La Nuova Sardegna

Sassari

Il caso

Omicidio Zdenka, la Cassazione conferma l’ergastolo per Francesco Douglas Fadda

di Nadia Cossu
Omicidio Zdenka, la Cassazione conferma l’ergastolo per Francesco Douglas Fadda

Rigettato il ricorso presentato dal legale del 48enne sassarese

02 maggio 2024
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Sassari Francesco Douglas Fadda ha ucciso l’allora compagna Zdenka Kreijcicova e dovrà restare in carcere a vita. A mettere la parola fine sul destino “giudiziario” del 48enne sassarese è stata la corte di Cassazione che lunedì 29 aprile ha rigettato il ricorso presentato dall’avvocato difensore Lorenzo Galisai e in questo modo la sentenza di condanna all’ergastolo pronunciata dalla corte d’assise d’appello di Sassari il 19 giugno 2023 è diventata definitiva. Ricorso che non è stato dichiarato inammissibile: i giudici di Roma hanno ritenuto, piuttosto, di pronunciarsi nel merito delle argomentazioni proposte dalla difesa.

La 41enne di origine ceca era stata ammazzata il 15 febbraio del 2020 a Sorso e per il sostituto procuratore Paolo Piras, che ha seguito l’inchiesta e ha rappresentato la pubblica accusa nel processo, non c’era alcun dubbio che a uccidere la donna fosse stato Fadda. Una coltellata fatale al torace davanti alle bambine di lei, due gemelle di 11 anni, che avrebbero assistito all’agonia della propria madre fino al momento della morte (da qui l’ulteriore contestazione all’imputato del reato di tortura).

In base alla ricostruzione degli inquirenti, quel sabato sera Zdenka provò a rifugiarsi insieme alle figlie (di cui una disabile) nel locale sotto la sua casa di via Tiziano, a Sorso, perché stava scappando dal compagno. L’uomo, che aveva il divieto di avvicinamento per via di una precedente denuncia per maltrattamenti, si sarebbe arrabbiato perché poco prima la donna, in seguito a un litigio, aveva chiamato i carabinieri. E lui, quando la pattuglia si era allontanata, era tornato a casa e a quel punto sarebbe scoppiata una lite furibonda. Douglas l’avrebbe inseguita fin dentro il bar e, sempre secondo l’accusa, ferita con un coltello da cucina per poi caricarla in auto assieme alle gemelle e fuggire fino a Ossi. Qui l’avrebbe lasciata agonizzante nell’appartamento di un amico, vicino alla guardia medica del paese. La donna era stata soccorsa da un’ambulanza, ma i tentativi di salvarle la vita erano stati inutili. Fadda era andato via portando con sè le due bambine, aveva passato la notte a casa di una conoscente a Sassari e la mattina successiva, dopo un inseguimento a duecento chilometri orari, i carabinieri lo avevano arrestato nel piazzale del centro commerciale ex Auchan.

Prove «di qualità» aveva definito il pubblico ministero quelle a carico dell’imputato, prima fra tutte la consulenza medico legale: «Una forca caudina insuperabile».

Il riferimento era alla relazione del dottor Salvatore Lorenzoni: «Il coltello è penetrato per 12 centimetri nel torace della vittima attraversando il tessuto cartilagineo, circostanza possibile solo imprimendo all’arma una forza considerevole. E qui la lama ha superato una barriera anatomica molto dura». Che escluderebbe, in sintesi, la versione sempre sostenuta dall’imputato: «Era Zdenka a tenere il coltello in mano, poi è scivolata e si è ferita da sola» aveva detto Fadda. E poi c’erano gli avventori del bar di Sorso che avevano assistito alla scena e avevano deposto in tribunale.

Tesi confutate dall’avvocato difensore Galisai che, sia nel processo di secondo grado che nel ricorso per Cassazione, ha chiesto l’assoluzione del proprio assistito contestando in particolare le prove testimoniali e la perizia medico legale. Per Galisai le tre testimonianze rese in aula sarebbero state condizionate. «Solo uno dei tre testi, un assiduo frequentatore del bar di via Tiziano che aveva in forte antipatia Fadda perché lo considerava responsabile di un furto avvenuto tempo prima, dice che il mio assistito aveva un coltello in mano. E dice anche di aver visto Fadda colpire Zdenka al fianco destro. Peccato che nel fianco non ci fosse nemmeno un minuscolo taglio. E poi ci sono le altre due testimoni, tra cui la barista che aveva una piena visuale ma non vede nessun coltello in mano a Fadda, né lo vede pugnalare la compagna. La terza persona dice che il mio assistito “si apprestava a inveire” contro Zdenka ma non che la colpiva».

Galisai si era poi soffermato sulla perizia medico legale di Lorenzoni «che lascia aperte tante domande – aveva puntualizzato – La lama del coltello per il pm si è piegata in seguito alla forza impressa dall’imputato nel colpire Zdenka. Fadda ha spiegato di averla resa lui così, proprio perché diventasse inoffensiva. Ed è certamente vero perché se si fosse sviluppata tanta forza, come sostiene l’accusa, sulla pelle della vittima ci sarebbe stato un disastro». Per questo motivo il legale aveva chiesto che venisse eseguita una nuova perizia sull’arma, ma la richiesta era stata rigettata.

Per i giudici dei tre gradi di giudizio, è evidente, le prove a carico dell’imputato sono state sufficienti per arrivare a una sentenza di condanna all’ergastolo oltre ogni ragionevole dubbio.

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