La Nuova Sardegna

Sassari

Toninelli: «Con la Regione nella battaglia a Bruxelles»

di Luca Rojch
Toninelli: «Con la Regione nella battaglia a Bruxelles»

Intervista al ministro che sostiene le richieste della giunta sulla Continuità territoriale aerea: «Si deve garantire il diritto alla mobilità dei sardi, e anche lo sviluppo turistico» 

05 luglio 2018
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SASSARI. Idee chiare, nessuna paura di affrontare strade complicate. Il ministro ai Trasporti e alle Infrastrutture Danilo Toninelli traccia la road map del rapporto del governo giallo-verde con la Sardegna. E come intende portare avanti le vertenze. Pieno appoggio alla Regione nella battaglia in Europa sulla continuità territoriale. Massimo impegno per rinnovare la rete ferroviaria. Stop alla metanizzazione. E monitoraggio dei cantieri dell’Anas.

In molti temono che l’arrivo di un governo Lega- 5 Stelle porti a una cancellazione delle opere necessarie per creare infrastrutture e consentire alla Sardegna di superare il suo storico gap. Avete intenzione di rivedere alcuni progetti?

«La Sardegna può stare sicura. La vostra condizione è al centro delle attenzioni del governo. È vero che abbiamo promosso una project review generale su molte opere. Ma conosciamo bene quale sia il deficit infrastrutturale del Centro-Sud e delle grandi isole. Il mio ministero farà il massimo perché i sardi possano sentirsi parte integrante, anzi direi imprescindibile, del nostro Paese».

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La Sardegna è da oltre un anno impegnata in un braccio di ferro con l’Ue per ottenere il diritto alla mobilità dei sardi e una continuità territoriale aerea che lo garantisca. Cosa farà il governo per sostenere la Regione?

«Serve un reale rispetto del regolamento 1008 del 2008. Faremo fronte istituzionale nella dialettica con Bruxelles. Non è pensabile che ai sardi non venga garantita una reale continuità territoriale. Non è solo un problema di incomprimibile diritto alla mobilità dei cittadini, ma stiamo parlando anche di un’esigenza chiave del sistema turistico e imprenditoriale dell’isola».

I trasporti aerei sono condizionati dai divieti dell’Ue. Anche la politica di sostegno alle compagnie low cost per attivare nuove rotte e far arrivare turisti vengono considerati da Bruxelles come aiuti di Stato. Per la Sardegna sono vitali, per l’Europa vietati. Cosa farà il governo su questo tema?

«Le esigenze del mercato sono molto importanti, ma i cittadini vengono sempre prima dei profitti. E su molti fronti l’esecutivo sta già dimostrando che questo principio è una stella polare della propria azione. Il problema è che i diversi livelli di governo italiani in passato hanno spesso giocato allo scaricabarile. Ora è il momento di ridiscutere il regime di continuità territoriale, magari ampliando le tutele anche alle merci».

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Come giudica la scelta di Air Italy di spostare 51 dipendenti dalla base di Olbia a Milano dopo avere garantito che non avrebbe toccato l’integrità della base in Sardegna?

«Saremmo di fronte a una decisione inaccettabile. Vanno preservati i livelli occupazionali di una regione, come la Sardegna, che peraltro ha già pagato duramente il conto della crisi. Con il collega Di Maio porremo grande attenzione rispetto alla vicenda e un tavolo di concertazione con le parti mi sembra abbastanza urgente. Peraltro la stessa azienda aveva assunto nel 2016 obblighi precisi rispetto al mantenimento delle attività nell’isola».

Da anni si parla di una rivisitazione della convenzione sulla continuità marittima. Ora è fatta tra Stato e compagnia privata. La Regione non partecipa alle scelte. Ma la Sardegna rivendica il suo diritto a gestire la continuità marittima. Da parte sua c’è la volontà di appoggiare questa revisione che dia maggiore peso alla Regione?

«Dobbiamo puntare a ottenere più collegamenti, migliori tariffe, che oggi sono troppo alte, e una pianificazione delle tratte più a lungo termine, oltre il singolo semestre. È opportuno mettere a punto una gestione congiunta del futuro bando sia per la continuità aerea che per quella marittima».

La Sardegna ha un gap di infrastrutture che è stato cristallizzato dalla giunta in una serie di studi approfonditi, consegnati al precedente governo. Da quel lavoro è nato il Patto per la Sardegna. Continuerete a portarlo avanti?

