La Nuova Sardegna

Sassari

Il giallo di Nughedu: investì e abbandonò l’amico, ora è libero

Nadia Cossu
Il giallo di Nughedu: investì e abbandonò l’amico, ora è libero

La vittima aveva riportato 24 fratture: «Ho paura di cosa accadrà quando lo incontrerò per strada»

21 settembre 2018
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NUGHEDU SAN NICOLÒ. «La decisione del gip di Sassari è il segno evidente dell’inconsistenza della tesi che l’accusa privata ha portato avanti sino a oggi con un clamore davvero eccessivo». Se da una parte c’è la soddisfazione dell’avvocato Angelo Merlini che ha appena ottenuto per il suo assistito Francesco Puddinu la scarcerazione, dall’altra ci sono i timori della vittima Giovanni Antonio Pedranghelu: «Ora che lui è tornato in libertà ho paura di cosa potrebbe accadere quando me lo troverò davanti».

Tre giorni fa è potuto rientrare nella sua casa di Nughedu San Nicolò l’operaio 47enne dell’ente foreste rinchiuso dallo scorso aprile nel carcere di Bancali con l’accusa di aver prima travolto con l’auto e poi gettato da un dirupo il suo compaesano e conoscente di 36 anni che, appena risvegliatosi dal coma con 24 fratture sul corpo, aveva accusato Puddinu: «Mi è passato sopra con le ruote del fuoristrada e poi mi ha buttato giù da un muretto. Voleva uccidermi».

Pedranghelu era rimasto ricoverato nell’istituto di riabilitazione Santa Maria Bambina di Oristano per quattro lunghi mesi, un percorso molto difficile che gli ha però consentito di tornare a camminare e di ricominciare a progettare la sua vita. Il 23 agosto, dopo le dimissioni, aveva detto: «Voglio riprendere in mano la mia vita e dimenticare questo incubo».

La storia di Nughedu era rimbalzata anche sui media nazionali proprio per la singolarità della dinamica. Il 36enne, poche ore dopo essersi risvegliato dal coma, aveva raccontato ai carabinieri di esser stato schiacciato da un’auto e poi gettato in una scarpata. Non aveva da subito indicato il nome di Puddinu ma poi i ricordi si erano fatti più nitidi e aveva ricostruito gli ultimi momenti di quella serata. Era uscito dal bar del paese con Puddinu, era salito nella sua auto e insieme erano andati nella campagna dell’operaio per prendere del vino. Giovanni Antonio era sceso dalla macchina per aprire il cancello ed era stato travolto. Questa era stata la ricostruzione in base ai ricordi della vittima. Fin dall’inizio gli inquirenti hanno ipotizzato che si fosse trattato di un investimento involontario e che Puddinu, anziché aiutare l’amico, credendolo morto lo avesse lasciato lì.

Pedranghelu era stato trovato quasi in fin di vita qualche ora dopo da un altro compaesano che aveva chiamato i soccorsi. Era stato trasportato in ospedale con 24 fratture e un polmone perforato, escoriazioni in tutto il corpo. Era stato in coma farmacologico e al risveglio aveva riferito ciò che ricordava. Tanto era bastato perché la Procura di Sassari indagasse in un primo momento il 47enne per lesioni aggravate. Poi l’arresto per lesioni stradali colpose aggravate dalla guida in stato di ebbrezza, omissione di soccorso e lesioni causate dallo spostamento del corpo. L’avvocato Antonio Secci, che assiste la famiglia Pedranghelu, ha da sempre sostenuto che il suo assistito fosse stato investito, trascinato e gettato nella scarpata volontariamente. Ma per il pm non esistevano elementi che potessero avallare il tentato omicidio. Dello stesso avviso il giudice Michele Contini che, condividendo la tesi del difensore Merlini, ha ritenuto di dover scarcerare Francesco Puddinu senza applicargli alcuna misura.

Il legale chiederà all’ente foreste che l’operaio venga riammesso al lavoro.

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