La Nuova Sardegna

Sassari

Biancareddu abbandonato «Le aiuole le puliamo noi»

di Luigi Soriga
Biancareddu abbandonato «Le aiuole le puliamo noi»

La lezione dei residenti: «Non contiamo sul Comune, per le erbacce c’è il fai da te» Nella borgata manca qualunque servizio essenziale: niente medici, adsl, market

04 luglio 2018
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SASSARI. Chi vive a Biancareddu ha reciso il cordone ombelicale con la città e i suoi comfort. Novanta anime nel deserto urbano. Non esiste un servizio essenziale che sia uno: niente farmacie, niente market, non un medico, per non parlare di edicole, pizzerie, bar. Anche Google e Tom Tom ogni tanto si perdono in questa landa dimenticata da Dio e soprattutto dagli amministratori. Le ambulanze, giusto per fare un esempio, talvolta non riescono a raggiungere con precisione le richieste di soccorso, perché il navigatore si arrende davanti a indirizzi sconosciuti. Internet veloce è un miraggio, la fibra meno che mai, l’Adsl non funziona e spesso va a singhiozzo anche la linea telefonica.

L’ultima volta che i residenti hanno chiesto una mano al Comune risale ad aprile. Non esiste un parco, e naturalmente per i quattro bambini in età scolare di altalene o scivoli nemmeno a parlarne. Però c’è uno spicchio di verde con un due panchine, che per gli anziani di Biancareddu è un lusso sfrenato. Possono permettersi addirittura di uscire dopo il tramonto, godersi un po’ fresco, e scambiare quattro chiacchiere fuori dalle mura di casa. Ma l’abbondanza di piogge e la totale assenza di operai con decespugliatore hanno trasformato quelle aiuole in una giugla impenetrabile. Ecco perché gli abitanti, a più riprese, si erano rivolti agli uffici di Palazzo Ducale. «Abbiamo chiesto che fosse inviata una squadra di operai che ripulisse le aiuole dalle erbacce. In modo che le uniche zone accoglienti della borgata potessero essere utilizzate. Era impossibile anche passeggiare sui marciapiedi».

Ma il Comune ha preso tempo, e da aprile si arriva a giugno. Continuano le piogge e la vegetazione cresce ancora rigogliosa. A questo punto i residenti hanno deciso di rimboccarsi le maniche e dare uno schiaffo morale agli amministratori. Si sono dati appuntamento la mattina, armati di rastrello, decespugliatore, carriola e cesoie, e al pomeriggio le zone verdi del minuscolo centro erano nuovamente vivibili. Con i cellulari hanno immortalato il prima e il dopo: «Vorremmo che il Comune vedesse queste immagini, e capisse quanto non sia giusto trattarci come cittadini di serie B. E ora può fare tranquillamente a meno di scomodare i propri operai per mettere in sicurezza aiuole a rischio incendio e piene di insetti. Perché il lavoro è stato svolto alla perfezione. Un semplice ringraziamento per la nostra operosità e senso civico, e per i soldi che abbiamo fatto risparmiare, invece sarà ben accetto. Con la speranza che ogni tanto qualcuno si ricordi di questa borgata».

Perché anche per le strade vicinali gli abitanti devono arrangiarsi con tanta buona volontà: «Le buche le tappiamo noi, perché altrimenti non è possibile nemmeno transitare con i trattori e con i carrelli». E quattro ruote e sospensioni in buona salute, quando vivi nel deserto urbano, significa sopravvivere: «C’è una sola linea dell’Arst che passa la mattina alle 6,30 e poi transita di nuovo alle 16». Per qualunque esigenza le propaggini di civiltà più vicine sono Palmadula e Pozzo San Nicola, dove c’è un medico, un market, una farmacia, una scuola, un bar, una edicola: insomma, il pacchetto base di quel che si chiama centro abitato.

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