La Nuova Sardegna

Sassari

Avvelenato dai funghi raccolti a bordo piscina

Luigi Soriga
Avvelenato dai funghi raccolti a bordo piscina

Il custode di una villa di Porto Cervo tradito dai “sosia” della mazza di tamburo. L’uomo li ha cotti alla griglia ed è finito all’ospedale di Sassari con una grave intossicazione 

24 giugno 2018
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SASSARI. Con i capricci del clima e un’estate schizofrenica fatta di sole e pioggia, capita che i funghi spuntino anche sotto gli ombrelloni. E che l’ispettorato micologico di Sassari, invece di godersi qualche mese di riposo, debba continuare a salvare la vita a cercatori non troppo esperti.

Funghi nel prato inglese. L’ultimo caso è accaduto venerdì. Un custode di una villa di Porto Cervo, mezza età, stava svolgendo la solita manutenzione del prato. E mentre passava il rasaerba, nei pressi del bordo piscina si è imbattuto in una bella sorpresa: un mazzo di funghi spuntati in mezzo al verde. Insomma, il classico pranzetto che sboccia a chilometro zero. L’uomo non ha dubbi: è l’inconfondibile “mazza di tamburo”, un grande classico per i cercatori della domenica. Forma e caratteristiche inconfondibili, non c’è da sbagliare. Il custode scatta una foto dell’inaspettato bottino, prende il coltello, taglia, apre la busta e la riempie.

Cottura alla griglia. Dopodiché qualche ora più tardi accende il barbecue, condisce con aglio e prezzemolo, e il contorno del pranzo è pronto. Ma nel pomeriggio, durante il viaggio di rientro in auto, compaiono i sintomi dell’intossicazione. Nausea, dolori e crampi all’addome, vomito e diarrea. L’uomo capisce di aver mangiato un fungo velenoso e va dritto al pronto soccorso. E i sanitari del Santissima Annunziata, appena visitato il paziente, si rivolgono all’ispettorato micologico di via Rizzeddu.

La foto salvavita. Ai tecnici è bastato vedere le foto scattate dal custode, per riconoscere uno degli inciampi più comuni dei cercatori di funghi: scambiare la Macrolepiota procera (la mazza di tamburo) con il ben più tossico Chlorophyllum rachodes. Un fungo che cucinato bene e mangiato in piccole quantità potrebbe limitare gli effetti a banalissimi fastidi intestinali, ma passato frettolosamente alla griglia diventa devastante. E infatti per il paziente è stato necessario il ricovero in ospedale.

I funghi sosia. Purtroppo per un occhio non esperto è facile cadere in errore. La mazza di tamburo e il rachodel sono davvero simili a uno sguardo frettoloso. Ma ci sono degli accorgimenti per permettono di distinguerli con assoluta precisione. La mazza di tamburo ha il gambo di colore bruno, con delle caratteristiche zebrature che da sotto l’anello arrivano fino al bulbo; al tatto perciò non è liscio, ma risulta zigrinato. Inoltre quando si pratica un taglio, la carne resta bianca e non cambia colore. Invece il Chlorophyllum rachodes, all’apparenza molto simile per grandezza e colore, ha il gambo biancastro liscio senza zebrature. Inoltre al taglio vira immediatamente al rosso o all’arancio-carota e dopo qualche minuto al rosso-bruno.

L’Ispettorato. Ma se ci dovessero essere dei dubbi, invece di rischiare un terribile mal di pancia o addirittura la lavanda gastrica, si può evitare ogni possibile intossicazione rivolgendosi all’Ispettorato micologico. La consulenza dei tecnici è del tutto gratuita, e il servizio è rivolto a tutti i raccoglitori, indipendentemente dalla residenza e dalla località di raccolta. La quantità massima consentita è di tre chili al giorno. Dopo l’esame gli ispettori rilasciano una certificazione corredata da eventuali divieti o avvertenze per il consumo. La sede è quella del dipartimento di prevenzione in via Rizzeddu numero 21 B, Palazzina F. E i recapiti telefonici, anche per consigli a distanza, sono 348-5455906 e 079-2062889.

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