La Nuova Sardegna

Sassari

Alla scoperta delle domus de janas

Alla scoperta delle domus de janas

Tanca Li Lioni, passeggiata fra segreti e curiosità delle “case delle fate”

16 ottobre 2018
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PORTO TORRES. Le sepolture nelle domus de janas rappresentavano la volontà dell'uomo di ritornare nel ventre della Madre Terra, idea supportata dalle statuine delle dee madri che spesso si ritrovano in questi contesti. La loro magia spiegata in modo semplice, con la possibilità di vederle e immedesimarsi nel mondo della civiltà che le ha edificate: tutto questo è stato “Gli ipogei di Tanca Li Lioni e i monumenti archeologici della Nurra tra tutela e conservazione”, evento che ha consentito di fare un po’ di luce sulla necropoli di Li Lioni. Dopo i saluti istituzionali, l'archeologa Gabriella Gasperetti ha tracciato un ideale percorso sulle emergenze storico-archeologiche sparse tra Porto Torres e la Nurra partendo dal sito paleontologico di Fiume Santo per arrivare alle meraviglie della colonia romana Turris Libisonis. Quindi Enrico Rinaldi, responsabile della Ales, ha illustrato le caratteristiche del progetto che si porta avanti a Pompei e che si va ripetendo a Porto Torres. Infine, prima della passeggiata alla scoperta delle domus de janas, l’archeologo Luca Doro ha parlato della necropoli di Li Lioni: «Al momento sono note sei tombe, ma ce ne sono sicuramente molte di più. Le più interessanti sono le tombe 2 e 3, che paiono due domus de janas collocate a piani sopraelevati, ma non è chiaro il punto d'incontro». «Spicca la presenza delle protomi bovine – ha continuato l'archeologo –: una in stile naturalistico, e ciò denota la loro antichità, col muso, tracce delle orecchie e le corna che si sviluppano dalla parete al soffitto. È il terzo caso in Sardegna». Doro si è soffermato sull’importanza delle decorazioni pittoriche nelle domus «spesso non apprezzabili perchè il calcare si sbriciola facilmente», del colore rosso e sul ruolo delle protomi: «le corna del toro potrebbero rappresentare la controparte di un pantheon che non si conosce in un momento in cui i bovini erano gli animali più forti e socialmente ed economicamente importanti».

Emanuele Fancellu

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