La Nuova Sardegna

Sassari

Il consorzio di bonifica si spacca sul carciofo

Il consorzio di bonifica si spacca sul carciofo

Minoranza all’attacco: scelte sbagliate e costi di produzione alle stelle distruggono il settore

15 dicembre 2018
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SANTA MARIA COGHINAS. Non ci stanno i consiglieri di minoranza della Bassa Valle del Coghinas consorzio di bonifica del nord Sardegna a subire passivamente le scelte dettate dalla maggioranza dell'ente che gestisce gli acquedotti irrigui della piana del Coghinas. Pertanto dicono basta alle politiche utilizzate dagli amministratori del Consorzio che vanno a penalizzare esclusivamente tutti gli agricoltori del territorio. «La coltura del carciofo nella bassa valle ha visto crescere esageratamente i costi di produzione, - scrivono i consiglieri di minoranza Francesco Licheri e Giuliano Oggiano - si consideri che, già prima del taglio del primo capolino, sono necessari anticipi produttivi nell'ordine di circa 6000 euro, con grossi investimenti, in tecniche di risparmio idrico (tutti i 2500 Ha vengono irrigati a goccia), per le sistemazioni del terreno, per lo sgrondo delle acque, per le produzioni a basso impatto ambientale, con un reddito netto per ettaro al di sotto dei 2000mila euro». «Oltre alle abbondanti precipitazioni di questi giorni adeguatamente segnalate, – continuano – la vera criticità è la mancata prevenzione dell'organismo preposto per allontanare l'eccesso delle acque che si possono verificare nella stagione invernale e che puntualmente accadono ogni anno prima e durante la raccolta. Sono bastati due notti di pioggia e buona parte del raccolto di carciofi della Bassa Valle del Coghinas è stato perso. Tanto lavoro, tanti investimenti, tanti sacrifici e alla fine si resta con un pugno di mosche». «Da anni questa coltura ortiva – spiegano – ha perso la sua rinomata stagionalità, viene presentata ormai come un normale prodotto da banco, nonostante la presenza di una Dop “carciofo spinoso di sardegna”, soprattutto nei canali della grande distribuzione organizzata».

La responsabilità di questo i consiglieri l'addebitano in parte al consorzio di Bonifica reo di: «immobilismo, dato che da anni i canali adduttori di raccolta delle acque non vengono puliti e sono pieni di canne e tamerici. Così come le chiaviche e paratie di sgrondo – scrivono Licheri e Giuliano – necessarie per mantenere basso il livello delle acque nei terreni coltivati, che nel passato hanno favorito lo sviluppo della coltura del carciofo e di tutte le altre colture, non sono funzionanti dappertutto, perciò quando il livello del fiume aumenta entra nella piana coltivata inondando i terreni». Ma c'è di più perché a tutto questo disagio i pochi motori di sollevamento funzionanti vengono attivati quando l'acqua ha ormai invaso i campi. Insomma scrivono i consiglieri: «dei principi della bonifica idraulica si è fatta carta straccia, non solo non vengono adottati quelli di base, ma alle numerose sollecitazioni a intervenire, la dirigenza si presenta sorda e assente, priva di iniziative, lontana dai veri problemi come se in realtà non esistessero, convinti purtroppo che l'acqua serva solo per coltivare prato-pascolo, mais per uso zootecnico ed elettrico nei mesi estivi».

Giulio Favini

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