La Nuova Sardegna

Sassari

Renato Soru: «La legge urbanistica deve essere fatta subito»

di Luca Rojch
Renato Soru: «La legge urbanistica deve essere fatta subito»

Il leader Dem: «Stop alle esitazioni, ma si seguano indicazioni precise» «In Sardegna il Partito democratico deve avere una vera e coraggiosa svolta»

06 luglio 2018
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SASSARI. Nessuna barricata. Renato Soru vuole la legge urbanistica. La vuole con le modifiche che ha suggerito. I punti fermi che da sempre sostiene. Ma vuole anche un Pd rinnovato. Non un’operazione di facciata, un po’ di make up su un partito cadente. Vuole una rivoluzione dentro i Dem. Per arrivare alle Regionali con uno slancio diverso.

Legge urbanistica, è al rush finale? Si può chiudere prima che la legislatura finisca?

«La legge va fatta. Perché serve alla società sarda, serve alle famiglie e alle imprese e serve al Piano paesaggistico regionale. Ho avuto modo di dirlo più volte, ma forse è utile ribadire. Oggi noi non utilizziamo le normali regole attuative del Ppr, ma le regole straordinarie delle norme di salvaguardia del Ppr. Che erano nate per durare un breve periodo di tempo e purtroppo vengono ancora utilizzate. Come si attua il Ppr? Lo dice l’articolo 14. Si attua attraverso i Piani urbanistici comunali. A distanza di 10 anni si smetta di vedere il Ppr come un insieme di vincoli, e lo si consideri per quello che è: un piano di sviluppo sostenibile per la Sardegna. La legge urbanistica deve avere come primo obiettivo semplificare e rivedere in modo profondo il modo e i tempi con cui vengono approvati i Puc».

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È questa la chiave?

«Certo. Un Puc ottimale che non si fa mai è inutile. Meglio un buon Piano urbanistico comunale che si può approvare in 12 mesi. Mi auguro che al primo punto la legge regionale abbia anche questo. Si deve rendere agile, facile, dare tempi certi all’approvazione dei Puc e quindi rendere semplice, veloce e certo l’esito di ogni pratica edilizia. Dal giorno dopo l' approvazione del Puc le norme di salvaguardia del Ppr decadono e tutta l’attività diventerà molto più semplice e veloce ».

Poi?

«Il secondo punto è attuare quello previsto dal Ppr per i centri storici. Il Ppr voleva e vuole tutelare e valorizzare i centri storici, non metterli in frigo. Paralizzarli. Non voleva rendere impossibile qualsiasi opera di trasformazione e adeguamento delle strutture per le esigenze di chi in quelle case ci vive. Il Ppr, oltre al Puc richiede di approvare i i piani particolareggiati dei centri storici. Tuttavia il Piano Particolareggiato spesso rischia di essere un lungo esercizio accademico che analizza perfettamente ogni edificio, ma mentre facciamo questo il paese si è svuotato e il Ppr rischia di agire in senso contrario al suo scopo originario. In attesa di un Piano Particolareggiato che tarda ad arrivare, si deve fare in modo che i Comuni possano approvare subito un documento intermedio di Direttive dei Centri Storici.Questo significa agire in modo attivo contro il fenomeno dello spopolamento. Se i centri storici vengono valorizzati restano vivi e popolati. Se si paralizzano si svuotano e si impoveriscono».

In altre parole lei vuole la legge urbanistica?

«Certo. Ma ci sono dei punti su cui si deve essere inflessibili. Per prima cosa non si deve derogare al Ppr. Io sono contro le deroghe. E’ vero, il Ppr non è eterno e non modificabile. Può essere migliorato, ma con la modalità prevista, non si deve derogare per legge. La deroga è l’eccezione pericolosa e arbitraria. Ecco perché l’articolo 43 della legge urbanistica va rimosso. Un altro punto su cui non ci devono essere incertezze è l’Allegato l A4 che di fatto prevede l’aumento del 25 per cento di cubatura. Deve essere cancellato. Anche l’articolo 31 deve essere rivisto, limitando gli aumenti di cubatura previsti. Si potrebbe trasformare in un articolo ad hoc per l’adeguamento delle strutture esistenti. Devono essere escluse le seconde case. Perché quello è un modello di turismo superato».

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Lei ipotizza anche una legge più snella?

«Sì. 113 articoli sono un’esagerazione. La legge deve essere alleggerita. Deve diventare utilizzabile da qualunque ufficio tecnico comunale. E anche dai cittadini. Un testo troppo complicato e pletorico serve solo ai sacerdoti della legge che studiano con quale escamotage aggirarla e pone i cittadini davanti a delle letture spesso arbitrarie».

C’è il tempo per fare una buona legge?

«Certo».

Teme che il passaggio in Consiglio la possa stravolgere?

