La Nuova Sardegna

Sassari

Le parole fanno male: la storia di Carolina suicida a 14 anni per battere i bulli

Luigi Soriga
Le parole fanno male: la storia di Carolina suicida a 14 anni per battere i bulli

A Sassari il racconto choc di Paolo Picchio scuote gli studenti. I magistrati: «I ragazzi usano i social con totale incoscienza»

18 dicembre 2018
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SASSARI. Era il 2013, la notte tra il quattro e il 5 gennaio, in una Novara fredda e natalizia. Carolina Picchio, una ragazzina di 14 anni, apre il balcone della sua stanza. Poi prende carta e penna, si siede e scrive: «Ciao ragazzi, grazie per il vostro bullismo. Ottimo lavoro. Volevo solo dare un ultimo saluto. Il bullismo è tutto qui? Le parole fanno più male delle botte. Cavolo se fanno male. Io mi chiedo: a voi non fanno male? Siete così insensibili?». Poi due righe per salutare i genitori, e conclude dicendo: «Spero che adesso siate tutti più sensibili sulle parole». Poi si è affacciata, ha preso un respiro, si è lanciata dal terzo piano.

Da quel giorno il padre, Paolo Picchio, non ha smesso più di raccontare questa storia. Ha girato più di 300 istituti scolastici, è stato già quattro volte in Sardegna, e ieri era nella sala conferenze dei vigili urbani di Sassari. Davanti a lui ci sono un centinaio di studenti. Non è facile silenziare un simile distillato di gioventù. Eppure gli occhi di un padre che ha perso tutto, e la sua rabbia levigata dalle parole, sono come un termostato che climatizza il locale. Ci sono persone che hanno questa capacità di essere un condizionatore. E quando parlano non si sente una mosca volare. «Spero che adesso siate più sensibili sulle parole». La vita di questo papà riparte dall’ultimo desiderio della figlia, e diventa la sua missione.

Carolina aveva partecipato a una festa. Aveva bevuto troppo. Si era sentita male, era andata in bagno e dopo aver vomitato aveva completamente perso lucidità. I suoi amici l’avevano filmata col telefonino, si erano divertiti a mimare del sesso orale con lei incosciente, e poi avevano fatto girare il video. Con una stupidità disarmante. «Quei cinque ragazzi ora sono sotto processo per reati gravissimi: diffusione di materiale pedopornografico, violenza sessuale di gruppo e morte per conseguenza di altro reato». Eppure tutti dicevano: è stata una bravata. Non pensavamo di fare niente di male. «Cinque imbecilli hanno giocato sul corpo di mia figlia. Attrice inconsapevole in un filmato dove lei è una bambola di gomma. Perforata nella sua intimità. Con i social che le hanno vomitato addosso più di 2000 insulti in una manciata di minuti». Con una ferocia disinvolta e leggera, che però azzanna nel profondo e violenta nell’anima. È proprio questa inconsapevole cattiveria il lato più spaventoso degli adolescenti e del cyber bullismo. La maggior parte dei ragazzini che si presentano davanti a Luisella Fenu, sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni, lo fanno piagnucolando frasi tipo: «Ma io non pensavo, io non sapevo, non immaginavo di commettere un reato». L’ignoranza intrisa nei polpastrelli è la piaga da combattere. Il grande lavoro portato avanti nelle scuole cittadine dal comandante Gianni Serra e dai vigili urbani, sul tema della legalità e del bullismo, serve proprio a scrostare un po’ di questa barbarie 2.0. E il convegno dal titolo “Mai più lenzuoli bianchi” è il traguardo di un intero anno di lavoro negli istituti cittadini. «I bulli in genere ragionano in termini di gruppo, tendono a deresponsabilizzare la propria condotta – spiega il giudice minorile Annina Sardara – la vittima di bullismo al contrario ricorda ogni singolo gesto, ogni singolo insulto dei propri aguzzini». Da un lato c’è la superficialità, dall’altro ci sono i nervi scoperti dell’adolescenza, dove il male resta impresso in maniera indelebile. Chi non ha ancora spalle larghe è difficile che riesca ad assorbire certe botte. La Fondazione Carolina, creata da Paolo Picchio, cerca di fare da caschetto. A lei si deve la prima legge in Italia e in Europa di prevenzione ed educazione contro il cyberbullismo. Gli anticorpi contro questa forma di violenza si formano proprio a scuola. Perché non ci siano più altre Caroline, e altri lenzuoli bianchi.

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