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Velocità in salita, il pilota sassarese Omar Magliona: «Sei titoli non mi bastano»

di Roberto Sanna
Il pilota automobilistico sassarese Omar Magliona
Il pilota automobilistico sassarese Omar Magliona

Il «cannibale» dell'automobilismo sardo, dopo aver dominato il gruppo Cn, sogna di cimentarsi nel campionato assoluto

31 agosto 2015
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SASSARI. C’è chi nasce col pallone da calcio nella culla, oppure con quello da basket, altri con una racchetta da tennis. A Omar è toccato in sorte un volante e non poteva andare diversamente al figlio di Uccio Magliona, grande protagonista degli anni ruggenti e romantici dell’automobilismo isolano.Omar ha raccolto il testimone ed è diventato il cannibale della velocità in montagna, specialità nella quale ha appena conquistato il sesto titolo italiano della categoria Cn addirittura con due gare di anticipo a bordo della sua Osella PA 21/e Honda. E a uno così non si può chiedere di fermarsi: «Non mi accontento mai – dice –, ho un’indole competitiva che mi spinge ad andare ogni volta più lontano. Anche perché questi successi ripagano me e il mio team di tutti gli sforzi».

Già: quanto costa una stagione e soprattutto quanto è difficile reperire il budget?

«Più che sulla prima parte della domanda, preferisco soffermarmi sulla seconda: è veramente difficile mettere insieme il budget per essere competitivi. Una stagione a questi livelli è veramente onerosa e l’esposizione mediatica non rende giustizia, bisogna trovare persone che capiscano quanto impegno metti. Soprattutto, bisogna essere onesti e professionali: sono orgoglioso di essere conosciuto come uno che mantiene quello che promette, senza grandi sparate. In giro c’è anche gente che lascia buchi notevoli, ma alla lunga non paga».

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Come si fa a convincere uno sponsor a investire nella vostra disciplina?

«Il nostro punto di forza è il contatto diretto con i tifosi, che ormai nei motori si sta perdendo. Ormai solo nella velocità in salita e nel rally i tifosi stanno a contatto coi protagonisti, nei circuiti questo si è perso. A me è successo in Sicilia di partecipare a gare con novantamila persone assiepate sul tracciato, quando arrivi al traguardo e poi torni giù è un bagno di folla incredibile ed è molto piacevole essere parte di eventi così».

Come mai in Sardegna la stagione motoristica è ogni anno più difficilee il calendario è sempre pieno di punti interrogativi?

«Credo sia soprattutto una questione di cultura, prima ancora che economica. L’automobilismo è comunque una materia complessa, forse è più facile crescere col calcio, tutti più o meno sanno parlarne anche se poi i dettagli possono essere complicati. Eppure se la gente si fermasse ad ascoltare il suono di un motore dodici cilindri entrerebbe in un nuovo mondo».

Parliamo di Omar Magliona: papà Uccio le ha messo in mano un volante appena nato?

«Mi dicono tutti che sono un predestinato e forse è davvero così, ma a onor del vero devo riconoscere a mio padre che, forse proprio perché conosceva le difficoltà di questa disciplina, all’inizio ha cercato di spingermi verso il calcio. Abbiamo capito subito che non era roba per me, quando arrivava il pallone mi riparavo con le braccia».

Ed è arrivato il volante.

«Diciamo che sono cresciuto nelle corse. Ero il più piccolo della famiglia e mio padre mi portava sempre con lui alle gare e io impazzivo, mi ha raccontato che una volta, a una Cuglieri-La Madonnina, mi sono attaccato al suo volante sulla linea di partenza col semaforo acceso».

Quanti consigli le ha dato durante la carriera e quante volte avete litigato?

«Lui ha un carattere particolare, è un po’ chiuso, dice poche cose ma sono comunque parole che hanno valore. All’inizio, come tutti i giovani, volevo fare di testa mia e non ascoltavo nessuno. Poi un giorno è successo un episodio che mi ha fatto mettere la testa a posto».

Ce lo racconta?

«Stavo correndo un rally a Nuoro ed ero in testa, tutti mi dicevano di stare tranquillo e gestire la gara. Io invece sono andato dritto come prima e ho fatto trenta milioni di danni. Da quel momento la mia carriera è cambiata. Rispetto a mio padre il mio è stato un percorso diverso, ho fatto la scuola federale e sono arrivato a creare una mia scuderia. Avevamo tanti sogni e progetti, comunque ho sempre tenuto i piedi per terra, guardando soprattutto le disponibilità economiche e rapportandomi col mondo circostante. Tutti vogliono competere a livelli assoluti ma sono realista, vedo in giro gente più forte di me costretta a stare a casa perché non ha i soldi per la stagione».

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Adesso i progetti quali sono, dopo aver ampiamente dimostrato di essere il migliore della categoria?

«Col mio team quest’anno dovremo ragionare diversamente, innanzitutto perché abbiamo venduto l’auto. A questo punto c’è da riprogettare tutto quanto e non nascondo che la voglia di competere nel campionato assoluto c’è». .

Com’è Omar Magliona fuori dalle gare?

«Durante la stagione viaggio molto, sto lontano da casa cinque mesi l’anno ed è una vita faticosa. Quando torno mi piace stare in famiglia, esco pochissimo. Non mi troverete mai in un bar a vantarmi, anche se i miei fratelli, che sicuramente escono più di me, mi dicono sempre che dovrei farmi vedere in giro».

E sulle strade normali va comunque veloce?

«Diciamo che una certa predisposizione al piede pesante c’è comunque ma ora ho messo giudizio anche perché ho famiglia e una bambina piccola e sono stato più volte richiamato all’ordine. Avevo un’auto veloce e ho preso parecchie multe, in più ero sempre al rifornitore. Alla fine l’ho venduta e giro su una station wagon diesel, molto più tranquilla. In tutti i sensi».

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