La Nuova Sardegna

Sassari

Seicento tocchi lanciati nel cielo di piazza d’Italia

di Antonio Meloni
Seicento tocchi lanciati nel cielo di piazza d’Italia

Tra allegria e commozione la città saluta i suoi neodottori Il rettore: «Avete studiato in uno dei migliori atenei italiani»

07 luglio 2018
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SASSARI. Quei tocchi neri che punteggiano il cielo terso del caldo pomeriggio estivo segnano la fine di un percorso. Sono seicento neodottori, alcuni di loro proseguiranno gli studi, altri abbracceranno la professione, entrambi proseguiranno il viaggio forti di un’esperienza straordinaria.

Per il quarto anno consecutivo l’Università saluta i laureati e lo fa nella stanza migliore di una città intimamente legata a un’istituzione secolare e prestigiosa. “Laurea in piazza”, per dirla con le parole del presidente del consiglio regionale, Gianfranco Ganau, è il segno tangibile di un risultato collettivo, di un lavoro di squadra che di anno in anno contribuisce a tenere alto il nome di Sassari e dell’Isola.

Il momento della consegna della pergamena è l’inizio di un viaggio, quello che porterà i neo dottori, questo è l’auspicio, verso una strada ricca di soddisfazioni. Ognuno di loro è consapevole che comunque vada, quel titolo sarà stato in ogni caso un traguardo tanto importante quanto voluto. L’esortazione dell’arcivescovo Gian Franco Saba, che per la prima volta saluta i neo laureati dell’ateneo turritano, è un invito a fare della propria vita un viaggio verso nuovi orizzonti per conquistare nuove mete.

La cerimonia prende il via quando il coro dell’Università, diretto da Laura Lambroni, intona il tradizionale “Gaudeamus igitur”. Il senato accademico, con le autorità, è sistemato sotto il palco allestito sulla gradinata di fronte al palazzo della Provincia. Il rettore Massimo Carpinelli consegna ai ragazzi la pergamena e rivolge loro un pensiero manifestando tutta la sua soddisfazione: «Finalmente posso associare un volto a ogni diploma firmato, per me questo, al di là della retorica, è il compenso migliore, sappiate che avete studiato in uno dei migliori atenei italiani e che qualsiasi strada deciderete di imboccare lo farete forti della vostra preparazione».

Sulla stessa frequenza, il sindaco Nicola Sanna, che fa gli onori di casa, si associa ai messaggi di auguri ricordando ai ragazzi che d’ora in avanti loro saranno i testimonial di una città intera.

Quindi, dagli altoparlanti piazzati agli angoli del palco, cominciano a riecheggiare i nomi degli studenti che lo scorso anno accademico hanno raggiunto l’ambito traguardo della laurea.

Tocchi in testa, giacche e cravatte, tailleur e tacchi dodici, i nuovi dottori incedono fieri salgono i gradini e ritirano la pergamena consegnata dal rettore. Per ognuno di loro ha un complimento, una parola di esortazione, un invito a proseguire e migliorarsi perché quello su se stessi, si sa bene, è l’investimento migliore.

Nelle poltroncine sistemate sulla piazza genitori e fidanzati, amici e parenti, colleghi e colleghe a cingere tutti in un abbraccio ideale in questo momento di grande coinvolgimento emotivo. Momenti in cui l’emozione non si trattiene e sulle guance delle mamme e dei papà scorrono lacrime di gioia.

Sullo sfondo c’è la città che accoglie tutti nel salotto buono, quello delle grandi occasioni, e coccola i “suoi” studenti perché l’Università è una componente fondamentale della sua storia.

Naturalmente alla fine c'è spazio anche per le riflessioni personali e chiudendo il messaggio di saluto, il rettore cita Einstein esortando i nuovi dottori a prendere sempre le distanze dalle conclusioni troppo facili.

«Ognuno è straniero a modo proprio – dice Massimo Carpinelli – ma non dimenticate neanche per un attimo che apparteniamo tutti a una sola razza, quella umana».

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