La Nuova Sardegna

Sassari

La Cassazione conferma: per Francesco Rocca fine pena mai

di Luca Urgu
La Cassazione conferma: per Francesco Rocca fine pena mai

Condanna definitiva per il dentista di Gavoi: ordinò l’omicidio della moglie. Dina Dore fu uccisa nel marzo del 2008, il cadavere nascosto nel portabagagli 

22 settembre 2018
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NUORO. Carcere a vita per Francesco Rocca, il dentista di Gavoi considerato il mandante del delitto della moglie Dina Dore, uccisa nel garage della loro casa la sera del 26 marzo del 2008. Lo ha deciso ieri – uniformandosi alle sentenze dei primi due gradi di giudizio – di Cassazione a Roma al termine di un’udienza complessa e particolarmente lunga - durata oltre due ore. Il verdetto della Suprema Corte comunicato alle parti in tarda serata (20 e 45) per l’imputato significa il fine pena mai. Una condanna all'ergastolo senza più appello che diventa definitiva a dieci anni esatti dal terribile delitto che sconvolse il paese barbaricino, ma non solo. Alimentando veleni e sospetti che anche oggi dopo che la verità giudiziaria su quei fatti è stata scritta non si sono sopiti del tutto.

Atto finale. Nella capitale l’udienza davanti ai giudici con l’ermellino è iniziata intorno a mezzogiorno quando il presidente ha dato la parola alla consigliera relatrice Rosa Anna Saraceno. La sua è stata una ricostruzione puntuale e precisa della vicenda tale da mettere il collegio nelle condizioni ottimali per impadronirsi dei temi cardine della causa. Subito dopo è stato il procuratore generale Maria Giuseppina Fodaroni con un intervento di alto livello a concludere chiedendo il rigetto del ricorso avanzato dalla difesa di Francesco Rocca.

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A questa ricostruzione e conclusione si è uniformata l’analisi delle parte civili con le discussioni degli avvocati Massimo e Roberto Delogu che tutelano in giudizio i familiari di Dina Dore. Una disamina la loro adesiva a quella della pubblica accusa con cui hanno condiviso anche ovviamente le conclusioni sollecitando i giudici per il rigetto del ricorso. Nel finale spazio ai difensori dell’imputato: gli avvocati Mario Lai, Franco Coppi e Angelo Manconi, anche se a parlare sono stati i primi due, forti della loro grande esperienza e capacità maturata nelle aule giudiziarie di tutta Italia.

L’avvocato del Cavaliere. Il professore Franco Coppi, uno dei più stimati e autorevoli avvocati italiani è entrato nel collegio difensivo nell’ultima fase della vicenda giudiziaria, quella appunto che è approdata ieri in Cassazione. Ottant’anni tra poco più di un mese, professore ordinario di diritto penale dal 1975, allievo di Giuliano Vassalli, avvocato di lunga esperienza in Cassazione, ha ed ha avuto tra i suoi assistiti nomi come gli ex premier Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti, ma l’elenco è decisamente molto lungo.

La discussione. Prima Mario Lai e dopo Franco Coppi hanno chiesto l’annullamento della sentenza che condanna Rocca all’ergastolo pronunciata dalla Corte d’assise d’appello di Sassari (giudice relatore Mariano Brianda) sia facendo leva su questioni di natura processuale, ovvero rimarcando l’incompetenza territoriale del pubblico ministero della Dda di Cagliari che ha compiuto l’intera attività istruttoria e poi condotto il processo di primo grado. Per i due legali, il pm Danilo Tronci – della direzione distrettuale antimafia – non doveva occuparsi del processo. Una questione su cui hanno sempre dibattuto e portato fino in Cassazione ribadendo anche ieri che la Dda non fosse legittimata a sostenere l’accusa nel dibattimento perché si trattava di un omicidio, e non di un sequestro di persona. Nella seconda parte della loro discussione gli avvocati difensori sono entrati nel merito sostenendo “l’incredibilità della fonte di prova” proveniente dalle dichiarazione di Stefano Lai, il cosiddetto superteste, le cui rivelazioni mai portate in dibattimento attraverso una testimonianza vengono definiti da Coppi e Lai “incongruenti e inattendibili. Le motivazioni della sentenza di appello non sono condivisibili, sia per le lacune che per la mancanza di riscontri delle dichiarazioni di Stefano Lai”.

Il super teste. Lai è il giovane di Gavoi che aveva rivelato di aver ricevuto la confessione, anni prima, dell’amico Pierpaolo Contu (allora minorenne e condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione come autore materiale dell’omicidio) circa il coinvolgimento di quest’ultimo e di Francesco Rocca nel delitto di Dina Dore. Lai era stato però sentito nel corso di un incidente probatorio: la sua testimonianza era stata cristallizzata già ben prima dell’avvio del processo di primo grado. Gli avvocati difensori dopo aver appreso l'esito della sentenza, amareggiati, hanno preferito non commentare.
 

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