«Perché devo temere? La giunta deve avere grande attenzione e il presidente si deve fare carico di questa legge e affrontare il Consiglio in modo adeguato. In modo che la legge non diventi la cassetta delle lettere delle esigenze personale di ogni consigliere».

Qualcuno dice che la legge va buttata via e riscritta. È d’accordo?

«No. Chi lo dice sottovaluta gli effetti positivi della piena attuazione del Ppr attraverso una legge urbanistica compiuta. Il Ppr ha un ruolo importante, ma non si può andare avanti per decenni sotto norme di salvaguardia nate per essere transitorie. I problemi vanno affrontati e non ancora rinviati».

A proposito di problemi, come vede il Pd sardo? Perché dopo lo tsunami del 4 marzo continua a restare immobile?

«Perché è animato da professionisti della guerra di trincea. Gente che pensa solo a fare battaglie di posizionamento, che non si cura del fatto che queste scelte portano alla cancellazione di tutto e di tutti. Queste scelte lasceranno solo morti e terra bruciata . Il Pd è sempre fermo. Nel tentativo che qualcuno possa trovare una soluzione miracolosa. Sempre con gli stessi gruppi dirigenti pronti a fare accordi che sono sempre più al ribasso in modo che nulla cambi. Tutti nella propria trincea nella speranza che l’avversario abbandoni. I segnali di ribellione ci sono ma ancora non supportati a sufficienza, come la candidatura di Dolores Lai che esprime la volontà di ripartire in modo nuovo».

E secondo lei basta per salvarsi?

«Il mio pensiero è che il Pd sia all’ultima fermata. È nato con mille speranze e una grande progettualità, interpretare un mondo e una società in grande trasformazione, ponendosi al centro di una politica di sinistra e democratica. Ma non siamo stati capaci di trovare soluzioni. La nostra grande avventura collettiva è diventata una guerra di trincea in cui si punta alla sopravvivenza degli schieramenti. Si è perso di vista il Paese e le sue emergenze, gli effetti di una lunghissima crisi, le crescenti sofferenze in ampie aree della nostra società. Dobbiamo trovare un nuovo progetto condiviso, le nuove parole d’ordine, dobbiamo ritrovare l’identità. Altro che accordi sottobanco».

L’idea di un Pd sardo è la soluzione?

«No. La risposta non è chiudersi in sé stessi, ma aprirsi. Aprire la comunità sarda a un orizzonte più vasto, mediterraneo, europeo. Salvini dice prima l’Italia, poi da noi aggiunge “prima la Sardegna”. Ma questo è un inganno che deve essere smascherato. In questa lotta a chi viene prima, a soccombere sono i più deboli. Siamo noi. Perché prima, in Italia, verranno i veneti e i lombardi. E in Sardegna prima verranno i cagliaritani, o chi vive nelle grandi città. La rivoluzione francese ci ha regalato il valore dell’uguaglianza. Noi ora lo vogliamo cancellare».

Teme il voto delle Regionali?

«Certo che lo temo, ma so anche che manca del tempo e non tutto è perduto. Ma occorre innanzitutto che il PD riparta, tornando credibile verso la società sarda. Occorre mettere al centro gli interessi generali, non quelli dei capetti che vogliono controllare l’assemblea perché nulla cambi al nostro interno, mentre tutto attorno a noi è stravolto. Ridiamo la voce alla società. Lasciamo emergere un giovane o una giovane. Ma non una faccia nuova per un’idea vecchia, ma una faccia nuova per una storia nuova, che metta da parte questo gruppo dirigente. Abbiamo il tempo per farlo. Credo inoltre che tutto può essere ribaltato anche perché la proposta politica di Salvini è modesta, parla alla pancia ma può essere contrastata».

Le fa paura questo governo?

«Salvini alimenta la paura per qualche voto in più. Non si danno risposte. Ad esempio questo governo dice che se hai paura ti devi armare e sparare. Noi dobbiamo dare una lettura alternativa. Dobbiamo uscire dalla nostra trincea».

Secondo lei il modello Lega 5 Stelle sarà ripetuto anche in Sardegna?

«Io penso che questa alleanza possa esplodere molto presto. Basta osservare le contraddizioni che emergono ogni giorno. Il presidente della Camera Roberto Fico vuole aprire i porti. Salvini si vanta di chiuderli, anche quando non li riesce. Così su altri temi. Credo che i 5 stelle abbiano preso voti a sinistra e li abbiano spesi a destra. Purtroppo anche per colpa nostra. Resto convinto che il Pd abbia sbagliato a non parlare con i 5 Stelle. Si poteva evitare di mettere insieme i populismi e spingerli nelle braccia di Salvini. Verso la Lega, un partito di destra, estremista, a tratti razzista, come Orban in Ungheria».


 

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