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Sassari, al pronto soccorso i ritmi sono disumani

Sassari, al pronto soccorso i ritmi sono disumani

In un pomeriggio almeno 25 pazienti, attese di 9 ore, due medici e lo scippo delle carrozzine

25 settembre 2018
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SASSARI. C’è un sito, che si chiama Sardegna Salute, Monitor Pronto Soccorso, che offre una vaga idea dei bioritmi della medicina d’urgenza Sassarese. E di come il pronto soccorso annaspi davanti un fiume di utenti che non può contenere e gestire. Alle 20,22 la fotografia in tempo reale è questa: 1 codice rosso, 5 gialli e 4 verdi in visita. Inoltre 6 gialli e 25 verdi aspettano ancora di essere chiamati, e per questi ultimi i tempi di attesa superano le 8 ore. Ma, come già detto, questa è solo una radiografia numerica del pronto soccorso, perché per capirne realmente i bioritmi bisogna viverlo dall’interno. È il regno dell’iperattività. Medici, infermieri e oss, sotto il camice, nella schiena, devono essere dotati di uno sportellino con le batterie Duracell, perché altrimenti è impossibile sostenere certi ritmi e una tale efficienza.

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In verità la mattina inizia con un pigro adagio. Sino a mezzogiorno l’afflusso è normale, e il personale può permettersi il lusso di visitare i pazienti senza le lancette dell’orologio che incalzano. Ma da mezzogiorno in avanti lo scenario vira bruscamente. Sarà una coincidenza, ma il pomeriggio, quando la gente smette di lavorare, è più concentrata sui propri malesseri e si precipita al pronto soccorso. Ogni giorno la storia si ripete. E da quel momento il metronomo dei due medici di turno e degli infermieri impazzisce. Sono costretti a gestire anche otto casi clinici contemporaneamente, facendo salti mortali per incastrare visite, diagnosi, richieste di consulenze ed accertamenti. Il corridoio davanti agli ambulatori si popola di un’umanità sofferente e in ansia, e spesso di parenti ancora più in apprensione. Per evitare il caos una caporeparto formato sergente di ferro, detta la linea, impartisce ordini, fa trottare infermieri e oss, e elargisce rimproveri ai parenti alla velocità di sette “cazziatoni” al minuto. È un miracolo, ma gli ingranaggi non si inceppano. Anche se manca personale e soprattutto non ci sono sedie a rotelle e barelle a sufficienza. Anzi, c’è lo scippo sistematico della carrozzina incustodita. Perché da protocollo, ogni paziente trasferito in altro reparto per lastre o analisi, non può farlo con le sue gambe, ma su due ruote e scortato da un oss.

Ed ecco che, in questo andirivieni, il mezzo di locomozione è prezioso come l’oro. Perché persa una carrozzina, prima che arrivi la successiva è come un autobus nei festivi. Se ne parla dopo mezz’ora. (lu.so.)
 

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