La Nuova Sardegna

Sassari

Sessant’anni in clausura «La fede mi dà felicità»

di Paoletta Farina
Sessant’anni in clausura «La fede mi dà felicità»

Festa per suor Maria Arcangela, 88 anni, di Ittiri, che prese i voti nel 1958 Nella chiesa delle Monache Cappuccine celebrazione con l’arcivescovo Saba 

22 settembre 2018
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SASSARI. «Mai avuto un ripensamento in questi sessant’anni di clausura, sono serena e piena di gioia perché ho fatto mio l’insegnamento “vivere, amare, operare”». Madre Maria Arcangela dell’Immacolata, nome di battesimo Rita Deruda, ittirese classe 1930, non smette di sorridere quando parla, di lei e di tutto. Oggi festeggia una ricorrenza particolare e per l’occasione il monastero delle Clarisse Cappuccine e la chiesa annessa nel cuore del centro storico sono state tirate a lucido: suor Maria Arcangela ricorderà il momento in cui prese i voti a Città di Castello, in Umbria, proprio il 12 settembre del 1958, quando aveva 28 anni e la certezza che quella sarebbe stata la sua strada. Alla celebrazione, che si terrà alle 18, parteciperanno l’abbadessa Okuba e le consorelle, ci sarà l’arcivescovo Gian Franco Saba a presiedere la messa e rendere omaggio alla lunga professione di fede della monaca. Ci saranno anche l’abbate di Sorres, il padre provinciale dei Cappuccini, padre Giovanni Atzori, il cappellano padre Antonio Mura. Sono stati invitati tutti i parroci e madre Arcangela spera anche nell’arrivo dei suoi compaesani di Ittiri che hanno fatto come lei una scelta di fede e che aveva preso sotto la sua ala quando erano ragazzini: don Mario Simula, don Tore Ruzzu e don Antonio Cuccureddu. Lei è un po’ emozionata al pensiero di essere al centro dell’attenzione, perché è di carattere schivo: «Non so se riuscirò a dire per intero la formula della consacrazione, ma mi porterò uno scritto nel caso dimenticassi qualcosa», confessa, il viso illuminato da uno dei suoi sorrisi .

Con i suoi 88 anni, e diversi acciacchi sopportati serenamente, è la monaca più anziana del monastero, e una delle poche ospiti. Oltre a madre Okuba, eritrea, c’è un’altra anziana clarissa, suor Teresina, e altre tre eritree, arrivate per un ricambio generazionale nell’antico convento. Che era stato chiuso nel 2014 per mancanza di vocazioni, con le monache rimaste trasferite a Cagliari. Due anni dopo, madre Maria Arcangela è ritornata nella cella dove ha vissuto per tre decenni. «A Sassari ci sono dal 1979 e qui al convento venivo quando ancora giovanissima ho capito che sarei stata sposa di Gesù. Mi piaceva parlare con le monache alla ruota, mi sentivo a casa. Mia madre non era proprio convinta della mia scelta, mio padre addirittura non ne voleva sapere». Prima di prendere i voti Rita Deruda era un’attivista dell’Azione cattolica, protagonista anche allora di un impegno sociale e religioso.

Ne ha da raccontare suor Maria Arcangela. «Sessanta anni fa c’era molta povertà, e non solo a Sassari. Ricordo che nel convento di Città di Castello la madre superiora recuperava i fondi di caffè per farne una bevanda. E che qui, avendo poi le clarisse sempre vissuto di carità, ci accontentavamo di mangiare frutta di scarto. Non ci siamo mai lamentate, però, perché la generosità da parte della città c’è sempre stata, e a noi non serve molto. Quanti benefattori ci sono stati vicini. Ma anche quanti poveri sono venuti a chiederci conforto e preghiere. Come avviene ancora adesso. Anche se io vedo il mondo molto cambiato, con una crisi di valori». Perciò ai giovani la religiosa dà un semplice consiglio: «Scegliete la strada giusta nel segno dell’amore, siate fedeli come lo è Cristo».

Le giornate di suor Maria Arcangela sono sempre state scandite dalle ore di preghiera e dal lavoro. La sua salute non le permette di essere impegnata come un tempo, quando era una ricamatrice di eccellenza e un suo centrino è volato addirittura negli Stati Uniti, come ringraziamento a un generoso donatore. «Però fino ad ottant’anni ho preso l’ago in mano, facevo gugliate più piccole», racconta. Legge Libertà e Avvenire, approfondisce temi storici, ed è ferratissima sulla storia del suo convento. E guardandola si capisce come si può essere felici.



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