La Nuova Sardegna

Sassari

Tragedia di Lu Bagnu: due morti affondate nei dubbi

di Luigi Soriga
Tragedia di Lu Bagnu: due morti affondate nei dubbi

La possibile dinamica: sulle secche a bassa velocità, illesi, ma affogati a 100 metri da riva

18 agosto 2018
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SASSARI. I sommozzatori perlustreranno quello spicchio di mare in cerca di nuove tracce, e il medico legale approfondirà gli esami. Ma difficilmente l’attrezzatura di bordo che verrà ritrovata, o un esito istologico potrà raccontare ciò che è accaduto la notte tra venerdì 10 e sabato 11 agosto davanti alla scogliera del Rasciada Club, vicino a Lu Bagnu. Un gps cartografico, che come il sentiero di pollicino tiene traccia di rotta e velocità dell’imbarcazione, avrebbe potuto invece descrivere minuziosamente gli ultimi istanti di vita di Pier Tonio Spanu, dentista di Sennori di 70 anni, e Giovanni Di Maria, urologo sassarese di 69. Ma il semicabinato Quick Silver da 6 metri e 40 a quanto dicono gli inquirenti, pare non fosse dotato di quella strumentazione (cosa peraltro stranissima per un appassionato di pesca). Quindi, senza carte e rotte, il miglior sistema per ricostruire la dinamica dell’affondamento, è affidarsi all’esperienza nautica.

Chiunque abbia navigato di notte sa che il buio distorce la percezione delle distanze. Guardi la riva, prendi come punto di riferimento le luci, ma sbagliare di 50 metri nel calcolo delle distanze è facilissimo. Nelle notti senza luna il mare è una coperta scura che inghiotte, ci si muove a tentoni, gli ostacoli li vedi quando ci sei già sopra.

La dinamica più logica. Perciò il primo scenario ipotizzato da qualsiasi marinaio è il seguente: Pier Tonio Spanu ormeggiava da anni la pilotina a Castelsardo, andava abitualmente a pescare, quindi era perfettamente consapevole che il tratto di mare davanti al Rasciada Club è disseminato di secche. Le prime sotto costa, a una cinquantina di metri, e poi uno scoglio isolato che affiora altri 100 metri più a largo. Non sono segnalati in mare, mentre li evidenziano i gps cartografici. L’ipotesi più logica poteva essere questa. Sono circa le 22. I due si muovono per cambiare posto di pesca o per rientrare in porto, Pier Tonio Spanu si fida della sua esperienza ma viene ingannato dall’oscurità. Spinge la leva dell’acceleratore, porta in planata la barca, e sui 10 nodi va a impattare sullo scoglio che lui credeva 50 metri più a riva. E qui ci sono le lesioni della carena: la prima sotto la prua, uno squarcio lungo un metro. E poi le spaccature sulla poppa, non nella parte sottostante, ma sopra la linea di galleggiamento accanto al motore. La logica suggerisce questo: minimo di planata, scafo sulla secca, lesione a prua, lo scoglio fa da rampa, il quick silver si impenna, ricade di poppa, squarcio vicino al motore, e poi con due simili falle si inabissa nell’arco di pochi minuti.

A bordo. Ora immaginiamo cosa possa essere accaduto a bordo. Quando si viaggia di notte in genere si sta al riparo da vento e umidità dietro la consolle di guida. In quella situazione non si è mai pronti a un ostacolo, non ci si tiene a un appiglio per assorbire un urto. Quindi il contraccolpo dell’impatto deve aver catapultato molto violentemente i due in avanti, e la vetroresina è dura. Quindi traumi, fratture, perdita di sensi, e fatale annegamento. Tutto molto verosimile, anche perché i due amici sapevano nuotare, e in condizioni normali avrebbero raggiunto la costa con poche bracciate.

Il colpo di scena. Invece l’autopsia e alcuni testimoni oculari ribaltano tutto e trasformano un incidente apparentemente banale in un mistero.

L’esame sui corpi svolto dal medico Salvatore Lorenzoni dice infatti che i due non avevano un graffio. E questo particolare è fondamentale per ridisegnare da zero la dinamica. Significa che l’imbarcazione è finita sugli scogli a velocità ridotta. Basterebbe un urto a più di 5 nodi per far sbalzare in avanti chi è a bordo e a procurargli, nella migliori delle ipotesi, delle contusioni. Invece in quel momento i due erano perfettamente integri. A questo punto c’è da capire come un impatto a bassa velocità possa aver danneggiato così lo scafo. E vien da pensare che un 6 metri e 40, che riesce a planare con una motorizzazione di appena 40 cavalli, abbia una carena piuttosto leggera e uno strato sottile di vetroresina. Quindi gli squarci a poppa si possono essere aperti in fase di affondamento, quando la barca ha sbatacchiato sulle secche come una boa, con la prua in superficie e il resto dello scafo sott’acqua.

L’affondamento. Resta da capire cosa sia accaduto a bordo subito dopo l’impatto. Alle 21,30 sul quick silver è tutto tranquillo. Giovanni di Maria riceve la chiamata di un amico e gli dice di essere in mare per una battuta di pesca. Sono di fronte al Rasciada, ed è ancora una volta strano che un pescatore esperto, senza gps, si avventuri in una zona con secche così insidiose. Un ospite del villaggio alle 22 nota la barca andare avanti e indietro lentamente, prima la luce laterale destra verde, poi la luce di sinistra rossa. E un altro testimone racconta di aver notato poco più tardi un bagliore rosso sommerso, come se ci fosse un sub. La barca, in quel momento, era già colata a picco.

L’inabissamento, considerata la falla a prua, deve essere stato piuttosto rapido. Nemmeno il tempo di prendere il cellulare. Questo spiegherebbe l’assenza di richieste di sos. Il corpo di Giovanni di Maria è stato ritrovato sott’acqua incastrato nel semicabinato. L’autopsia conferma niente traumi, niente perdita di sensi, e morte per annegamento. Potrebbe aver provato ad afferrare i giubbotti salvagente, (uno è stato ritrovato a poca distanza dal cadavere di Spanu) in genere custoditi in un gavone dentro la cuccetta. L’inabissamento così repentino deve aver colto di sorpresa il medico. E purtroppo, dicono i sub, quando di notte ti ritrovi sott’acqua, magari in situazione di panico, capita spesso di non capire più quale sia il sopra e il sotto. Nuoti convinto di andare in superficie, e invece vai ancora più giù. Invece Pier Tonio Spanu dopo la collisione è riuscito a tuffarsi e deve aver provato a raggiungere a nuoto la riva. Ma era cardiopatico, con un pacemaker, e la fatica e lo spavento potrebbero essere stati fatali. Anche il suo corpo è stato ritrovato, su uno scoglio, e senza vita.

Le ipotesi meno verosimili. Questa al momento sembra la ricostruzione più plausibile. Difficile pensare a uno speronamento: non ci sono lesioni compatibili nella carena. E nemmeno a un principio di infarto di Spanu, l’amico che prende il timone e si lancia in una corsa disperata verso il porto. Per prima cosa, un medico, avrebbe avvertito il 118 per chiedere un mezzo di supporto a terra.

Si è trattato probabilmente di un incidente come se ne vedono tanti, perché ogni estate almeno una barca finisce in secca. Ma dove la sfortuna si è accanita senza lasciare scampo.

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