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Sennori, funzionario del Comune condannato

Il Comune di Sennori
Il Comune di Sennori

La Corte dei Conti ha stabilito che il dipendente risarcisca il municipio degli oltre 22mila euro sottratti

02 ottobre 2018
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SENNORI. L’ex responsabile dell’Area amministrativa dovrà rimborsare il Comune di Sennori. Non soltanto per i cedolini delle buste paga un po’ troppo generosi ma anche per i danni che ha creato all’ente.

Lo ha deciso la Corte dei Conti condannando Franco Zene – il dipendente comunale finito nei mesi scorsi al centro di un’inchiesta giudiziaria culminata con gli arresti domiciliari e la sospensione dal servizio, e attualmente sotto processo per i reati di peculato e falsità ideologica – a restituire oltre 22mila euro.

Quindi non soltanto i circa 8mila che avrebbe sottratto alle casse comunali gonfiando la busta paga, ma anche altri 13mila che il Comune ha dovuto sborsare per mandare avanti il settore chiamando un professionista esterno.

Il sistema. Le approfondite indagini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Sassari hanno infatti scoperto un sistema attraverso il quale il dipendente infedele, manipolando il sistema informatico, realizzava falsi statini riguardanti la propria retribuzione.

Poi, una volta ottenuto l’accreditamento sul proprio conto corrente, Franco Zene accedeva nuovamente al sistema informatico e apportava le modifiche necessarie per riportare le voci alterate nella normalità.

L’indennità. La prima contestazione è quella di aver creato un danno all’ente locale di oltre 8.700 euro per emolumenti e rimborsi spese non spettanti, autoliquidati quando il dipendente ricopriva l’incarico di responsabile dell’Area amministrativa.

«È frutto – scrivono i giudici contabili nella sentenza 240/2018 – dell’arbitraria condotta di Franco Zene la liquidazione, da questi effettuata nei primi mesi del 2016, di quote mensili in misura maggiorata».

Inoltre, sempre secondo i giudici, «non sussiste alcun dubbio sul fatto che il danno sia la conseguenza di una condotta diretta a conseguire un indebito arricchimento con mezzi fraudolenti, posti in essere proprio al fine di occultare le maggiorazioni autoliquidatesi a detrimento delle finanze comunali».

Il contratto. La sentenza chiarisce anche un altro punto spinoso della vicenda: l’indennità di preavviso (oltre 4.800 euro) che l’ex responsabile si è autoliquidato nella busta paga del mese di novembre 2015.

Franco Zene era infatti in forza al Comune con contratto a tempo determinato, per poi passare a tempo indeterminato dopo aver vinto un concorso. E quando è arrivato il momento giusto ha liquidato l’indennità come se fosse stato licenziato dal Comune.

Di parere diverso sono i giudici contabili: «In sostanza – continua la sentenza – il rapporto di lavoro con il Comune non si è risolto, né tanto meno si è risolto per scelta unilaterale dell’ente. La liquidazione dell’importo integra, quindi, un danno per le casse comunali, da imputarsi alla condotta dolosa del convenuto».

Disservizio. A Franco Zene è stato contestato anche il danno da disservizio (oltre 13mila euro).

«Al riguardo – scrivono i giudici – è sufficiente ribadire che il Comune, per esclusiva responsabilità del convenuto, si è trovato ad affrontare una situazione emergenziale conseguente alla repentina scopertura del servizio di elaborazione degli stipendi e dei connessi adempimenti fiscali e contributivi».

Rimborsi spese. Un altro aspetto del processo ha riguardato i rimborsi spese che Franco Zene si è autoliquidato senza chiedere l’autorizzazione all’ufficio competente e che i giudici considerano quindi «effettuati in spregio delle regole che governano la procedura di evidenza pubblica di liquidazione della spesa».

E aggiungono: «Anche in questo caso, la condotta si palesa connotata da estrema spregiudicatezza nell’utilizzo del sistema informatico, piegato per scopi personali egoistici all’unico fine di accreditarsi somme non dovute».



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