«Il deficit infrastrutturale rappresenta un freno a mano tirato rispetto all’enorme potenziale di sviluppo che la vostra splendida isola può vantare. Rispetteremo il Patto per la Sardegna, ma non basta a garantire tutte le chance che la regione merita. Gli obiettivi chiave sono il completamento di alcuni assi viari, il rafforzamento della mobilità su ferro e l’abbattimento del costo dell’energia. Non è un caso che proprio un comune sardo governato dal M5S, Porto Torres, abbia avviato la prima sperimentazione sul ‘Reddito energetico’».

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Siete a favore della metanizzazione della Sardegna? Porterete avanti il progetto?

«Mi sembra un progetto obsoleto e impattante sull’ambiente. Peraltro stiamo parlando di 700 milioni che possono essere usati per raggiungere in altri modi quell’autonomia energetica che deve passare soprattutto dalle rinnovabili e dall’efficientamento».

L’Anas ha nel suo portafoglio quasi 2 miliardi di euro destinati a lavori per le strade sarde, ma ci sono decine di cantieri fermi. In particolare sulla Sassari-Olbia e sulla 131. Cosa farete per sbloccare questa fase di stallo?

« Veniamo da un periodo di crisi profonda delle imprese di costruzione che ha determinato fallimenti a catena, con necessità continua di riappalti. Secondo l’Anas, sull’Olbia-Sassari i lotti 5 e 6 saranno conclusi entro il 2019 portando a 60 chilometri, sugli 80 complessivi del tracciato, la percorribilità a quattro corsie. Negli altri due lotti la situazione si sblocca e il riavvio dei lavori è previsto a settembre. La conclusione dell’intero itinerario dovrebbe arrivare a giugno 2020. Sul tratto della 131 sono previsti entro settembre la stipulazione del contratto alla nuova impresa e l’avvio dei lavori. Verificheremo che non ci siano ulteriori ritardi. E mi lasci dire: la battaglia di Giovanni Pintor per strade più sicure è un’ossessione per me, lo dico da cittadino e da padre prima ancora che da ministro delle Infrastrutture».

Spesso a rallentare l’avvio dei lavori, l’apertura dei cantieri o il rispetto dei tempi di consegna è la lentezza della macchina burocratica. Per riaffidare un cantiere serve un anno. Per avviare i lavori tempi anche più lunghi. Per far partire i lavori sulla Olbia-Tempio, danneggiata dall’alluvione del 2013 sono serviti 5 anni. Secondo lei come si possono tagliare i tempi della burocrazia?

«C’è una procedura burocratica eccessiva per autorizzare un progetto, appaltarlo e realizzarlo. Su questo bisogna mettere mano al Codice degli appalti. Si deve partire dalla risoluzione dei problemi veri. Per la riassegnazione è importantissimo avere una procedura veloce, in particolare per evitare che le imprese subappaltatrici subiscano le conseguenze del fallimento delle imprese aggiudicatarie. Lavoriamo per migliorare la normativa. Nel caso della Olbia-Tempio i tempi si sono allungati a causa della riprogettazione degli interventi, richiesta dagli enti coinvolti, per evitare spese più gravose. Il rischio era quello di ripristinare solo i danni più evidenti creati dall’alluvione senza poter riaprire la strada, danneggiata anche in altri punti».

Un’altra emergenza è la manutenzione delle strade nell’isola. In molti casi spetterebbe alla Province, ma i tagli alle risorse degli enti intermedi voluti dal governo hanno reso impossibile qualsiasi intervento. Non ci sono risorse. Il risultato è che alcuni comuni dell’interno sono quasi isolati da anni.

«L’emergenza è reale. La rete stradale delle province è stata abbandonata negli ultimi anni. Si può pensare di affidarne una parte ad Anas, con risorse umane e finanziarie certe, come si è fatto in altre regioni italiane. Lavoriamo per migliorare la rete delle strade statali. Col progetto ‘Bastabuche’ e grazie alla stipulazione del Contratto di Programma 2016/2020, nell’isola si realizza un programma pluriennale di interventi di manutenzione programmata che nel biennio 2017-2018 vale 80 milioni di euro. I controlli da parte del ministero saranno serratissimi».

L’altro grande tema è la mobilità interna legata alle infrastrutture ferroviarie. La Sardegna non ha una rete elettrificata, ha solo il binario unico su tutte le tratte e anche i pendolini acquistati dalla Regione possono andare a velocità ridotta perché i binari non sono adeguati.

«È una situazione inaccettabile. Vanno potenziati gli investimenti sia sulla rete che sui treni. Il trasporto su ferro regionale e pendolare è uno dei chiodi fissi per me e per il Movimento 5 Stelle, anche nell’ottica di potenziare l’intermodalità. I soldi ci sono. Individuiamo gli strumenti finanziari da utilizzare. È chiaro che bisogna subito dare un segnale ai cittadini sardi anche su questo fronte».
 

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