La Nuova Sardegna

Sport

Una città sotto choc: «Torres bistrattata»

di Roberto Sanna
Una città sotto choc: «Torres bistrattata»

La retrocessione in Serie D giudicata da tutti troppo severa

31 agosto 2015
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SASSARI. Svegliarsi,o meglio, andare a letto sotto choc e aprire gli occhi al mattino con la consapevolezza di dover ricominciare da zero per l’ennesima volta, dopo la lunga risalita dalla Promozione e gli infausti anni dei problemi economici col gruppo di Tusacciu prima e Mascia dopo. In più la sgradevole sensazione di essere finiti in una centrifuga perversa, perché alla fine la Torres ha pagato il pasticcio di una partita di Coppa Italia che era comunque compromessa in partenza mentre le altre società implicate in storie di campionato se la sono cavata diversamente. In più, bisogna anche chiedersi se l’esperienza dell’uomo venuto da oltre Tirreno, figura spesso evocata nei momenti di magra, sia fallita miseramente o ci siano margini per continuare. E se sia arrivato il momento di una ricostruzione della Torres, ma con fondamenta, mura e mano d’opera fatte in Sardegna, possibilmente a Sassari. La vera sfida è questa, perché tutte le altre considerazioni restano e sono fondate ma indietro non si può tornare e la sentenza deve comunque essere rispettata. E il futuro prossimo (anzi imminente) è la Serie D.

L’amarezza. Nessuno si aspettava, va detto, un cambiamento simile tra il primo e il secondo grado. Lo choc deriva da questo, se la retrocessione fosse stata già decisa nel primo grado di giudizio la botta sarebbe stata sicuramente meno pesante. Sul web la rabbia dei tifosi è esplosa immediatamente, sui social network e nei forum i commenti non sono stati certo teneri. E anche i soggetti ufficiali che seguono il mondo rossoblù vanno giù abbastanza decisi: «È stata un'ingenuità ma non doveva essere commessa, pagano la Torres e i suoi tifosi, ora la società faccia chiarezza» commenta Umberto Carboni, presidente della Fondazione Torres che oggi si riunirà. «C'è stata una grossa leggerezza di Capitani, che ha responsabilità pesanti, ma la sentenza è sproporzionata rispetto ai fatti contestati, sembra un processo politico, poco chiaro agli occhi dei tifosi» è la posizione del direttivo dell’Associazione memoria storica torresina che poi invoca l’inizio di un percorso locale: «Ora la Torres deve voltare pagina ripartendo da un'identità sassarese e sarda a livello tecnico e dirigenziale».

Alessio Marras, assessore comunale e uomo di sport (è stato a lungo presidente del Latte Dolce) è amareggiato: «Potevo pensare a un inasprimento della penalizzazione – dice – ma non che due collegi giudicanti potessero arrivare a due decisioni diametralmente opposte. Ci sono state sicuramente delle leggerezze, ma non capisco perché altre società che hanno chiaramente alterato il campionato l’abbiano fatta franca mentre nel caso della Torres si parla di una partita di Coppa italia che riguardava soltanto due squadre. Non c’è stato equilibrio tra il primo e il secondo grado e nemmeno tra le varie società coinvolte». Detto questo, Marras aggiunge che «la sentenza comunque va rispettata e speriamo che Capitani non molli perchè comunque bisogna ripartire dalla Serie D. La questione di riportare la Torres in mani locali è più ampia, in questi anni non ci sono stati certo i presupposti».

La sfida. Stefano Sardara, presidente della Dinamo campione d’Italia, la lancia proprio sul terreno che nel basket si è rivelato vincente: l’identità. «È evidente che è giunta l'ora che il nostro territorio esprima un progetto concreto attorno a una delle realtà sportive della Sardegna con maggiore storia» ha dichiarato all’Ansa. Qui si ricollega il discorso di Alessio Marras: gli ultimi anni hanno dimostrato che la Torres con le sole forze del territorio non è sopravvissuta nel mondo dei professionisti, tant’è vero che Capitani ha preso il testimone da Lorenzoni subito dopo la promozione in Lega Pro. Un dato di fatto che deve far riflettere: sbagliato il progetto, il territorio non può dare più di tanto o la Torres ha perso definitivamente appeal? Nel frattempo si riparte dalla Serie D, non si sa come. La palla (o il cerino) adesso è in mano a Capitani, tocca a lui tracciare il futuro di una società che, caduta per l’ennesima volta, dovrà dimostrare di sapersi rialzare. Come sempre, dal 1903 a oggi.

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