromarce. Da parte nostra, con i sindaci di Alghero, Ozieri e Tempio, abbiamo manifestato tutta la nostra contrarietà in tutte le sedi possibili. E siamo pronti a ogni iniziativa, che allargheremo a tutta l’Isola. La Sardegna non è il Piemonte o la Lombardia. E parlare di digitalizzazione dei servizi e operazioni in remoto non tiene conto della situazione attuale, e delle fasce di utenza che nell’Inps hanno un fondamentale punto di riferimento».

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