La Nuova Sardegna

PORTO TORRES. «Con che coraggio si può avvelenare un animale?». Se l’è chiesto e ripetuto più volte, Francesco Occulto. Qualche giorno fa, infatti, il suo gatto, un bel micetto grigio tigrato di un anno e mezzo di nome “Pumba”, ha rischiato di morire, avvelenato da un potente antilumaca nella zona di via del Melo, a Serra li Pozzi. Il piccolo felino era ridotto davvero male: convulsioni, quasi accecato e con gli artigli praticamente perduti, non trovando i padroni in casa aveva cercato aiuto presso una vicina di casa. Così ha trovato la salvezza, seppure tra mille sofferenze. «La vicina mi ha avvisato mentre ero fuori per lavoro – spiega Francesco –. L’ho portato dal veterinario che gli ha praticato le cure ed ora è fuori pericolo. Ho sentito dire che ci sono stati altri casi di avvelenamento di gatti in zona e sempre con antilumaca – prosegue Francesco Occulto – ma non riesco a capacitarmi: ho visto la sofferenza nell’animale e da allora per timore che gli accada di nuovo lo teniamo chiuso in casa, come succedeva prima che ci trasferissimo nella nuova casa. Prima non usciva, ha cominciato a farlo solo da poco anche perché l’area è al confine con ampie campagne». Una volta portato il gatto dal veterinario, constatato l'avvelenamento lo stesso veterinario, come vuole la prassi, ha avvisato le autorità competenti che hanno avviato le indagini. . Qualora si tratti di avvelenamento volontario - come in altri casi in passato sia per gatti che per cani in tutta la città -, l'avvelenatore commette un reato ai sensi dell’art. 544-bis del Codice penale ed è punibile anche se l’animale si salva: si configura infatti il reato di maltrattamento (art. 544-ter).

Emanuele Fancellu