La Nuova Sardegna

Sassari

Sulla giustizia si tradisce la Costituzione

Rosaria Manconi *
Sulla giustizia si tradisce la Costituzione

Gli avvocati possono e devono opporsi a ogni tentativo di compressione dei diritti, di arretramento culturale e alla deriva autoritaria - IL COMMENTO

04 novembre 2018
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Abbiamo coltivato una mera illusione nel pensare che il programma di Governo in materia di Giustizia non sarebbe mai stato attuato. Non così presto. Non certo con l’avallo di alcune delle “opposizioni” politiche. Ci siamo, evidentemente, anche sbagliati quando ci siamo detti che dovevamo “lasciarli fare”, perché tanto questo clima da perenne campagna elettorale e di strumentalizzazione dei sentimenti di paura e dei bisogni di sicurezza diffusi non sarebbe durato. E così siamo stati spettatori di una lenta, inesorabile, erosione dei diritti pacificamente acquisiti al nostro ordinamento dopo anni di dure battaglie da parte dell’avvocatura e di parte della società civile.

Dopo l’affossamento della riforma penitenziaria, dopo il Pacchetto Sicurezza, con la prevista sperimentazione, da parte delle forze dell’ordine, del Taser, discutibile strumento di “dissuasione” a impulsi elettrici, ora è il momento della modifica della legittima difesa, che ora si appresta a ricevere il via libera dalla Camera. Secondo la nuova formulazione dell’art. 52 non sarà più necessario che il ladro abbia un’arma in mano, ma sarà sufficiente la sola minaccia di utilizzare un’arma e neppure che la minaccia sia espressamente rivolta alla persona. Quanto invece all’eccesso colposo si vuole escludere la punibilità di chi si è difeso in “stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”. Il provvedimento introduce una vera e propria presunzione di difesa legittima in caso di pericolo in atto e in presenza di un “grave turbamento psichico”. La legge è volutamente ambigua perché vuol fare credere al cittadino che la non punibilità o l’assoluzione siano automatiche e che possa essere esclusa l’indagine penale e la valutazione processuale circa necessità e proporzione o meno, del “grave turbamento”. Così non è. Né potrebbe essere in un ordinamento giuridico che si fonda sul principio di legalità secondo il quale l’interpretazione e applicazione delle norme è riservata a giudici imparziali e non al potere politico. Il rischio è quello di una giustizia “fai da te” in cui tutti possano pensare di difendersi uccidendo, a prescindere che il pericolo sia reale o solo erroneamente percepito. Ma non è finita qui. Nell’agenda del Governo sono previsti ancora: l’abolizione del divieto di reformatio in peius, la limitazione dei gradi del giudizio, il rafforzamento delle intercettazioni, l’introduzione di nuove norme anticorruzione e la figura dell’agente provocatore, la riforma del rito abbreviato e quella della prescrizione, l’aggravamento delle pene per talune tipologie di reato, l’abbassamento dell’età imputabile. E, in diverso ambito, la riforma del diritto di famiglia e l’abolizione della Legge 194 sull’aborto.

Tutti provvedimenti che tradiscono i principi fondanti della Costituzione e che riportano le lancette della storia al medioevo. Indispensabile, quindi, far comprendere al cittadino che la legge penale e la pena vengono brandite da questo governo come vessilli della lotta ai nemici del popolo, identificati, secondo le ideologie populiste del momento, negli stranieri, negli immigrati, nei “diversi”, negli ultimi.

Eccezionale è l’emergenza. Ed eccezionale dovrà essere la risposta degli avvocati che possono e devono opporsi a ogni tentativo di compressione dei diritti, di arretramento culturale. La deriva autoritaria a cui si assiste, deve richiamare gli avvocati alla consapevolezza del loro ruolo di garanti del diritto. E’ il momento di volgere lo sguardo al presente per opporsi a quello che appare essere un progetto politico/giudiziario scellerato, col quale la miglior risposta alla crisi sociale sembra potersi dare solo con l’inasprimento delle pene, l’introduzione di ulteriori misure preventive e accessorie, l’abrogazione dei benefici premiali, l’abbassamento dell’età imputabile, l’irragionevole durata del processo per effetto di una sospensione sine die della prescrizione, la costruzione di nuove carceri, l’esaltazione delle funzione punitiva della pena. Perchè, come la storia recente dimostra, nessun diritto può dirsi conquistato una volta per sempre.

* Presidente della Camera Penale di Oristano

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