La Nuova Sardegna

Sassari

Sices, una crisi senza fine I lavoratori: lasciati soli

di Gavino Masia
Sices, una crisi senza fine I lavoratori: lasciati soli

Per cinquantatre operai stanno per terminare gli ammortizzatori sociali «Dall’azienda nessuna risposta sulle prospettive dello storico stabilimento»

13 luglio 2018
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PORTO TORRES. Allo stabilimento Sices di Porto Torres stanno per terminare gli ammortizzatori sociali per 53 lavoratori e allo stato attuale non si hanno notizie positive sia sul loro futuro e sia su quello della stessa azienda.

Ieri pomeriggio si sono ritrovati vicino alla sede di via Pigafetta, di fronte alla strada numero 34, per denunciare il silenzio assordante che sta accompagnando da un paio di mesi il presente e il futuro di quella che è una azienda storica dell’area industriale.

«Siamo precipitati in una situazione ambigua – hanno detto – e in questi mesi l’azienda non ha saputo darci alcuna notizia concreta e, soprattutto, presentarci un piano industriale su cui poter ragionare e magari fare affidamento in prospettiva occupazionale».

Tutti i dipendenti sono dunque in attesa di capire a cosa è dovuta questa mancanza di comunicazione da parte dei vertici aziendali – considerando che sono stati disattesi anche incontri e videoconferenza previste questo mese – e in particolare quali sono le prospettive dello stabilimento e dei dipendenti del settore montaggi. «L’officina è piena di apparecchi costruiti per raffinerie e industrie petrolchimiche – aggiungono – e l’ultima volta che abbiamo incontrato il nostro direttore generale, Michele Passino, ci ha detto che i clienti della Sices non volevano più le commesse».

Una situazione per certi versi kafkiana che sembra confermare un certo disinteresse aziendale a mantenere in vita l’officina specializzata portotorrese e la professionalità dei dipendenti. Si parla di due aziende estere disposte a rilevare lo stabilimento di Porto Torres, ma sono solo voci che alimentano ulteriore incertezza da parte di chi reclama invece trasparenza e verità in difesa del posto di lavoro. «Teniamo a ricordare che la Sices ha avuto un ruolo primario durante i tempi del petrolchimico, con oltre 700 dipendenti diretti, e che fino all'altro ieri era leader nel settore ad alta tecnologia metalmeccanica su apparecchi a pressione venduti in tutto il mondo: dagli Usa alla Russia e dai Paesi Arabi all'India».

Anche nella realtà industriale locale l’azienda aveva creato un indotto non indifferente di alta specializzazione per vari servizi, quali verniciature, coibentazioni, parti elettrostrumentali, accessori di carpenteria metallica, imballatori, trasporti e spedizioni. «Allo stato attuale siamo invece rimasti soli – lamentano – e anche i sindacati non ci hanno dato quel supporto valido per creare un ponte di comunicazione tra noi e l’azienda: ad ottobre scadrà la cassa integrazione per tutti i dipendenti e anche per i colleghi portotorresi che sono dovuti andare a lavorare fuori dall’isola per poter continuare a portare uno stipendio in famiglia».

Le prime avvisaglie di protesta verso il comportamento silente dei vertici societari era apparso mesi fa su un lenzuolo che copriva l’ingresso del muro esterno dell’azienda metalmeccanica. Le notizie riportavano una forte sofferenza economica da parte della Sices, che non sarebbe riuscita a garantire i lavori richiesti pur disponendo di commesse. Da allora a questa estate la situazione appare addirittura peggiorata e la prova più evidente sta nel fatto che i dipendenti dello stabilimento di Porto Torres hanno manifestato la solidarietà ai colleghi della Pensotti-Sices Group per il licenziamento di 60 su 100 lavoratori. «Il gruppo Sices ha grossi problemi di liquidità – concludono amaramente i lavoratori – e, paradossalmente, oggi con l'officina piena di semilavorati non fornisce alcuna prospettiva futura».

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