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Pronto soccorso: a Sassari inizia l’incubo estate

Pronto soccorso: a Sassari inizia l’incubo estate

Al Santissima Annunziata pochi medici e infermieri, aumento degli accessi, attese di dieci ore e ambulanze ferme per riavere le barelle

22 luglio 2018
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SASSARI. Per il pronto soccorso di Sassari, già normalmente in affanno, sono cominciate le settimane più critiche. Con le ferie da spalmare sul personale, i ranghi si fanno ancora più ridotti, ma il numero di utenti non diminuisce affatto. La risultante è un ulteriore ingolfamento della macchina dell’emergenza urgenza.

Santissima Annunziata, venerdì, ore 13 in punto. Che qualcosa non stia funzionando lo si percepisce da un colpo d’occhio. Nel piazzale davanti al Pronto Soccorso ci sono parcheggiate 7 ambulanze. Alcuno mezzi sono in stallo da ore. E il motivo è inquietante: sono ostaggio delle barelle occupate dai pazienti, i quali a loro volta restano in stand by nei corridoi della triage in attesa di una visita che non arriva mai. Sono anni ormai che la carenza cronica di letti e barelle viene sistematicamente denunciata ai vertici dell’Aou, e sono anni che non vengono investite risorse per risolvere questa situazione paradossale. Perché 7 ambulanze congelate nel piazzale, significa che il sistema dei soccorsi in città non potrà muoversi in maniera svelta e capillare.

Invece ciò che avviene all’interno del Pronto Soccorso lo racconta Carla Pinna. «Sono arrivata venerdì alle 13, accompagnavo una parente che era stata trasportata in ambulanza. Quella che mi si è presentata davanti agli occhi è stata una scena apocalittica, come quelle che si possono vedere nei film di guerra: barelle ovunque, gente che urla e piange, un clima tesissimo dove tutti perdono la calma». Ci sono codici verdi e gialli che aspettano già da ore, e ciò che maggiormente pialla i nervi è la totale mancanza di informazioni. Il non aver minimamente idea di quanto tempo potrebbe durare questa attesa estenuante in compagnia di malessere e dolori. Non ci sono più nemmeno gli schermi che davano conto degli utenti in lista, specificando il codice di ingresso, quindi l’urgenza, e suggerendo una vaga ipotesi di tempo di attesa. Adesso nella sala davanti alla triage si naviga a vista, cioè le persone si guardano in faccia scambiandosi sconforto, rassegnazione, e talvolta rabbia. Capita così che i pazienti, alla quinta ora, non siano più così pazienti, e spetti alla guardia giurata fare da mediatore e rasserenare gli animi. «Anche l’infermiera dell’accoglienza finisce per innervosirsi – racconta Carla Pinna – e se la prende con chi si è rivolto al Pronto Soccorso di Sassari, invece di andare da qualche altra parte». È il problema degli accessi impropri e dei codici bianchi che molto spesso intasano la macchina dell’emergenza. Ma dieci o dodici ore di anticamera prima di una visita si devono ad altre carenze: «L’infermiera, ad ogni protesta, rispondeva così: signori dovete portare pazienza. D’altronde ci sono solo due medici. Come se questa informazione dovesse metterci col cuore in pace. E invece la domanda che nasce spontanea è un’altra: ma dove siamo capitati? Una città come Sassari affida la gestione del pronto soccorso a due soli medici? Considerando le carenze di aghi, garze e altri presìdi e materiale di base, la sensazione è di trovarsi in un ospedale da campo del terzo mondo». La parente, entrata alle 13, alle 23 era ancora al pronto soccorso. (lu.so.)

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